Home Economy Emissioni CO2. Da Amazon a Maersk, i big della logistica si fanno la “loro” COP26

Emissioni CO2. Da Amazon a Maersk, i big della logistica si fanno la “loro” COP26

L'economia mondiale torna sull'ottovolante sulla scia delle crisi globali come quella delle catene del valore imposta dal blocco del Mar Rosso 

Mentre i grandi della Terra sono riuniti a Glasgow nella conferenza COP26 per cercare di fornire risposte concrete al problema del cambiamento climatico, in uno dei settori chiave per la riduzione delle emissioni, quello dei trasporti di merci via nave, un accordo promette di cambiare le carte in tavola. L’intesa è stata siglata a fine ottobre tra alcuni dei più importanti retailer globali, come Ikea, Amazon, Unilever, Inditex – la holding a cui fa capo il marchio Zara –, Michelin e altri, insieme all’Aspen Institute, e  prevede che dal 2040 in poi queste aziende spediscano le loro merci solo tramite trasporti marittimi a zero emissioni, in quello che il Financial Times ha definito “finora il passo avanti più importante nella strada per decarbonizzare il settore”. Il trasporto via mare è responsabile del 2,9% delle emissioni nocive globali, secondo le stime dell’Imo (International Maritime Organization), l’organismo di settore delle Nazioni Unite.

Multinazionali, un accordo storico

L’accordo tra le multinazionali è stato definito un “forte incentivo” dal ceo di Maersk, Søren Skou, che in un post su LinkedIn ha spiegato che tra meno di vent’anni queste aziende “acquisteranno solo servizi di trasporto effettuati con combustibili a zero emissioni di carbonio”. Per rispondere alla richiesta e “aiutare queste grandi società a decarbonizzare le loro catene di approvvigionamento”, ha aggiunto Skou, “noi di Maersk continueremo a spingere per la produzione e l’uso di combustibili green come il metanolo e l’ammoniaca. Con l’aiuto dei clienti, delle autorità e degli investitori, sono fiducioso che il settore del trasporto navale possa essere parte della soluzione al problema del cambiamento climatico”.  Per il manager, tuttavia, la “leva chiave per incentivare la transizione green nel nostro settore passa dalla legislazione globale” e in questo senso “abbiamo elevate aspettative su cosa decideranno i leader del mondo alla COP 26 di Glasgow”. La priorità per Skou è “la fine degli incentivi per i combustibili fossili. Chiediamo l’imposizione di una carbon tax di almeno 150 dollari per tonnellata di emissioni di Co2”, il cui gettito “possa essere reinvestito nella ricerca e sviluppo dei combustibili green e nel miglioramento della resilienza delle catene logistiche del mondo, con un focus particolare sul supporto dei Paesi in via di sviluppo. Andiamo avanti insieme sulla strada per la decarbonizzazione della logistica”, ha concluso il manager.

Trasporto marittimo “green”: gli obiettivi delle multinazionali aderenti

Il processo non è ovviamente semplice o veloce, e prevede che le aziende di settore investano miliardi di dollari per ripensare le flotte e produrre nuovi combustibili in quantità sufficienti. Ma l’accordo tra le multinazionali potrebbe segnare davvero una svolta. Amazon, ad esempio, ha fatto sapere che applicherà le nuove regole a tutti i cargo sotto la sua gestione, inclusi quelli dei venditori di terze parti che si appoggiano all’azienda di Bezos per gestire la logistica: si tratta della gran parte dei venditori, la maggioranza dei quali è basata in Cina. Gli obiettivi dell’intesa sono estremamente ambiziosi, anche perché al momento non esistono in commercio quantità di biocarburanti sufficienti per decarbonizzare l’intera industria del trasporto via mare. Non solo: le aziende coinvolte hanno parlato di “zero emissioni lungo l’intero ciclo di vita dei carburanti”, per cui non solo durante il loro utilizzo, ma anche nei processi produttivi. E nel caso dei biocarburanti i problemi legati alla sicurezza e all’uso del suolo devono essere affrontati. L’obiettivo dell’iniziativa va infatti ben oltre il target fissato nel 2018 dall’Imo, che prevedeva un taglio del 50% delle emissioni nel 2050, rispetto ai livelli del 2008.

La crisi del trasporto marittimo in Cina e Usa

La notizia è arrivata in un momento particolarmente complesso per il trasporto di merci via mare, che vede lunghe file di portacontainer ferme nei porti dalla Cina agli Usa e ha causato un aumento dei costi di spedizione pari a dieci volte in più rispetto al pre-pandemia su alcune tratte. E il contenuto dell’accordo – che ad esempio esclude categoricamente le società che utilizzano navi alimentate a gas naturale liquefatto, come la francese CMA CGM – rischia di mettere ulteriormente il settore sotto pressione. Saranno le compagnie a dover decidere se adeguarsi o rischiare di rimanere tagliate fuori.