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Ferragnez improvvisi paladini della privacy? Una guerra tra genitori

Ferragnez improvvisi paladini della privacy? E' solo una guerra tra genitori

Perchè leggere questo articolo? I Ferragnez sembrano essere ai ferri corti. Adesso non riprendono neanche più i volti dei figli sui loro profili social. La loro inversione di rotta sullo “sharenting”, però, è solamente frutto di una separazione coniugale che si gioca a colpi di diffide.

Vi dichiaro marito e moglie finchè presunta beneficenza non vi separi. Questo verrebbe da dire sulla fine del matrimonio dei Ferragnez. Pochi mesi dopo lo scandalo del Pandoro-gate, Chiara Ferragni e Fedez sembrerebbero aver messo un punto alla loro storia. E adesso, la coppia reale dei social ha iniziato a ritrarre i figli solo di spalle sui rispettivi profili.

Un’insolita inversione di rotta rispetto alla loro quotidiana pratica di sharenting, ovvero il fenomeno sempre più diffuso di esporre e pubblicare sui social i figli da parte dei genitori. I paladini del diritto di “condividere i momenti della nostra vita come qualsiasi famiglia della nostra generazione”, che per anni hanno spiattellato il proprio privato in pubblico con i bambini da sempre iper-esposti, hanno infatti improvvisamente deciso di scegliere la via della privacy. Una scelta dettata dalla separazione e dalla fine di una storia (e saga mediatica) dove la parola intimità ha sempre fatto rima con pubblicità.

Il motivo? È legale. Secondo indiscrezioni raccolte da Dagospia, Fedez avrebbe diffidato la moglie dal mostrare Leone e Vittoria sui social per tutelarli, evitando che siano strumentalizzati per fare engagment con strategie che possono premiare una parte a discapito dell’altra. La replica della Ferragni non si è fatta attendere. Pare infatti che abbia risposto con un’altra diffida per impedirgli di parlare di lei in tv. In particolare di non farlo nel corso dell’intervista che il rapper rilascerà a Belve il 27 marzo. Il caso Ferragnez, dunque, non si configurerebbe tanto come una questione di privacy nei confronti dei minori a carico, quanto invece più il frutto di guerra tra genitori. E imprenditori. True-News.it ha approfondito l’argomento insieme ad Andrea Marzorati, avvocato specializzato in diritto civile e in diritto di famiglia.

Avvocato, i Ferragnez sembrano aver cambiato rotta sullo “sharenting”. Ma la decisione di non mostrare più i volti dei figli è frutto di una diffida da parte di Fedez nei confronti della moglie, per evitare che siano strumentalizzati. Lei cosa ne pensa di questa mossa?

I “Ferragnez” sono certamente molto esposti pubblicamente. Fino a non molto tempo fa, hanno condiviso ogni istante della vita loro e dei due bambini con milioni di persone in tutto il mondo. Anche la loro crisi matrimoniale, inevitabilmente, è stata oggetto di attenzione. Elemento che può aver contribuito a far crescere la tensione, che sempre caratterizza il momento di disgregazione della coppia. Di qui, probabilmente, questa “lotta” incrociata a colpi di diffide. Proprio per questo, anche a prescindere da quello che succedeva in passato e dalle motivazioni che possono aver eventualmente spinto l’uno a diffidare l’altro, ritengo che il non pubblicare più i volti dei due bambini, già coinvolti loro malgrado nella disgregazione della loro famiglia, sia una soluzione saggia.

Ora la coppia vuole tutelare la privacy dei figli sui social, ma dopo tutta l’esposizione di questi anni è possibile tutelarli davvero?

È indubbio che, in momento di crisi coniugale, assumere decisioni comuni nell’interesse dei figli può essere complicato. Tendenzialmente, i membri della coppia (famosi o meno che siano) tendono ad assumere atteggiamenti di tipo prudenziale nel primario interesse dei minori. Ma forse anche per evitare di “scoprire il fianco” all’altra parte ed essere attaccati. Da queste accortezze deriva una forma di protezione in più per i minori. Evitando che siano al centro dell’attenzione da parte dei followers, che sembrano spaccati in due schieramenti, pro e contro Fedez, pro e contro Ferragni.

Qual è il substrato normativo a cui si fa riferimento?

Venendo al dato normativo, è vero che l’ordinamento italiano non prevede disposizioni che regolamentino in maniera specifica l’argomento, né in senso generale, né in fase di separazione, pur mantenendo al centro l’interesse primario del minore. Vi sono però le disposizioni in materia di privacy, sulla base delle quali anche una foto è un dato personale, perché si tratta di un’informazione che identifica o consente di identificare una persona fisica, sia direttamente che indirettamente. Nello specifico, l’art. 8 si occupa del trattamento informatico dei dati dei minori (immagine compresa), disponendo, per i minori di 16 anni, che il trattamento è riservato ai genitori o a chi è titolare della responsabilità genitoriale. Trattandosi di un regolamento europeo, è stato concesso agli Stati membri di indicare un limite di età diverso, purché non inferiore ai 13 anni. L’Italia ha stabilito il limite massimo ai 14 anni. Fino a quest’età la pubblicazione in rete della foto del minore è subordinata al consenso di entrambi i genitori/esercenti la responsabilità genitoriale. Se uno dei genitori/esercenti la responsabilità genitoriale dissente dalla pubblicazione dell’immagine del figlio che abbia meno di 14 anni, dunque, inibisce all’altro di condividere l’immagine. Mantenendo riservato un dato personale del bambino.

Secondo lei è una questione di privacy o è più una guerra tra genitori (e imprenditori)?

I due bambini che per anni hanno affollato storie e post dei due influencer, da qualche giorno compaiono sul profilo della mamma solo di spalle. Una pratica comune in caso di genitori separati o in via di separazione: pubblicare una foto dei figli, infatti, è una decisione che va presa di comune accordo da entrambi i genitori. Secondo altre fonti, però, la decisione di cominciare a tutelare i figli sarebbe stata presa pacificamente da Chiara e Federico.

Cosa emerge sul fronte della tutela dei figli?

Come detto, in una situazione di crisi e tensione, è sempre buona regola evitare ai minori un ulteriore elemento di potenziale disagio, dato dalla condivisione di informazioni che li riguardino. Visto che devono già “fare i conti” con la sofferenza che deriva dalla fine del matrimonio tra i loro genitori. Nell’ottica della salvaguardia del minore, dunque, poco importano le motivazioni che spingono l’uno o l’altro genitore ad assumere determinate decisioni.

Quali sono le regole di riferimento sul tema?

Non esiste una regola di massima a riguardo, anche se la questione è sempre più diffusa. Quando un minore viene coinvolto in una questione giudiziale, a qualsiasi livello, il principio che deve guidare tutte le parti coinvolte è il Principio del migliore interesse del minore. Quanto sopra vale sempre, ma a maggior ragione se il clima familiare è inserito in un contesto di massima esposizione mediatica. Non di rado, soprattutto nelle separazioni consensuali mi è capitato di vedere i genitori accordarsi su clausole di questo tipo, proprio perché si tratta di un profilo su cui i genitori dimostrano molta più sensibilità ed attenzione rispetto al passato.

Riguardo alla separazione dei Ferragnez, cosa potrebbe accadere in merito al mantenimento dei figli dato che Fedez ha dichiarato che tutto ciò che possiede è di proprietà delle sue società?

Sono certo che Fedez dovrà versare un contributo al mantenimento mensile per i figli, oltre a una percentuale per le spese straordinarie. Se anche a livello patrimoniale le società fossero proprietarie degli immobili, questo sarebbe ininfluente in quanto, a livello reddituale, Fedez ha entrate economiche molto elevate. Il reddito da lavoro gli consentirà di pagare un congruo contributo al mantenimento dei figli. I genitori hanno l’obbligo di mantenere la prole, per il solo fatto di averla generata e a prescindere dal rapporto che intercorre tra loro. Dunque anche in fase di separazione.

Si tratta di un obbligo vincolante?

Il contribuito, a prescindere dall’entità, concordata dalle parti o stabilita dal Giudice, è ineludibile: nessuno dei genitori può essere esonerato da tale obbligo. Tanto è vero che l’attribuzione dell’assegno avviene anche se la parte non ne fa esplicita istanza al giudice, che può adottare, anche d’ufficio, i provvedimenti a tutela degli interessi materiali e morali della prole, compresa l’attribuzione del contributo al mantenimento. Questo in quanto la finalità del mantenimento consiste nell’assicurare una tutela al minore. L’art. 337 ter c.c. prevede che, salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provveda al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito.

Come si stabilisce la proporzionalità?

Il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità. Da determinare considerando i seguenti parametri: le attuali esigenze del figlio e il suo tenore di vita goduto in costanza di convivenza con entrambi i genitori. Si deve valutare anche la complessiva situazione patrimoniale dei genitori. Indagandone i redditi lavorativi e ogni altra forma di reddito, come investimenti, polizze, immobili in locazione, partecipazioni societarie. Considerando anche la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore. Si tratta di tutte le attività consistenti nella cura della casa, nel tempo speso per accompagnare i figli a scuola, alle lezioni di sport, ad esempio, di pallavolo, all’aiuto prestato al bambino nei compiti scolastici e così via. L’assegno è automaticamente adeguato agli indici ISTAT in difetto di altro parametro indicato dalle parti o dal giudice.

Il fenomeno dello sharenting è sempre più diffuso. Ma quanto è etico per un genitore pubblicare le foto dei figli online, ricavandone guadagni ma esponendoli ad eventuali rischi?

Le questioni sono dibattute in Italia e in buona parte del mondo più o meno da quando i social network hanno cominciato a diffondersi in modo così capillare, almeno da una decina di anni fa. Al di là dello specifico aspetto della tutela del diritto all’immagine, il genitore dovrà certamente considerare anche i pericoli che la pubblicazione in rete di fotografie di un minore può comportare.

A cosa si riferisce?

Mi riferisco alle manipolazioni illecite di immagini di bambini con finalità pedo-pornografiche. O la condivisione in contesti assolutamente non consoni e ai furti di identità digitale. Ora con i programmi di intelligenza artificiale sempre più evoluti il rischio è notevolmente aumentato in quanto da delle foto si riescono a creare dei filmati fake. Dunque, il primo rischio associato alla divulgazione delle foto dei figli minori è quello di violarne nell’immediato la privacy, diritto sancito dalla Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia e dal GDPR. Perdendo il controllo sulle informazioni che le immagini condivise contengono: non solo l’aspetto del bambino, ma anche per esempio il luogo in cui si trovava in un determinato giorno. Vi possono essere anche ripercussioni di carattere psicologico.

Quali?

Sin da piccoli, potrebbero essere influenzati dalla ricerca del consenso degli altri, dei “like” ossia “mi piace”. Elemento che si intreccia, secondo il parere degli esperti, con la formazione della personalità e dell’immagine pubblica. Un altro problema potrebbe manifestarsi più avanti nel tempo, quando i bambini ritratti diventeranno adulti. La condivisione di questi dati crea un’identità digitale a cui il bambino non contribuisce, ma che può avere effetti impattanti sulla sua vita, se, per esempio, il futuro datore di lavoro dovesse cercare online informazioni sulla persona che vorrebbe assumere.

In Italia non esiste una legge che regoli lo sharenting. In generale, come fare dunque a difendere i minori esposti?

Va detto che, negli anni, la sensibilità rispetto ai rischi della condivisione si è molto diffusa. E’ diventato abbastanza comune vedere sui social, foto di bambini ritoccate grossolanamente con emoji o bollini colorati o effetti pixellati in corrispondenza dei volti. È effettivamente quanto consiglia il Garante privacy, qualora il genitore voglia pubblicare la foto del figlio. Vero che il risultato può apparire un po’ goffo, ma, allo stato, rendere irriconoscibile il viso del minore risulta essere la raccomandazione più diffusa. Le linee guida istituzionali e gli esperti che si occupano del tema insistono soprattutto sull’importanza di rendere i genitori consapevoli dei possibili rischi a cui vanno incontro.