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Armi e intelligence, Crosetto prepara il futuro del sostegno all’Ucraina

GUIDO CROSETTO - MINISTRO DELLA DIFESA ESERCITO ITALIANO

Perché leggere questo articolo: Scopriamo perché il sostegno dell’Italia all’Ucraina è un bivio. Il crocevia è capire dove il sostegno a Kiev sulle armi pregiudica la difesa nazionale

Guido Crosettodi recente, è stato chiaro e realista sulle prospettive del futuro sostegno dell’Italia all’Ucraina che combatte contro l’aggressione russa. Parlando ai margini dell’incontro della Comunità Politica Europea, dove Giorgia Meloni e Volodymyr Zelensky, nella cornice dell’Alhambra di Granada, hanno discusso dell’ottavo pacchetto di aiuti militari all’Ucraina mediando aspettative di Kiev e possibilità realistiche di Roma “La disponibilità c’è, ma per ora è solo una dichiarazione d’intenti”, ha spiegato il ministro della Difesa aggiungendo che per l’Italia si sta creando un dualismo tra le possibilità di sostegno al Paese invaso e le prospettive della tutela della continuità operativa e della sicurezza delle forze armate.

Cosa l’Italia ha dato all’Ucraina

“Bisogna vedere cosa si è in grado di dare senza mettere a repentaglio la necessità di preservare sempre una Difesa italiana”, ha aggiunto il politico piemontese. “C’è una continua richiesta di aiuto da parte ucraina. Dobbiamo vedere cosa siamo in grado di dare rispetto a ciò di cui avrebbero bisogno”, ha chiosato l’esponente di Fratelli d’Italia a proposito dell’ottavo decreto con cui la lista, formalmente secretata, degli aiuti a Kiev sarà consolidata.

I dati degli analisti su fonti aperte, le comunicazioni indirette dei militari ucraini e le rivelazioni giornalistiche hanno permesso di chiarire i mezzi coinvolti nel sostegno all’Ucraina da parte dell’Italia. Sono stati mandati verso Est cingolati semoventi con cannoni da 155 mm Pzh-2000 e M109, utili al fuoco controcarro, veicoli da trasporto truppe cingolati M113, gli efficaci e versatili veicoli 4×4 Lince, ben messi alla prova nei deserti iracheni e tra le montagne afghane e apprezzati anche nelle pianure sarmatiche, missili anticarro Milan, mitragliatrici MG e M2, mortai da 120 mm con relative munizioni, autocarri Iveco Astra e, ovviamente, il prezioso sistema anti-aereo Samp-T italo-francese con tanto di munizionamento di missili Aster 30.

Il valore del sostegno

L’Italia ha sostenuto l’Ucraina a partire dal primo invio di armi stabilito dal governo Draghi con un decreto ad hoc il 2 marzo 2022. I successivi decreti per il sostegno a Kiev sono datati 22 aprile 2022, 10 maggio 2022, 26 luglio 2022, 7 ottobre 2022 e, quello promosso dal governo Meloni, 31 gennaio 2023.

Il totale degli aiuti è stato quantificato dal Institute for World Economy di Kiel in 660 milioni di euro, che renderebbero l’Italia l’ottavo Paese per sostegno a Kiev. Mentre l’osservatorio italiano Mil€x sostiene che la quota totale sia di 450 milioni di euro, 75 dei quali rimborsabili dall’European Peace Fund comunitario. Questo somma a gennaio secondo il Ministro degli Esteri Antonio Tajani lievitava fino a un miliardo di euro contado il totale del sostegno all’Ucraina.

Le due vie di rifornimento all’Ucraina

Ora però si crea un vincolo strutturale che Roma inizia a subire e che è quello che, altrove, ha portato ad esempio la Polonia, ferocemente anti-russa, a frenare sugli aiuti a Kiev. Parliamo del problema imposto dalla guerra di logoramento tra arsenali in cui l’Occidente si è lanciato con la Russia e alle sue ricadute sul sistema della Difesa.

Parlando con i tecnici e gli esperti del settore e gli addetti ai lavori, emerge un problema di fondo che è quello a cui Crosetto fa riferimento. In sostanza, oggigiorno l’Ucraina è aiutata in due modi. Da un lato con lo svuotamento degli arsenali dai fondi di magazzino. Una mossa che può sembrare subottimale, ma in realtà permette di operare una rapida fornitura di mezzi a bassa complessità tecnologica e direttamente spendibili sul campo, come ha dimostrato la capacità ucraina di sfruttare mortai e semoventi italiani. Dall’altro, con uno strutturato uso della filiera industriale per produrre asset da inviare direttamente sul campo. Questo è quanto stanno facendo gli Usa, che hanno portato al rallentamento del programma F-35 per spingere aziende come Lockheed Martin a produrre missili Javelin o lanciatori Himars destinate alle truppe di Zelensky.

Il collo di bottiglia

Questo, a quanto siamo in grado di ricostruire, pone sotto stress un settore abituato a lavorare con un modus operandi diverso, fondato sulle commesse: le aziende della Difesa comprano acciaio, metalli, semilavorati e componentistica alla ricezione di un ordine, lavorando su tempi più lunghi. Ragion per cui un missile prodotto per l’Ucraina – Paese a cui, lo ricordiamo, le armi sono donate – impone un esborso al Paese donatore corrisposto da un rallentamento della sua filiera.  La Russia, in cui l’industria militare opera da prima della guerra a pieno regime, sta dunque con questo logoramento indiretto sostenendo uno sforzo sulla carta impari con cinquanta arsenali occidentali, condizionati da questo collo di bottiglia.

Cosa può fare l’Italia per l’Ucraina

Queste dinamiche permettono di capire perché Roma vada cauta con l’aiuto all’Ucraina. Buona parte delle cartucce sono state sparate nel primo anno di guerra e ora si crea il trade-off con la difesa del territorio metropolitano e delle esigenze delle forze armate tricolori. Meloni, Crosetto e Tajani si trovano di fronte a un dilemma. Accelerare l’aiuto a Kiev come un fine politico a sé stante mentre il resto del mondo rallenta o ottimizzarlo in vista di obiettivi politici realistici, finalizzati a inchiodare la Russia su un compromesso diplomatico?

Il primo fronte appare eccessivamente oneroso in termini di costi e mezzi e si stanno studiando misure per consolidare il secondo. Ovvero permettere che l’ottavo pacchetto garantisca a Kiev la decisiva continuità dei mezzi forniti in una fase in cui, con l’autunno e l’inverno, la fine della controffensiva potrebbe aprire al desiderio russo di una nuova spallata. Dunque via libera a munizioni per armi leggere, missili, proiettili. Mentre un altro fronte dove, con ogni probabilità, il sostegno italiano è attivo è quello dell’aiuto tecnologico, satellitare e sul fronte della guerra elettronica. Coordinato da un’intelligence italiana che sul fronte operativo e su quello cyber a True News risulta essere attivissima nel fornire informazioni sensibili a Kiev e rilievi satellitari.

Il ruolo dei servizi segreti

Unità come l’Agenzia delle informazioni per la sicurezza esterna (Aise) e il Centro Intelligence Interforze (Cii), unità strategica e decisiva che rappresenta un cuore operativo e recondito dello Stato Maggiore della Difesa con sede a Castel Malnome nella periferia Nord di Roma, possono risultare decisive per addestrare l’intelligence ucraina a controspionaggio, depistaggio informativo, infowar contro i nemici russi in una fase critica. E a coordinare i flussi informativi in una fase critica. Dunque, oltre l’ottavo pacchetto di armi, va valutato quanto l’Italia può fare negli abissi più reconditi della “guerra senza limiti” delle spie, delle informazioni, del cyber. Un sostegno silenzioso e impagabile. Oggi capace di ottimizzare costi e opportunità strategiche. E di superare i colli di bottiglia che mettono a repentaglio la stabilità della difesa nostrana in nome del sostegno al Paese invaso da Mosca.