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La Spagna guida il semestre europeo zoppo “all’italiana”

La Spagna guida il semestre europeo zoppo "all'italiana"

Perché questo articolo potrebbe interessarti? Il 2 luglio Pedro Sanchez, in qualità di primo ministro spagnolo, ha preso le redini del semestre europeo affidato a Madrid. Ma la sua azione politica potrebbe rivelarsi monca: il suo è un governo dimissionario, il 23 luglio il Paese andrà al voto e si prevedono mesi di intense trattative per la formazione di un nuovo esecutivo. Il rischio è quello di uno stallo politico che potrebbe riguardare l’intera Europa. 

Quando Pedro Sanchez ha annunciato nuove elezioni per luglio, in Spagna e nel resto d’Europa le perplessità non sono state legate soltanto alla scelta di chiamare alle urne i cittadini nel pieno della stagione più torrida. Ciò che più colpisce riguarda il fatto che il voto spagnolo cade proprio nel bel mezzo del semestre di presidenza dell’Ue da parte di Madrid. Sanchez il 2 luglio scorso ha preso il testimone dal premier svedese e il prossimo 23 luglio affronterà una delle elezioni più difficili, sia per il suo futuro politico che per il suo Psoe. La presidenza di turno dell’Ue quindi rischia di essere la più “monca” della storia recente delle istituzioni comunitarie.

I precedenti

La Spagna non è certo il primo Paese a subire una crisi di governo nel bel mezzo della propria presidenza di turno. C’è un caso molto recente che riguarda la Finlandia: nel secondo semestre del 2019, con la guida dell’Ue affidata ad Helsinki, il governo di Antti Rinne si è rivisto ritirare l’appoggio dal parlamento con il premier costretto alle dimissioni. Il suo posto, sia come capo dell’esecutivo finlandese che come presidente di turno dell’Ue, è stato preso da Sanna Marin. Tuttavia il passaggio di testimone è avvenuto nel mese di dicembre, a pochi giorni dalla scadenza del semestre.

Dieci anni prima, una situazione simile è accaduta durante il semestre guidato dalla Repubblica Ceca, con le dimissioni dell’allora premier Topolanek e l’arrivo in sella a Praga e Bruxelles di Jan Fisher. Due precedenti con tuttavia alcune differenze rispetto al caso spagnolo. Nel 2009 e nel 2019 si è trattato infatti della caduta di due governi in carica al momento della presa in carico della presidenza di turno Ue. Sanchez invece è un premier dimissionario che dovrà gestire gli affari comunitari durante una campagna elettorale.

Per arrivare a un precedente simile, occorre guardare dentro la politica di casa nostra. Nel 1996 l’Italia ha assunto la presidenza di turno durante il primo semestre. Presidente del consiglio in carica era Lamberto Dini, il quale però si trovava in una posizione politicamente precaria. Il 30 dicembre 1995 Dini aveva già rassegnato una prima volta le dimissioni, respinte dal presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. Ma non vedendo margini per mandare avanti la propria azione di governo, le dimissioni sono comunque arrivate l’11 gennaio successivo. Dieci giorni dopo cioè l’inizio del semestre di presidenza. L’Italia ha così guidato l’Ue con un esecutivo dimissionario e con una campagna elettorale terminata con le elezioni del 21 aprile. Romano Prodi, uscito vincitore dalle urne, ha potuto tenere la presidenza di turno nel pieno dei suoi poteri soltanto per poche settimane.

La presidenza affidata a un governo non più in carica

Una Spagna “italianizzata” quindi guiderà l’Ue per i prossimi sei mesi. Una circostanza non certo positiva per le istituzioni comunitarie. Presiedere il consiglio dell’Ue non rappresenta solo una mera formalità. Al contrario, l’organo viene spesso indicato come la “Camera Alta” dell’europarlamento. Detiene infatti (insieme ai deputati di Strasburgo) la funzione legislativa, ha un ruolo importante nell’approvazione del bilancio e svolge, tra le altre cose, una funzione di coordinamento tra i vari governi dei 27.

Si tratta di compiti e funzioni che richiedono, in poche parole, un’importante autorevolezza e legittimazione politica. Specialmente in una fase come quella attuale, contrassegnata da delicati dossier internazionali. Anche perché è proprio il consiglio dell’Ue a definire la politica estera e di sicurezza europea.

Lo spettro di un semestre monco potrebbe rappresentare un problema anche per l’Italia. Il nostro Paese preme per una riforma del sistema di accoglienza e di asilo, nell’ultimo consiglio presieduto dalla Svezia si è andati molto vicini a un accordo sfumato però per l’opposizione di Polonia e Ungheria. Difficilmente, con un consiglio trainato da un governo dimissionario e impegnato in una delicata campagna elettorale, si vedranno novità in tal senso almeno fino alla fine dell’anno. L’impressione è che nei prossimi sei mesi molte questioni importanti potrebbero essere congelate, in attesa del primo semestre del 2024 quando a prendere le redini sarà il premier belga.

I rischi di uno stallo politico prolungato

A Madrid, è il commento di molti analisti locali, forse non si poteva fare diversamente riguardo la convocazione di nuove elezioni. La maggioranza parlamentare oramai non reggeva più e Sanchez non ha potuto fare altro che ridare la parola all’elettorato. Nella speranza magari che nella seconda fase del semestre la Spagna potesse esprimere un governo pienamente in carica.

Una speranza però al momento molto lontana dalla realtà. La storia recente presenta il Paese iberico come uno dei politicamente meno stabili dell’Ue. Sono lontani i tempo dell’alternanza quasi puntuale tra popolari e socialisti. Oggi chi governa deve cercare una coalizione e gli esecutivi sono più esposti alle intemperie parlamentari. Dal 2011 in poi il ricorso a elezioni anticipate ha rappresentato la normalità. Nel 2019 la Spagna è andata al voto due volte nel giro di pochi mesi e la formazione di nuovi governi dopo le elezioni ha richiesto intere settimane di consultazioni.

I sondaggi indicano come dopo il 23 luglio potrebbe accadere la stessa cosa. Il Partito Popolare è accreditato del 31%, quello socialista di Sanchez del 29%. Sommando i voti dei due partiti principali con quelli dei partiti alleati, nessuno al momento avrebbe i numeri per formare una maggioranza. A meno di difficili e delicati accordi con piccoli partiti regionali. La Spagna potrebbe avere un nuovo governo forse a semestre abbondantemente iniziato.