Home Primo Piano La scure della Russia sul movimento LGBTQ+: le preoccupazioni dell’attivismo italiano

La scure della Russia sul movimento LGBTQ+: le preoccupazioni dell’attivismo italiano

La scure della Russia sul movimento LGBTQ+: le preoccupazioni dell'attivismo italiano

Perché questo articolo ti dovrebbe interessare? La Corte suprema russa ha dichiarato estremista il “movimento pubblico internazionale LGBT” e ne vieta ogni attività nel Paese. Come ha reagito la comunità queer italiana ed europea alla notizia? Quali sono i timori verso una possibile emulazione delle azioni russe?

Illegale l’attivismo LGBTQ+

A seguito di una richiesta del Ministero della giustizia russo, presentata il 17 novembre, la Corte suprema ha risposto con la misura più drastica in vigore al momento nel governo di Putin contro le rivendicazioni queer.

L’espressione “movimento pubblico internazionale LGBT” non si riferisce a nessun ente specifico, ma l’iniziativa è il chiaro segno di un’omolesbobitransfobia diffusa e della percezione dei movimenti queer come portatori di “discordia sociale e religiosa”, secondo le parole del Ministero della giustizia russo. Questa misura si inserisce in una direzione ben precisa del governo di Putin, che nel 2022 ha vietato la “propaganda gay” anche tra le persone adulte e nel luglio 2023 ha firmato una legge contro la rettifica dei documenti anagrafici e gli interventi per le persone trans.

Le associazioni di attivismo russo raccomandano a chi si occupa di queerness nel Paese di rimuovere gli account dai social media controllati dalle autorità russe, non utilizzare né conservare in casa simboli LGBTQ+, rimuovere ogni riferimento al proprio orientamento sessuale e alla propria identità di genere dalla rete e, quando si deve condividere materiale di questo tipo, usare una VPN.

L’omofobia è il vero fanatismo

Qual è stata la reazione dell’attivismo italiano? “Un nuovo capitolo di una spirale repressiva ed illiberale che colpisce le persone per il loro orientamento sessuale o la loro identità di genere”. Gabriele Piazzoni, segretario generale di Arcigay, commenta così la decisione della Corte suprema russa.

“Dopo aver proibito, punito e perseguitato qualunque accenno all’omosessualità o transessualità nella televisione, nel cinema e nella letteratura, dopo aver proibito qualunque manifestazione in pubblico dell’omosessualità, dopo aver negato alle persone trans la possibilità di effettuare percorsi di transizione di genere e di cambio del proprio genere sui documenti, e aver utilizzato nella propaganda a giustificazione dell’invasione dell’Ucraina la difesa dei valori Russi, ora addirittura hanno il coraggio di dare degli estremisti a noi. È il loro furore omofobo, invece, il vero fanatismo, oltre che una violenza reiterata. Vogliono dipingere le persone LGBTQI+ come pericolose ma è la loro persecuzione ad essere figlia di una cultura terrorista”.

“La Corte suprema russa – prosegue Roberto Muzzetta, responsabile politiche internazionali nella segreteria nazionale di Arcigay – rispondendo positivamente alla richiesta del governo di Vladimir Putin ha sostanzialmente proibito ogni attività alle organizzazioni che si battono per la tutela dei diritti umani, tra cui il diritto a non essere perseguitati per il proprio orientamento sessuale o la propria identità di genere. Sollecitiamo il Governo italiano a prendere nettamente posizione su quanto sta avvenendo in Russia e ad attivarsi in tutte le sedi internazionali per contrastare questa deriva, e al contempo è necessario supportare le associazioni russe che si battono per i diritti civili e aiutare le persone che hanno necessità di avere riconosciuto il diritto di asilo di poter contare anche sul nostro paese per tutelare la propria incolumità e libertà”.

Un’emulazione già in corso? Il timore delle associazioni

Alessia Crocini, presidente di Famiglie Arcobaleno, aggiunge: “Purtroppo ci aspettavamo una deriva del genere in Russia, basti pensare ai crimini compiuti in Cecenia contro le persone LGBT+, ma questo non diminuisce la nostra rabbia e preoccupazione. L’evoluzione in negativo della cosiddetta “ideologia gender” ha proprio lo scopo di limitare e cancellare i diritti e la dignità delle persone LGBT+. Lo abbiamo visto anche in paesi come la Polonia e l’Ungheria, e lo vediamo nei paesi africani dove stanno approvando, grazie anche alla propaganda finanziata da gruppi ultra cristiani americani, leggi che prevedono carcere e pena di morte per le persone omosessuali”.

In merito alle preoccupazioni per l’attivismo italiano, Crocini aggiunge: “Prima della guerra in Ucraina per i partiti ora al Governo, Lega e FDI, Putin era un esempio da seguire per le sue posizioni ultra conservatrici in tema di diritti civili. Il WFC – Congresso Mondiale delle Famiglie nel 2019 a Verona ha visto sfilare accanto ai gruppi pro-life italiani Salvini, Meloni, Fontana, Roccella. Il WFC è un’organizzazione classificata negli USA come ‘gruppo d’odio’ e finanziata da gruppi anti abortisti e anti LGBT americani e russi.

In misura molto ridotta il nostro governo sta già emulando quello russo. Ci sono molti segnali che questo governo sia contro le persone LGBT+. Dalla scelta di Fontana come presidente della Camera che aveva affermato ‘le famiglie arcobaleno non esistono’; alla ministra Roccella tra le fondatrici del Family Day che chiedeva la cancellazione della legge sulle unioni civili; a Salvini che ha imposto ‘madre e padre’ al posto di ‘genitori’ nelle carte di identità dei minori solo per attaccare le nostre famiglie. Soprattutto basti pensare alla circolare del ministro dell’Interno Piantedosi che ha bloccato i sindaci sulla formazione dei certificati di nascita delle famiglie arcobaleno”.

Dopo la Russia, l’Italia?

Anche LGBT+ History Month Italia manifesta delle forti preoccupazioni. “Ci spaventa il clima politico e il nuovo governo. Ci preoccupano molto i ministri apertamente omofobi del nuovo governo di estrema destra. Pensiamo alla nomina di Eugenia Roccella al Ministero della Famiglia, alla Natalità e alle Pari Opportunità, ma anche Carlo Nordio che, discutendo del DDL Zan, ha parificato la pedofilia all’omosessualità. La stessa Giorgia Meloni si è più volte pronunciata contro quella che lei chiama ‘ideologia gender’”.

Roberta Parigiani, portavoce del MIT (Movimento Identità Trans), spiega che “la sentenza della Corte Suprema russa non fa altro che ricordarci a chiare lettere quanto i diritti della comunità queer siano oggi sotto scacco da parte di molti dei governi mondiali.

“La Russia non è un unicuum mondiale”

Le politiche liberticide ed omolesbobitransfobiche russe, infatti, non sono un unicum a livello mondiale ed anzi sembrano inserirsi in una nuova ondata di attacchi politici e sociali che, come comunità LGBTQIA+, ci riguardano molto da vicino. Anche il governo italiano, del resto, sta canalizzando molte energie nel tentativo di delegittimare i corpi e le esperienze non gradite al sistema cis-patriarcale: e tale visione non solo si converte in una recrudescenza degli attacchi soprattutto transfobici, ma va anche nella direzione di negare basilari diritti come quello all’interruzione di gravidanza. I centri antidiscriminazione LGBTQIA+, sempre più soffocati dalla deliberata scarsità dei finanziamenti pubblici, quando non sono costretti a chiudere, devono comunque fare i conti con segnalazioni crescenti e drammatiche, molto complesse da gestire con le poche risorse economiche ‘concesse’ dallo Stato.

Il MIT-Movimento di Identità Trans, che da sempre è in prima linea nel tutelare le situazioni di marginalità, negli ultimi anni è stato senz’altro testimone di questa macchinazione diabolica ma scientificamente lucida: da un lato si fomenta e si supporta – anche a livello istituzionale – la propaganda omolesbotransfobica (ad esempio, ricevendo e legittimando gli esponenti di certe associazioni transfobiche pro-life estremiste e fondamentaliste), facendo così crescere episodi di violenza e discriminazione; ma dall’altro si soffocano le associazioni LGBTQIA+ e si riducono quanto più possibile gli strumenti che la comunità ha (o aveva) a disposizione per tutelarsi da tali recrudescenze.

Dobbiamo metterci in testa che l’unica risposta seria e concreta è quella di far tacere le retoriche estremiste della destra intransigente e, contemporaneamente, finanziare di più le strutture ed i centri antidiscriminazione gestiti – come dovrebbe essere – dalle associazioni LGBTQIA+, proprio come il centro STAR del MIT. Tagliare tali risorse impone alla collettività un costo sociale ben più grave e drammatico: lasciare una fetta della popolazione in balìa dell’odio più intransigente”.

Solidarietà all’attivismo russo

Il Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli ha manifestato il suo supporto agli attivisti del movimento LGBTQIA+ in Russia. “Vogliamo esprimere tutta la nostra ammirazione e solidarietà nei confronti dei cittadini russi che giorno dopo giorno dimostrano una resilienza estrema di fronte a questo attacco senza precedenti. Questo tentativo di bloccare completamente ogni organizzazione LGBTQIA+ e instillare la paura della persecuzione e dell’incarcerazione deve essere duramente condannato dai Paesi membri dell’Unione Europea, in quanto in aperta contraddizione con i valori basilari della libertà d’espressione”.

Il presidente del Circolo, Mario Colamarino, ricorda: “Durante i meeting internazionali gli attivisti russi ci hanno chiesto espressamente di passare dalle parole ai fatti: chi detiene il potere, le istituzioni e le grandi organizzazioni devono sostenere concretamente il movimento LGBTQIA+ in Russia e non fermarsi a una mera condanna di pragmatica. Dobbiamo ricordare che ci sono in gioco le vite di persone che quotidianamente rischiano la propria libertà e incolumità per affermare diritti che in Europa – con qualche sfortunata eccezione – sono ormai dati per acquisiti”.

Un’arma di distrazione di massa

“Ovviamente ci siamo preoccupati” dichiara Matteo Sanelli, presidente del Centro di Documentazione Aldo Mieli, “ma non ne siamo sorpresi. Da anni, e non solo nell’oligarchica Russia, è in atto un attacco alla libertà delle minoranze LGBT. Attacco spesso usato come arma di distrazione di massa, una tattica che le destre amano usare e che hanno usato spesso anche qui da noi. Certo, bisogna notare come nel caso della Russia i giudici e le corti siano del tutto asserviti alle volontà del governo, tanto che la corte suprema russa ha sentito solamente il ministero di giustizia e impegato appena quattro ore per emanare una sentenza così radicale e insensata. Possiamo solo sperare che qui da noi regga l’indipendenza della magistratura, per difendere quei diritti umani che la costituzione ci dovrebbe garantire.

Perfino un’associazione culturale come la nostra, interessata soprattutto alla ricerca storica e alla preservazione di materiale d’epoca, non è al sicuro da questi attacchi. Questa primavera, durante la mostra “Riconciliarsi”, una vetrina nel centro di Carrara che ospitava un’opera della nostra collezione è stata vandalizzata.

Come recita il manifesto degli Stati Genderali LGBTQIAP+ & Disability di Bologna a cui abbiamo partecipato lo scorso ottobre, ‘È tempo di rivolta contro la violenza di Stato‘. Le nostre vite valgono, o non verrebbero così ferocemente attaccate. È tempo di lottare per riprenderci la vita, la libertà, la dignità che ogni giorno è sotto attacco da politici senza scrupoli che non si fanno problemi a sacrificare le nostre vite per cercare i consensi della pancia degli elettori più bigotti”.

Il coinvolgimento della Chiesa ortodossa

Innocenzo Pontillo de La Tenda di Gionata, associazione queer cattolica, riflette anche sul ruolo della Chiesa. “In Russia è iniziata da molto tempo ormai, con la sterzata di Putin la verso la un ambiente dittatoriale, questa battaglia per i valori che, guarda caso, non sono certo l’onestà o la vita umana ma la lotta contro le persone LGBT. Tutto questo nasce da una situazione già di profonda omofobia che c’era nel mondo nel mondo russo, incoraggiato anche dalla Chiesa ortodossa, che sul tema non ha nessuna apertura, e dalla saldatura con i movimenti politici presenti.

In Russia non ci sono diritti per nessuno e non ci sono neanche per le persone LGBT. Sono condannate a non esistere, a non poter essere visibili e non hanno voce in nessun ambito, né nella società civile, né nelle chiese. Nella chiesa ortodossa soprattutto perché è estremamente omofoba. È una situazione di grande involuzione per la Russia.

Una quindicina d’anni fa invece c’era un movimento russo di grande cambiamento e di ascolto di queste richieste di cittadinanza, ma la sterzata di tutti questi anni portata avanti da Putin e la saldatura con la destra più estrema stanno producendo una diminuzione dei diritti per tutti”.

L’emigrazione come unica soluzione sicura

Tomasz Nadolny, presidente di Faith and Rainbow Foundation, offre un punto di vista polacco: “Da diversi anni ormai, i governanti russi rendono la vita difficile alle persone LGBTIQ, ma ora anche un post su Telegram o un mi piace su Facebook possono farti finire in prigione per anni. Essere gay o lesbiche in Russia comporta minacce alla sicurezza e alla vita personale. È probabile che un altro gruppo di attivisti dovrà emigrare, ma è difficile anche solo immaginare cosa possa provare un giovane russo che cerca di accettare la propria identità e ogni fonte disponibile sull’argomento viene messa al bando perché, secondo chi è al potere, minaccia i valori tradizionali.

La decisione della Corte Suprema è entrata in vigore immediatamente, ma le piene conseguenze legali per le organizzazioni e gli attivisti si vedranno dopo il 9 gennaio 2024 e solo allora potremo valutare la portata della persecuzione della comunità LGBTQI in Russia. È noto che la pena massima che rischiano i partecipanti ad organizzazioni estremiste è di 12 anni di prigione. Inoltre l’uso di ‘simboli estremisti’ ovunque espone a severe multe e reclusione. È difficile accettare che una simile atrocità avvenga in un Paese appena oltre il nostro confine.

In Russia è allarme diritti umani

Lo stato dei diritti umani in Russia è così catastrofico che con ogni probabilità non ci sarà nessuno a contestare questa sentenza. Per chi finora ha agito pubblicamente in nome di persone non eteronormative, l’emigrazione sta diventando l’unica soluzione sicura. Le partenze, però, sono ostacolate dalle sanzioni imposte ai cittadini russi in Europa. La situazione per chi fugge dal regime russo è quindi doppiamente complicata.

Facciamo appello a tutte le persone di buona volontà in Europa affinché sostengano il più possibile coloro che fuggono dalle persecuzioni in Russia e continuino a fare pressione sulla Russia e sul suo corpo diplomatico affinché le leggi che criminalizzano la rettifica di genere, gli incontri comunitari o le donazioni vengano revocate il prima possibile. Ancora una volta, la comunità LGBTQI+ sta diventando il capro espiatorio in un gioco politico in cui la società nel suo insieme viene manipolata”.

Alba Ahmetaj di Pro LGBT Albania aggiunge che “È da un po’ che siamo preoccupati per i nostri fratelli e sorelle in Russia, ma la sentenza della Corte Suprema russa contro il movimento LGBTQ+ è, direi, l’ultima goccia di vergogna per tutti i russi. Le conseguenze di questa sentenza potrebbero essere devastanti per la comunità LGBTQ+ con violazioni dei diritti alla libertà di associazione, espressione e riunione pacifica, nonché del diritto di essere liberi dalla discriminazione. Sta diventando ogni giorno più duro vivere e lottare per i propri diritti ovunque nel mondo, ma ciò che sta accadendo in Russia è assolutamente ripugnante e dovremmo tutti alzare la voce e lottare insieme contro questa assurdità. La comunità LGBTQ+ russa sta soffrendo molto e il mondo non dovrebbe restare a guardare“.