Home Politics Legge sul presepe, Piccardo (La Luce): “Dall’Islam italiano nessuna ostilità per le tradizioni”

Legge sul presepe, Piccardo (La Luce): “Dall’Islam italiano nessuna ostilità per le tradizioni”

Legge sul presepe, Piccardo (La Luce): "Dall'Islam italiano nessuna ostilità per le tradizioni"

Perché leggere questo articolo? Il giornalista Davide Piccardo, a lungo coordinatore delle Associazioni islamiche milanesi, ribadisce che sul presepe i musulmani italiani non hanno preclusioni alla luce della recente proposta di legge di Fdi.

“Dal mondo dell’Islam italiano non si troverà mai nessuna ostilità per le tradizioni che costituiscono i punti di riferimento di questo Paese”: Davide Piccardo, giornalista e direttore de La Luce, a lungo coordinatore delle Associazioni islamiche milanesi, parlando con True-News fa chiarezza sul caso della legge sui presepi e le celebrazioni natalizie promossa dalla senatrice di Fratelli d’Italia Lavinia Mennuni.

La questione del presepe

“Non è certamente dalle comunità islamiche che può venire alcuna contestazione all’idea che nelle scuole italiane si celebrino le tradizioni religiose e spirituali”, nota Piccardo. Il direttore de La Luce aggiunge che a suo avviso “sono altri i settori della società italiana da cui a volte sono emerse posizioni di questo tipo”. Nel milanese molti ricordano ad esempio il caso di Rozzano nel 2015. Quell’anno, il dirigente scolastico dell’Istituto comprensivo “Garofani” del paese milanese, Marco Parma, aveva promosso l’idea di rinviare a gennaio la festa di Natale tradizionalmente svolta giustificando la scelta con la volontà di non offendere le differenti tradizioni religiose dei bambini che frequentavano l’istituto in un paese notoriamente multiculturale.

Ai tempi, la smentita sul campo arrivò da molti esponenti del mondo islamico italiano, tra cui il coordinatore laziale Rifat Aripen, ma soprattutto dai comuni cittadini stranieri di Rozzano che, intervistati dalle televisioni, non dichiararono assolutamente di veder come offensiva la celebrazione del Natale. Rispettata in tutte le nazioni musulmane dove sono presenti consistenti comunità cattoliche. Si pensi, per fare esempi, al Marocco, alla Siria e al Bangladesh, dove il 25 dicembre è addirittura festa nazionale in una nazione al 90% abitata da musulmani.

Piccardo: “Profondo rispetto per la spiritualità”

“Da uomini e donne di fede, i musulmani italiani hanno profondo rispetto per la spiritualità. E non pensiamo assolutamente che la tradizione religiosa possa essere problematica per la coesistenza della comunità musulmana in Italia, che ormai conta 2,5 milioni di persone”, nota Piccardo. “La questione piuttosto si può vedere su due piani”, aggiunge. Il primo, nota, è quello “del vero problema, ovvero il fatto che si constata sempre di più una crescente secolarizzazione che porta i cittadini a vivere le feste, a partire dal Natale, sempre meno in senso religioso e spirituale e sempre più in una ben più vacua ottica consumistica”. E questa, sottolinea, “è sicuramente una questione che genera dispiacere” anche pensando al Natale cristiano.

L’altro fronte è quello della lettura delle mosse della maggioranza. La proposta di legge di Mennuni, secondo Piccardo, è “semplicemente una piccola bandierina ideologica da parte di un esponente della maggioranza per mostrare l’attenzione dei partiti di governo al tema della tradizione”. Ma nella proposta stessa c’è secondo Piccardo tutta la fragilità di battaglie politiche di questo tipo: “La nostra considerazione è chiara. Le tradizioni non si possono imporre per legge. O sono vissute nella società o non ci sono. Capisco però”, aggiunge, “che nel governo ci sia la volontà di enunciare il proprio sostegno” a una politica di questo tipo.

Nulla di tutto ciò, però, per Piccardo ha a che fare con il quadro più ampio dell’interlocuzione tra Stato e comunità islamiche. “Col governo Meloni”, dice interrogato sul tema dei cambiamenti dei rapporti tra Stato e organizzazioni musulmane nei quattordici mesi di governo Meloni, “non è cambiato sostanzialmente nulla nell’interlocuzione. Essa c’è e rimane attiva, in maniera non diversa che coi governi precedenti. Questo perché”, ragiona, “il dialogo con un singolo governo si inserisce nel trend più ampio di quello con lo Stato, che è e resta strutturale e continuo”. Quando si parla della voce di due milioni e mezzo di persone, di cui circa 800-900mila secondo le stime cittadini a pieno titolo sarebbe del resto difficile pensare il contrario.