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Un ponte per unire mondi distanti. Presente e futuro dell’oratorio d’Italia

Un ponte per unire mondi distanti. Presente e futuro dell'oratorio d'Italia

In tempi in cui, come ricorda anche l’Azione Cattolica in una sua ricerca, la frequenza degli italiani alle messe è ai minimi storici e solo un adulto su cinque è praticante abituale la domenica, un’istituzione di stampo cristiana resiste nell’Italia del 2024: l’oratorio.

Don Stefano Guidi (Fom): “L’oratorio è e resta un ponte”

Un’istituzione che, dice a True-News don Stefano Guidi, direttore della Fondazione diocesana per gli Oratori Milanesi (Fom) e Responsabile del Servizio per l’Oratorio e lo Sport dell’Arcidiocesi di Milano, si situa “sul confine esterno della Chiesa. Lì dove è necessario realizzare una dinamica di comunicazione e incontro tra ciò che è interno e ciò che è esterno al mondo ecclesiale. E dove si possono far incontrare diversi correnti culturali, antropologiche, sociali in un mondo complesso come quello odierno”.

Che cos’è l’oratorio nel sistema valoriale ed educativo di stampo cattolico e nell’Italia del 2024? Per don Guidi “l’oratorio è e resta un ponte. Un ponte deve unire punti distanti senza annullare le distanze. E perché un ponte esista queste distanze devono esistere e essere rispettate. L’oratorio nasce da sempre come luogo di comunicazione” e come spazio aperto. Un’anticipazione della Chiesa in uscita di cui parla spesso Papa Francesco. “Un modello dove conoscere la società nella sua complessità, oltre le dicotomie cui spesso siamo abituati”, ricorda don Guidi.

L’oratorio? Vive e lotta

Nell’Italia odierna, la Chiesa vive una fase di ricerca di nuovi punti di riferimento. L’oratorio, oggigiorno, “è vivo e rappresenta un punto di riferimento per una socializzazione fisica di cui c’è grande bisogno”, ricorda don Guidi. “Ci davano per spacciati dopo il Covid-19, ma alla prova dei fatti non sembra che gli oratori siano al capolinea”, aggiunge. In sostanza anche oggi gli oratori “sono frequentati, abitati e attivi in un’esperienza di comunità e fede che si rinnova”.

Nel contesto di una Chiesa e di un’Italia che cambiano “e in tempi in cui molte relazioni passano per i social, mentre cambiano le abitudini e si riformula quel concetto di tempo libero che è sempre stato centrale per l’oratorio, in una stagione culturale complessa l’oratorio”, aggiunge don Guidi, “risponde a un bisogno profondo, quasi alla necessità di un ritorno al passato: quella di piattaforme di incontro“. In un contesto che spesso invita a “vedere la società con le semplificazioni a cui siamo abituati e che in realtà è sempre più complesso”, aggiunge il direttore della Fom “l’oratorio offre una genuina, reale possibilità di applicazione di una vera cultura dell’incontro aperta a tutti. E risponde a una domanda reale di partecipazione”.

Piattaforme d’incontro e corpi intermedi

“In tempi in cui spesso queste piattaforme”, nota il sacerdote, “consistono in non luoghi, in punti come i centri commerciali che chiedono in cambio prestazioni e consumi l’oratorio spicca per la sua gratuità come punto d’incontro. E quindi di confronto”. L’oratorio come coscienza civica, sentinella civile e “palestra formativa” per i giovani: lo spirito di Don Bosco vive anche in tempi come quelli dei social network e dell’immediatezza. Secondo quel concetto salesiano secondo cui “nessuna predica è più edificante del buon esempio”, l’oratorio si mantiene presidio di formazione sociale per i giovani. E polmone che fa “respirare” il tessuto collettivo. In un contesto che necessita di corpi intermedi sani, un passaggio chiave è quello di creare quelle piattaforme d’incontro di cui parla don Guidi.