Home Economy Biden dichiara guerra alle auto cinesi (anche per fini elettorali…)

Biden dichiara guerra alle auto cinesi (anche per fini elettorali…)

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La nuova battaglia dell’amministrazione Biden è contro gli autoveicoli cinesi, specie le macchine elettriche. Un finale “trumpiano” per l’amministrazione del presidente Usa? Tra 2019 e 2020, nell’anno pre-elettorale, Trump sfidò Pechino sul Covid, il Chinese virus, e la guerra commerciale di Pechino. Oggi Biden fa lo stesso con le auto, soprattutto elettriche, cinesi. In ballo c’è molto: il futuro del suo maxi-piano industriale, l’Inflation Reduction Act; la tenuta del Partito Democratico nella sua base elettorale della Blue Belt operaia dei Grandi Laghi, a rischio di annessione alla Rust Belt deindustrializzata; la volontà geopolitica di non cedere di un millimetro alle ambizioni cinesi.

I timori di Biden sulle auto elettriche

Biden ha di recente ordinato al Dipartimento del Commercio di indagare sui “veicoli connessi dotati di tecnologia proveniente da paesi preoccupanti e di agire per rispondere ai rischi”, con particolare riferimento alla Cina. Questa azione evidenzia l’attenzione sulla sicurezza dei dati dei veicoli ad alta tecnologia, molti dei quali saranno veicoli elettrici con elementi di guida autonoma. Nel 2023 le macchine elettriche hanno coperto il 9% del mercato Usa, e mentre in Europa un decimo di esse sono state di gruppi cinesi come Byd, negli Usa nessuna unità è stata venduta.

“Negli Stati Uniti”, nota Axios, “le importazioni di veicoli cinesi sono soggette a una tariffa del 27,5%, che ha limitato la loro capacità di arrivare qui in modo economicamente vantaggioso nonostante siano più economiche. Tuttavia,le case automobilistiche cinesi stanno adottando misure per diversificare la propria impronta produttiva, tra cui la creazione di partenariati di produzione o l’esplorazione del Messico come base di produzione“.

La minaccia delle auto elettriche cinesi

Con gli investimenti dell’Ira Biden vuole finanziare le tecnologie green negli Usa per rilanciarne la manifattura. Anche per stimolare la corsa americana ai veicoli elettrici, sta adottando misure volte a rendere più difficile per le case automobilistiche cinesi vendere veicoli negli Stati Uniti. Nonostante, come ha confermato perfino Elon Musk, i cinesi producano i veicoli elettrici “più convenienti” al mondo.

Biden punta a tarpare le ali all’ascesa cinese usando la leva della sicurezza nazionale per controllare i flussi di investimenti.

E nel dubbio mira anche a non colpire l’industria manifatturiera Usa, come aggiunge Axios: “Quando la casa automobilistica cinese BYD – che ora vende più veicoli elettrici di Tesla in tutto il mondo – ha recentemente lanciato un veicolo elettrico da 11.000 dollari, si è vantata dicendo che il prezzo farà tremare gli assemblatori di auto a benzina”.

Ovvero gli assemblatori per cui lavorano molti elettori del Michigan, della Pennsylvania e del Winsconsin riconquistati da Biden nel 2020 dopo esser stati vinti da Donald Trump nel 2016. Biden ha ottenuto il sostegno per la corsa alla Casa Bianca dell’Uaw, il massimo sindacato americano, e prova a colpire la Cina per difendere questa rendita politica.

Sulla sfida alla Cina Biden e Trump sono vicini…

Non essendoci una presenza di produttori di auto elettriche cinesi negli Usa, nessuna compagnia è quotata a Wall Street e gli effetti borsistici della mossa di Biden non si possono calcolare sul breve periodo. In Cina Byd in un anno ha perso un quarto del valore sulla scia della crisi borsistica di Shanghai e Hong Kong, ma è sostanzialmente stabile da inizio anno. Comprensibile: quotarsi al Nasdaq o all’S&P500 vorrebbe dire assoggettarsi agli oneri di trasparenza della borsa a stelle e strisce. Qualcosa che i big cinesi non hanno intenzione di fare.

Resta un dato di fatto: la transizione energetica entra di diritto nella corsa geopolitica Usa-Cina e, in un certo senso, anche nella partita per le elezioni americane. Sicuramente Trump non ha l’attenzione alle auto elettriche come priorità industriale del futuro per gli Usa, ma su questo fronte è favorevole a una stretta regolamentazione degli investimenti cinesi e della penetrazione negli Usa. Nella corsa alla Casa Bianca, su questo punto, le differenze sfumano. Così come sono sfumate tra le due amministrazioni. Concordi nell’essere le più anticinesi di sempre a Washington.