Home Economy Gli agricoltori scendono in piazza. Ma non chiamateli Forconi

Gli agricoltori scendono in piazza. Ma non chiamateli Forconi

Gli agricoltori scendono in piazza. Ma non chiamateli Forconi

Perché leggere questo articolo? L’Europa intera è alle prese con le proteste degli imprenditori agricoli. Dopo Germania, Belgio e Francia anche gli agricoltori italiani hanno bloccato strade e piazze dal Nord fino alle Isole. Le loro folcloristiche proteste hanno però delle ragioni profonde, che toccano i nervi scoperti delle politiche europee e dell’ambientalismo. 

Dai campi alle piazze, l’intera Europa è da mesi alle prese con la rabbia degli agricoltori. Che adesso hanno iniziato a bloccare le strade del nostro Paese. I trattori degli “imprenditori verdi” si sono messi di traverso nelle strade dell’intero Stivale. Dal Veneto a Perugia, passando per il Piemonte, fino alle Isole. Anche gli agricoltori italiani si uniscono alle manifestazioni di proteste avviate nel nord Europa a fine 2o23. A dieci anni dall’esplosione del movimento dei Forconi, in molti hanno forzato il paragone. Le ragioni delle proteste odierne hanno però radici più profonde.

Le proteste degli agricoltori

Da metà dicembre, in Germania, gli agricoltori protestano bloccando le strade con i loro trattori. Li hanno seguiti i francesi e, in queste ore, anche gli italiani. Tutto nasce da alcune decisioni del governo tedesco, ci sono state manifestazioni sfociate nella tentata aggressione del ministro dell’Economia Robert Habeck, esponente di spicco dei Verdi, da parte di una centinaia di manifestanti (anche se si sospetta un’infiltrazione da parte di movimenti di estrema destra).

Le strade europee invase dai trattori, che tuonano un po’ contro l’Unione europea e un po’ contro gli ambientalisti. Ad Est riservano strali contro l’invasione dei prodotti a prezzi stracciati provenienti dall’Ucraina. Dopo le proteste in Germania, gli agricoltori scendono in piazza anche in Francia, Romania e Polonia, mentre mercoledì 23 si sono radunati a Bruxelles in concomitanza col vertice dei ministri dell’Agricoltura. L’Europa rurale è tornata a farsi sentire e potrebbe giocare un ruolo alle prossime elezioni europee, con la destra che soffia sulle proteste per ottenere consensi, ma non tutto il mondo agricolo la vede alla stessa maniera.

Non chiamateli Forconi

Dieci anni fa, il 9 dicembre del 2013, in diverse piazze italiane furono organizzati blocchi del traffico e presidi come forma di protesta generale contro lo Stato, le tasse e la crisi economica. In diverse regioni vennero bloccati i caselli autostradali e le strade statali, limitando la circolazione del traffico pesante e causando diversi disagi. Ci furono anche scontri con la polizia. “Rivoluzione 9 dicembre” era la scritta che si leggeva su striscioni e cartelli esposti durante le proteste solo all’apparenza spontanee, ma in realtà organizzate dal cosiddetto movimento dei Forconi.

Il movimento dei Forconi era molto eterogeneo e difficile da definire con precisione. Venne fondato tra il 2011 e il 2012 in Sicilia ed era principalmente un movimento populista legato all’estrema destra: inizialmente era costituito da autotrasportatori, a cui nel tempo si aggiunsero gruppi più o meno organizzati di agricoltori, operai, ambulanti e ultras delle tifoserie di calcio. Le odierne proteste degli agricoltori di mezza Europa non possono essere paragonate a quelle di dieci anni fa.

La ragione delle proteste degli agricoltori

Le radici delle proteste di questi giorni si intersecano, talvolta sono simili altre profondamente diverse. I rappresentanti dell’agricoltura industriale lamentano maggiori oneri finanziari, standard ambientali troppo onerosi a fronte di costi più elevati per carburante, pesticidi e fertilizzanti. Nel loro mirino è finito il Green Deal, il patto ambientale proposto da Bruxelles che chiedeva (anche) all’agricoltura una svolta in termini di sostenibilità e proponeva di distribuire diversamente i sussidi della Politica agricola comune. Nonostante il “patto verde” abbia finito per essere ampiamente annacquato dal Parlamento europeo, il settore è rimasto ancorato ai motivi del malcontento.

Popolari e conservatori intendono sfruttarlo in chiave elettorale. In Germania gli agricoltori sono in piazza da dicembre, dopo che il governo aveva tagliato sussidi e benefici agricoli vecchi di decenni, per risparmiare in un anno circa 900 milioni di euro sui 17 miliardi di tagli previsti dall’intera manovra finanziaria. A supportarli sono intervenute le forze di estrema destra, dall’Afd (in testa nei sondaggi), ai neonazisti del movimento Terza via. la pressione è stata tale che il cancelliere Olaf Scholz ha deciso di ammorbidire i piani, rendendo graduali i tagli ai benefici.

L’opposizione verde alle politiche industriali Ue

Altre organizzazioni agricole si lamentano invece del sistema iniquo, che vede i sussidi europei e nazionali concentrarsi in poche mani dell’agri-business. A Berlino, dopo le proteste delle scorse settimane in chiave anti-ambientalista, sabato 20 gennaio sono scese in piazza numerose piccole aziende agricole al fianco degli ecologisti. Questa parte del mondo agricolo denuncia invece “la crescente omologazione dei sapori e, quindi, la perdita di biodiversità”, l’eccessivo inquinamento provocato da pesticidi e fertilizzanti, la perdita di fertilità per suoli sovra-sfruttati in nome della produttività. Le associazioni scese in piazza si oppongono alla strumentalizzazione delle proteste da parte di gruppi di estrema destra. I trattori si sono fatti sentire a Bruxelles il 22 e il 23 gennaio. La proteste verde, stavolta, sembra destinata a durare.