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Per il cristianesimo femminista e queer il Sinodo continua

Un nuovo Vatileaks con la fuga di dati dal Sinodo in corso

Perché questo articolo ti dovrebbe interessare? La Segreteria generale del Sinodo universale ha pubblicato le linee guida in preparazione dell’Assemblea sinodale 2024. Contengono le indicazioni su cosa fare entro il prossimo ottobre. Cosa ne pensa il cristianesimo femminista e queer? Come farà sentire la sua voce?

La prima sessione del Sinodo si è conclusa a fine ottobre 2023, con un documento finale – la Relazione di sintesi – che non cita nemmeno una volta la comunità LGBTQ+ e lascia insoddisfatta anche la componente femminile (e femminista) della Chiesa. Ora viviamo una sospensione, che durerà fino a ottobre 2024, con l’obiettivo di assimilare le riflessioni svolte e farle progredire.

Nel concreto cosa si farà?

Lo spiegano le linee guida recentemente pubblicate dalla Segreteria generale del Sinodo universale. Si spingono innanzitutto le realtà locali a chiedersi come essere parte di una Chiesa sinodale e come valorizzare “la corresponsabilità differenziata nella missione di tutti i membri del popolo di Dio”. Tutte le persone che fanno parte della Chiesa, quindi, dovrebbero avere la possibilità di fare la propria parte e di sentirsi ascoltate e valorizzate.

Ogni realtà locale è invitata a compiere una nuova consultazione, selezionando alcuni interrogativi presenti nella Relazione di sintesi. Quali? Quelli rispetto ai quali ritiene di poter apportare un contributo sulla base delle proprie peculiarità e della propria esperienza.

Una Chiesa aperta a macchia di leopardo

Si ricorda poi l’importanza di mantenere vivo il dinamismo che ha caratterizzato la sessione sinodale di ottobre 2023. Quindi vengono invitate le Chiese locali a pensare alle strategie utili per muoversi in questa direzione. Si lascia molta libertà di azione e si ricorda che “ogni Chiesa locale che lo desidera potrà trasmettere alla Conferenza Episcopale o alla Struttura Gerarchica Orientale di appartenenza una breve testimonianza del lavoro svolto e delle esperienze vissute (massimo due pagine), condividendo una buona pratica che ritiene significativa per far crescere un dinamismo sinodale missionario”.

La forte autonomia data alle realtà locali può dare alla luce iniziative mirate e costruite sulle esigenze delle singole comunità, favorendo la discussione sinodale. D’altro canto il rischio è la confusione di una strada da percorrere senza riferimenti né un’intensa partecipazione. Il vento del Sinodo sulla sinodalità (e del percorso sinodale italiano, che ha tutta un’altra storia), infatti, non sempre è stato percepito nelle parrocchie, nei movimenti e nei gruppi d’Italia. Quante persone sanno che c’è un Sinodo in corso e quali sono le sue finalità? In quanti hanno seguito almeno la fase più recente, quella svoltasi a ottobre 2023? Quante parrocchie hanno organizzato dei momenti di ascolto della comunità? Questa occasione per la Chiesa ha toccato il Paese con una copertura a macchie di leopardo.

La speranza delle persone LGBTQ+ cristiane

Visto il silenzio attorno all’esperienza delle persone cristiane LGBTQ+ presente nella Relazione di sintesi, molte associazioni, enti e persone impegnate nella Chiesa con uno sguardo progressista si stanno chiedendo: Ora cosa possiamo fare perché ci sia riconoscimento per chi sta ai margini del cattolicesimo? Il rischio è che nella prossima sessione sinodale non si discuta delle persone queer cristiane e lo si faccia in modo superficiale del ruolo delle donne nella Chiesa.

Paolo Spina, membro del comitato del Progetto Adulti Cristiani LGBT e dell’associazione Tenda di Gionata, a questo proposito racconta: “Se dal Sinodo ci aspettavamo grandi riformulazioni circa le posizioni del catechismo o proclami che aprissero più fronti, potremmo solo essere delusi. In realtà non siamo delusi, ma in questo percorso in questo cammino che andrà fino a ottobre 2024 vogliamo farci animare dalla speranza. Perché è evidente che il Sinodo ha aperto un nuovo cammino, un nuovo stile nella Chiesa e questa consapevolezza ci fa capire che difficilmente si potrà tornare indietro. Si continuerà a operare con uno stile diverso, quello della sinodalità.

Cosa può fare il Sinodo nel concreto

E allora cosa fare concretamente? Noi abbiamo dalla nostra la grande certezza di essere stati ascoltati nel cammino sinodale italiano, che ha un focus d’azione maggiormente vicino a noi agendo a livello nazionale più che universale. Quello che possiamo fare concretamente e che già stiamo facendo è essere rappresentati all’interno di questo percorso sinodale italiano. Siamo rappresentati da padre Pino Piva, che ci segue spiritualmente, e da Rosario Lo Negro, che è una persona queer. Quindi questo fa sì che loro abbiano la possibilità di portare lì, davanti a vescovi, teologi, cristiani e cristiane come noi, la nostra vita nella sua concretezza.

Sarà importante continuare a lavorare in questa direzione non solo in seno al comitato sinodale, ma anche nelle nostre comunità, nelle nostre parrocchie e anche nei contesti non propriamente cristiani o cattolici: l’associazionismo sia ecclesiale sia laicale, le associazioni, tutti gli ambienti di vita che frequentiamo per i nostri studi, per il nostro lavoro, per le nostre passioni.

Dobbiamo portare avanti tutti i temi che ci sono cari: il linguaggi inclusivo, il riconoscimento autentico e non solo una pietosa accoglienza del mondo queer, in particolare, ma senza dimenticare in generale un’attenzione alle altre realtà di periferia. Non solo alla nostra”.

La perplessità delle donne cristiane sul Sinodo

Patrizia Morgante, presidente Donne per la Chiesa, aggiunge: “Come Donne per la Chiesa, quando si è chiusa la prima sessione del Sinodo sulla sinodalità, se, da una parte, abbiamo espresso il nostro apprezzamento perché un intero capitolo del documento di sintesi è stato dedicato alle donne; dall’altra non abbiamo nascosto la delusione per il tono paternalistico che continuiamo a percepire da parte di alcuni uomini di chiesa nei confronti del laicato e delle donne in particolare. Il nostro obiettivo è che arrivi il giorno in cui la questione femminile non sia più una questione da trattare in un capitolo a parte, ma ad oggi non è così.

Nella nostra associazione ci sono sentimenti di perplessità nei confronti del fatto che il cammino sinodale universale possa generare delle riforme significative per noi donne. Mi riferisco sia a riforme legate ai ministeri e al diritto canonico, sia a riforme, in chiave sinodale, atte a garantire una maggiore rappresentatività del popolo di Dio negli spazi di decisione. Con molte donne cristiane siamo diventate più consapevoli di quanto potremmo incidere e cooperare nella Chiesa: non solo chi ha fatto studi teologici o biblici, ma anche donne ‘semplicemente’ battezzate che amano la Chiesa e che vorrebbero assumere un ruolo di soggetti pro-attivi. La maggior parte delle socie di Donne per la Chiesa sono infatti: ‘semplici’ battezzate che amano la Chiesa. Purtroppo, molte di noi ancora vengono ferite e silenziate da dinamiche di abuso di potere del parroco, vescovo o uomo che ha di fatto il potere di farlo.

Nessuna novità sul diaconato femminile

La sinodalità come cammino metodologico e spirituale dovrebbe portare a creare spazi aperti dove tutte le voci siano ascoltate e tutti i temi dialogati; dove non ci siano domande o questioni che sono chiuse per sempre, ‘per fedeltà alla Tradizione’. Questo, ad esempio, è il nodo circa il diaconato femminile. Sono anni che si discute se nei primi secoli le diaconesse fossero ordinate o meno. Sembra non si vogliano considerare, d’altro canto, alcuni passi del Vangelo, come, ad esempio, la lettera ai Romani (Rm 16,1) in cui San Paolo dice molto chiaramente: ‘Vi raccomando Febe, nostra sorella, che è diacona della Chiesa di Cencre: accoglietela…’.

Oggi peraltro abbiamo una realtà sociale ed ecclesiale completamente diversa rispetto ai primi secoli del cristianesimo: cosa ci impedisce di aprire cammini nuovi e inediti per continuare a contaminare il mondo della notizia bella del Vangelo? Noi sentiamo che un distorto concetto di potere pervada ancora la nostra Chiesa: quando le donne chiedono potere di decidere, gli uomini ci ricordano che il potere è ‘servizio‘; quando lo vivono ordinariamente gli uomini, il potere è ‘capacità di prendere decisioni‘.

Serve una riforma strutturale

Esiste la necessità di una riforma strutturale, ma anche del linguaggio, della cultura e della narrazione. Ci auguriamo che il sinodo sulla sinodalità non diventi un’ennesima occasione per aprire spazi nominali e fittizi alle voci ‘divergenti’ o non allineate a un modello maschile di Chiesa accomodato su privilegi, ma auspichiamo … e continuiamo a sollecitare un dialogo più autentico e sinodale, dove le donne siano soggetti del proprio processo di partecipazione nella comunità ecclesiale. Noi siamo impegnate sulle tracce indicate dal cammino del Sinodo della Chiesa italiana, così come sulle linee guida recentemente presentate dalla segreteria generale del Sinodo per la preparazione della Seconda Sessione dell’Assemblea sinodale (ottobre 2024): non faremo mancare la nostra voce per una giustizia di genere nella nostra Chiesa.