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Con il PNRR perderemo un sacco di soldi

Bandi Pnrr Italia

Perchè questo articolo potrebbe interessarti? I 55 obiettivi del 2022 previsti dal Pnrr sono a rischio ritardi, la colpa? L’incapacità di partecipare ai bandi. Entriamo nella gestione dei fondi e i criteri di selezione degli interventi per capire di più.

Al centro dibattito politico degli ultimi giorni, con l’avvicinarsi della tranche da 19 mld, c’è il tema dei ritardi sulla tabella di marcia del PNRR. Sono 55 gli obiettivi in scadenza il 31 dicembre del 2022, dei quali per 30 è già iniziata la corsa contro il tempo. A manifestare preoccupazione e sollecitare una stretta è stato lo stesso Ministro per gli Affari Europei – con delega al Pnrr – Raffaele Fitto, che dopo verifiche tecniche, ha rilevato la necessità di comprendere la natura degli ostacoli che impediscono l’avanzamento dei progetti, se l’intoppo risieda nella governance o nella difficoltà pratica di concretizzazione.

I criteri di gestione del PNRR

Il reale nodo da sciogliere sulla situazione ritardi, riguarda il processo per destinare i fondi. Andiamo con ordine. E’ di 235,1 mld di € il totale delle risorse previste dall’iniziativa Ngeu per l’Italia e per la gestione delle diverse tranche è stato istituito un fondo di rotazione che regolamenta i flussi finanziari tra le istituzioni europee e italiane. L’Italia può richiedere finanziamenti su base semestrale a condizione che venga rispettato il programma, quindi solo a seguito del raggiungimento degli obiettivi.

Le risorse a disposizione sono gestite dalla ragioneria di stato attraverso due conti correnti infruttiferi (che non generano interessi su ciò che viene versato), uno per le sovvenzioni ed uno per i prestiti. Sta alle regioni e agli enti territoriali comprendere le reali esigenze e i progetti necessari. La procedura per accedere ai fondi prevede la ben nota partecipazione a bandi o avvisi emanati dai ministeri, attraverso cui vengono selezionati i progetti che verranno poi finanziati direttamente dal Mef. In linea teorica tutto chiaro, se non fosse che proprio questo “scarica barile” rallenta l’iter e fa ristagnare criticità sul territorio.

L’intoppo dei bandi

Il punto cruciale riguarda proprio il processo. Allo stato attuale, stando ai dati di Excursus+, risultano attivi 29 bandi; mentre altrettanti risultano chiusi, per un totale di 58 bandi pubblicati dall’avvio del Pnrr. Tradotto in termini economici si tratta di circa 31 mld, pari al 16,2% dei 191,5 mld stanziati dalle istituzioni europee.

Lo stallo non riguarda di certo i tempi di ricezione dei fondi da Bruxelles (che risultano puntuali), ma l’impiego effettivo sul territorio. La burocrazia che passa per la tortuosa strada dei bandi, complica il processo e come se non bastasse si fa portatore di un problema ancor più rilevante: penalizza alcuni enti locali e realtà territoriali. Il problema che si pone è di natura strutturale. Alcuni enti non hanno la competenza necessaria e il personale adeguatamente preparato per riuscire ad accedere ai bandi.

Per entrare dentro il tema abbiamo intervistato il presidente della Svimez, Adriano Giannola, che era già intervenuto sulla questione. “L’assegnazione delle risorse è un dovere del governo. Non si mettono a gara i diritti di cittadinanza. Il tema – ha affermato il presidente – è avere un progetto complessivo nazionale e nella sua cadenza, assegnare le risorse guardando in una prospettiva futura del territorio stesso. Il divario tra le aree è enorme, in particolare tra nord e sud, in tutti i settori e chi ha il controllo deve prendersi la responsabilità di trovare soluzioni. Già dalla strutturazione del PNRR, la prima cosa – prosegue Giannola – doveva essere una sana e rapida rassegna delle capacità tecniche nei singoli territori, valutando la reale possibilità degli enti di partecipare ai bandi e laddove ci fosse incapacità, intervenire con i fondi che già esistono.”

Il commento della Svimez sullo stato del Pnrr

“Oggi – continua – un medesimo progetto approvato in Lombardia e in Sicilia, ha tempi molto diversi: secondo i dati Svimez, al sud circa 50% in più. Il rischio è che nel 2026 molte opere saranno completate al nord ma al sud ancora no. L’esigenza di fare i bandi per assegnare i fondi è di tipo ideologico, non tecnico”. Conclude il presidente della Svimez. “Ed è una soluzione sbrigativa da parte del governo che però crea un blocco su tutto il territorio mantenendo le disparità che già esistono. C’è la necessità di pianificare, progettare e realizzare, sulla base di esigenze reali“.

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