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Ignoro ergo sum: come un limite è diventato un valore

Ignoro ergo sum: come un limite è diventato un valore

Perchè questo articolo dovrebbe interessarti? Da condizione da cui cercare di emanciparsi, l’ignoranza è assurta a valore da rivendicare. Un fenomeno con radici lontane ma che i social alimentano quotidianamente, specie tra i più giovani. Uscirne è difficile, c’è chi ci prova andando controcorrente. Come gli Unfluencer, che promuovono “i social come strumenti per una conoscenza consapevole”

(di Irene Basilico e Federico Ughi)

“Quando un uomo con un ragionamento incontra un uomo con uno slogan, l’uomo col ragionamento è un uomo morto”. È ironico che questa semi citazione di Clint Eastwood abbia circolato molto qualche tempo fa proprio su Facebook, ovvero la piazza virtuale che per prima e con gli effetti più significativi ha fatto da teatro alla presa del potere degli uomini con lo slogan nei confronti degli uomini con un ragionamento. Il tema, vastissimo, complesso e articolato, è quello della pervasiva diffusione di un nuovo rapporto con l’ignoranza che si è sottilmente insinuato ed imposto nella nostra società. Non più una debolezza, un limite, una condizione di mancanza dalla quale con umiltà e impegno (e magari un pizzico di vergogna) cercare di emanciparsi. Bensì un requisito esistenziale da rivendicare con orgoglio. Un valore persino. La spia di questo switch concettuale è nella doppia valenza che il termine stesso ha ormai raggiunto nel linguaggio comune, a partire dallo sport e dal web. L’ignorante non è più colui che non sa, ma (anche) chi affronta il mondo con afflato vitalistico, genuino, istintuale. Dritto per dritto, chi insegue le proprie pulsioni senza troppe inutili complicazioni.

Le cause dell’ascesa dell’ignoranza nella nostra società

Ma il fenomeno è certo più ampio. Antropologico, prima ancora che sociale, culturale, politico. Molto si è già detto e scritto sul ruolo del web e dei social nell’imporre ed alimentare continuamente questo nuovo modello, tema che cercheremo di affrontare anche noi. Ma le cause della ascesa dell’ignoranza sono state opportunamente rintracciate più a monte. Tra i tanti contributi possibili e senza pretesa di esaustività, menzioniamo Paolo Iacci, autore di “Sotto il segno dell’ignoranza”. Per lo studioso “la prima causa è sicuramente un sistema scolastico palesemente inadeguato dimenticato negli ultimi decenni, gestito per lo più da insegnanti demotivati e genitori improvvidi. Un secondo motivo riguarda l’altro momento educativo per eccellenza, la famiglia […]. Un terzo motivo riguarda l’avvento del digitale: da un lato la rete è un’opportunità di aggiornamento, comunicazione e crescita culturale come mai avevamo visto nella storia dell’umanità. D’altro lato, però, ha fornito un meraviglioso megafono a una moltitudine di imbecilli che interviene con toni sempre molto aggressivi.”

L’appello (inascoltato) contro l’ignoranza

Non manca chi tenta di porre un argine a questo fenomeno. Qualche anno fa – era il dicembre del 2016 – aveva avuto una certa risonanza mediatica il lancio su Change.org di un “Appello contro l’ignoranza, madre di tutti i populismi”. Primi firmatari: la filosofa Nicla Vassallo e il Direttore di ama nutri cresci, Sabino Maria Frassà. “Parlare e riflettere contro l’ignoranza pare oggi più che mai la cosa giusta da fare, in quanto la nostra società è permeata da fondamentalismi di matrice ideologica e religiosa, che minano il nostro vivere e il nostro futuro – scrivevano -. Una pancia (giustamente) scontenta reclama un cambiamento che colmi un crescente vuoto economico, valoriale, identitario. L’élite culturale sembra rispondere in modo non adeguato con un linguaggio (necessariamente?) settario e spesso poco efficace. A ciò si aggiunga un contesto caratterizzato da risorse scarse per l’istruzione e le politiche sociali, scarsa meritocrazia e alta viscosità nel sistema imprenditoriale. L’ignoranza declinata in diverse forme di populismo gioca e giocherà quindi un ruolo crescente e sempre più determinante”.

I due aggiungevano: “Da decenni tanta politica, ma anche tanta cultura, sembra legittimare sempre più l’ignoranza. E’ innegabile che politici, intellettuali e ancora di più i personaggi cosiddetti “famosi” siano punti di riferimento, esempi, non solo per i giovani. Ciò è tanto più vero alla luce del progressivo svuotamento della funzione educativa della famiglia, in qualsiasi modo la si voglia contare, considerare e definire. Esser circondati da politici che palesano senza imbarazzo o senso di colpa alcuno la propria ignoranza delle lingua straniere e/o dell’italiano che esempio è? I mezzi di comunicazione che indugiano sulla comunicazione rissosa, che confortano il pubblico elevando la gaffe a dignità di figura retorica che esempio forniscono? (…) Criticare apertamente l’ignoranza è il primo passo e segnale che non si può e non si deve salire sull’aventino. Questa riflessione spera quindi di essere un appello contro l’ignoranza: l’orgoglio di essere ignoranti è il canto del cigno dell’occidente, inteso come cultura fondata sulla democrazia partecipativa”. Tutto molto giusto. Ma la petizione, emblematicamente, ha raccolto appena 287 sostenitori.

Ignoranza e social: il delicato ruolo degli influencer

Nel frattempo, l’ignoranza ha trovato ulteriore terreno fertile nei più recenti sviluppi della rete. Chi sono divenuti i campioni indiscussi dell’ignoranza come valore e stile di vita? Gli influencer, naturalmente. La ricerca Digital 2023 Global Overview Report ha dimostrato che i social media oggi hanno raggiunto il massimo share di sempre del tempo trascorso online dagli utenti, con quasi 4 minuti su 10 trascorsi online che sono oggi dedicati ad attività sui social media. Nell’era digitale i social sono in particolare un grande punto di riferimento per i giovani: immersi nel mondo digitale, sono quelli che più risentono della loro influenza. Ma vogliamo dedicare la prima tappa del nostro viaggio in questo vasto ed eterogeneo universo ad una esperienza che sembra andare in direzione opposta.

Gli Unfluencer: un esempio controcorrente

Se gli influencer farebbero di tutto per guadagnare qualche like in più, c’è anche chi avendo ben chiaro il potenziale del social ne intende promuove un uso consapevole. Un esempio sono gli Unfluencers, che contano più di 10mila follower su Instagram e quasi altrettanti su Tiktok. Il gruppo si è formato ad aprile 2022, dall’idea di Andrea Nuzzo, interpellato da TrueNews: “Ho sentito l’esigenza di usare i social come strumento per una fare buona informazione capendo che essi non sono più da considerarsi come solo strumento di svago. Inizialmente ho avviato il progetto Bill per usare i media in modo semplice ma utile e consapevole, da lì ho poi chiesto l’aiuto di altri ragazzi che avessero a cuore l’uso dei social media per trasmettere il sapere in ogni sua forma”.

Gli Unfluencer: “Usare i social come strumenti per una conoscenza consapevole”

Si definiscono creators multidisciplinari e trattano sul profilo comune e sui loro personali più temi in maniera costruttiva dando anche argomenti di riflessione. “Sui social i ragazzi trascorrono la maggior parte del tempo ed è per questo che bisogna usarli come strumenti per diffondere una conoscenza consapevole – afferma Nuzzo – nella vita reale ci sono pochi punti di riferimento e quindi i giovani si rivolgono al mondo social prendendo talvolta tutto per vero. Il nostro obiettivo è anche quello di fornire strumenti per una lettura critica di ciò che si trova in rete e sensibilizzarli su eventi e notizie attuali“. Raggiungere il pubblico non è poi così difficile perché “Sui social, in parte è vero spopola il trash, ma c’è anche una grande fetta che vuole andare oltre le apparenze e li usa per informarsi, non è quindi difficile ovviamente usando una buona strategia di comunicazione, ricevere ampia visibilità.” Gli Unfluencers però non lavorano solo in ambito social, ma cercano di raggiungere anche chi social non è, tramite progetti nelle scuole, università, musei ed enti territoriali. Dai social al mondo reale: anche questa una mossa controcorrente.