Home Politics Faccio anche l’insegnante. Il secondo lavoro dei docenti in Italia

Faccio anche l’insegnante. Il secondo lavoro dei docenti in Italia

Faccio anche l’insegnante. Il secondo lavoro dei docenti in Italia

Perché questo articolo ti dovrebbe interessare? Il numero dei docenti precari nello scorso anno scolastico ha toccato il record di 240mila supplenti. Per aumentare la propria stabilità, si ricorre spesso a un secondo lavoro. Ne abbiamo parlato con il collettivo di insegnanti Assenze ingiustificate.

Con il ritorno a scuola, si torna a discutere del precariato che ruota attorno ai luoghi di apprendimento. Numerose sono state le nomine o le immissioni in ruolo rifiutate per via delle spese di trasferimento, i salari bassi, il carovita di alcune delle città più ambite. In un Paese in cui un quarto degli insegnanti è precario (240mila nello scorso anno scolastico), la disoccupazione (NASpI) diventa essenziale per pagare le bollette e a volte più vantaggiosa di una supplenza di poche ore alla settimana. Per garantirsi una maggiore qualità di vita, si ricorre a un secondo lavoro.

Due lavori ma nessun conteggio

Per via della frammentarietà o della durata delle supplenze e dell’ammontare degli stipendi, è frequente che gli insegnanti ricorrano a un secondo lavoro. Soprattutto chi lavora negli istituti tecnici o professionali. Sono numerosi i casi di incompatibilità con l’impiego come docente, ma alcune strade restano percorribili. La maggior parte di esse, solo dopo l’autorizzazione della scuola presso cui si è in servizio.

Nonostante ciò, l’Ufficio scolastico regionale lombardo, sollecitato a offrire un quadro degli insegnanti occupati su più mansioni, ha risposto che “l’amministrazione non dispone del dato richiesto”. In Italia manca una statistica dei docenti che ricorrono a un secondo lavoro. Un conteggio simile è presente in altri Paesi, come nel caso degli USA, dove il 53% degli insegnanti svolge un lavoro parallelo alla scuola, o del Regno Unito, dove un docente su 10 è costretto a trovare un impiego aggiuntivo per arrivare alla fine del mese. Ciò è significativo considerando anche che lo stipendio medio di un’insegnante italiana si colloca al 31esimo posto in Europa.

Si arriva alla fine del mese con lo stipendio da insegnante?

Risponde il collettivo di insegnanti Assenze ingiustificate: “Se la supplenza è intera – fino al 31 agosto – la situazione può essere considerata vivibile. Il problema si pone quando siamo davanti a degli spezzoni, cioè delle cattedre non complete che gli insegnanti dovrebbero accettare per questioni di punteggio e per ottenere più avanti delle cattedre migliori, ma che nella vita di tutti i giorni non bastano. Soprattutto chi accetta degli spezzoni si trova costretto a fare altri lavori.

Tutto questo comporta a difficoltà di gestione delle mansioni, senza la possibilità di dedicarsi completamente alla scuola. Inoltre c’è un problema abitativo: a meno che non si viva con i genitori, bisogna pensare all’affitto, a volte trovare a casa in tempi brevi per via dell’assegnazione improvvisa della supplenza. Per chi non vive nella propria città d’origine questo è un problema enorme. E molto spesso per supplire a ciò bisogna lavorare in altro modo”.

A quanto ammonta la NaSpI per un insegnante

C’è inoltre il problema delle supplenze che lasciano scoperta l’estate e a quel punto scatta la NASpI, che – al netto delle tasse – corrisponde al 50% dello stipendio. Ciò comporta, anche durante i mesi non estivi, una situazione di ansia e la necessità di sopperire in altro modo. Ciò cambia quando si passa di ruolo, ma la situazione del precariato è davvero complicata“, concludono gli insegnanti di Assenze Ingiustificate.