Home Politics Pd-M5S, l’alleanza non va: otto sconfitte su nove con la Basilicata

Pd-M5S, l’alleanza non va: otto sconfitte su nove con la Basilicata

Europee Conte Schlein Pd M5S Regionali sei sette otto

Perché leggere questo articolo? Il Pd e il Movimento alleati hanno perso sei volte su sei alle Regionali fino alla vittoria di Alessandra Todde in Sardegna. ma D’Amico in Abruzzo e Marrese in Basilicata non ha replicato. 

Piero Marrese in Basilicata dopo Luciano D’Amico in Abruzzo: la maledizione del campo largo alle regionali, interrotta solo dall’exploit di Alessandra Todde in Sardegna, continua.

In Abruzzo l’asse Pd-M5S aveva perso anche nella sua versione più estesa, dagli ecologisti ai libdem. Il campo largo giallorosso ha perso anche in Basilicata, dove Azione e Italia Viva stavano col centrodestra allargato. Uno su nove il computo, assai sfavorevole, dell’asse PD-M5S alle Regionali contro il centrodestra dopo la sconfitta di Piero Marrese contro Vito Bardi.

L’ultimo precedente: D’Amico in Abruzzo

La sconfitta di Marrese segue quella di D’Amico in Abruzzo. Alessandra Todde ha rotto il “sortilegio” dell’asse Pd-M5S alle Regionali a febbraio. Per la prima volta, il successo dell’esponente pentastellata ha portato alla vittoria del “campo largo” progressista a un voto locale contro il centrodestra. Sconfiggendo Paolo Truzzu, l’esponente pentastellata ha assestato il primo, sonoro schiaffo al governo di Giorgia Meloni.

In Abruzzo Luciano D’Amico, ex rettore dell’Università di Teramo, sperava nell’effetto-Todde per sconfiggere Marsilio. Non premiato dall’affluenza e sfavorito dall’assenza del voto disgiunto decisivo in Sardegna, ha perso con il 46,5% contro il 53,5% di Marsilio in un testa a testa che lo ha portato a rimontare rispetto alle aspettative, ma non abbastanza. E per il campo largo giallorosso è tornato un insuccesso. Un dato in cui, lo ricordiamo, è Todde a rappresentare l’eccezione e non la regola.

Umbria e Liguria hanno inaugurato la serie

Dal 2019 al 2023, in quattro anni sono arrivate infatti sei sconfitte per l’alleanza Pd-M5S rodata per la prima volta col governo Conte II. Nell’autunno 2019, a governo giallorosso appena nato, Conte, Nicola Zingaretti, Luigi Di Maio e Roberto Speranza si presentarono alla corte del candidato civico Vincenzo Bianconi, per tenere a battesimo l’asse giallorosso.

Ma il già presidente di Federalberghi perse nettamente. La leghista Donatella Tesei rifilò 20 punti percentuali di distacco al candidato giallorosso: 57,55% contro il 37,48% dello sfidante.

Non migliore sorte ricevette l’anno successivo il nuovo “campo largo” testato in Liguria. Il presidente di Regione uscente Giovanni Toti si conquistò la rielezione alla guida del centrodestra. Ferruccio Sansa, ex giornalista de Il Fatto Quotidiano, finì sconfitto con più di diciassette punti di distacco. 38,90% per il centrosinistra, 56,13% per Toti.

In Liguria e Umbria il Pd prese in entrambi i casi il 20%, a Genova alleato alla civica Sansa Presidente, e finì secondo partito dietro, rispettivamente Cambiamo e la Lega. Poco superiore al 7,5% il consenso pentastellato in entrambi i casi.

Dalla Calabria alla fine dell’asse Pd-M5S

In Calabria, nel 2021, Amalia Bruni rischiò addirittura il doppiaggio ad opera del candidato di Forza Italia Roberto Occhiuto. 54,46 per il centrodestra, 27,68 per il centrosinistra in una sfida in cui il gap tra i due partiti giallorossi, allora annacquati nell’area Draghi, si ridusse a sette punti: 13,18% per il Pd, 6,48% per i pentastellati.

Il 2022 è stato segnato dal distacco dell’alleanza giallorossa. Il Movimento Cinque Stelle si è posto in posizione sempre più polemica verso il governo Draghi e Conte ha iniziato a sfidare Enrico Letta e il Pd su tre temi forti: pacifismo, ambientalismo, welfare. Questo ha permesso al Movimento un recupero nei sondaggi poi trascinatosi dopo le elezioni politiche nel sorpasso non materializzatosi alle urne sui dem.

Majorino a febbraio 2023 ha fatto poker

La sconfitta di Pierfrancesco Majorinoin Lombardia  e il “quattro su quattro” delle sconfitte alle Regionali a febbraio sono parse essere il de profundiis sull’esperimento dell’alleanza progressista. La cui unica esperienza vittoriosa in voti di valenza nazionale è stata quella della corsa al comune di Napoli nel 2021, che ha portato all’elezione dell’ex Ministro dell’Università Gaetano Manfredi alla carica di sindaco.

Il Pd è risultato più forte nei voti locali, il Movimento tiene a livello nazionale ma lo fa, soprattutto, in antitesi e non in complementarietà ai dem. I quali sono sconfitti in tutte le loro formazioni: quattro su quattro con i Cinque Stelle e due su due (il Lazio dopo le Marche) in alleanza con Carlo Calenda e Azione.

Moretuzzo, il quinto dell’asse Pd-M5S

Massimo Moretuzzo ha provato poche settimane dopo la sconfitta in Lombardia a invertire la rotta. Impresa difficilissima contro un Massimiliano Fedriga in grande spolvero in Friuli Venezia Giulia. Il distacco abissale subito da Fedriga, nell’ordine di 61 a 31, mostra la fallacia della strategia giallorossa. Pd e M5S assieme in Friuli hanno preso meno del 37% complessivo del 2018. Anche nell’era di Schlein, il trend del nuovo “campo giallorosso” si conferma in profondo deficit di consensi.

Gravina in Molise: la sesta sconfitta

Si arriva infine al voto molisano del 25 giugno scorso: Roberto Gravina, sindaco di Campobasso del Movimento Cinque Stelle, ha avuto lo sfortunato primato di essere il primo pentastellato sostenuto anche dal Pd a essere sconfitto dal centrodestra.

Gravina in Molise ha perso contro il candidato del centrodestra, Francesco Roberti, il campo giallorosso ha confermato la maledizione delle Regionali.  Nel derby dei sindaci ha prevalso Roberti, che ha goduto dell’effetto-traino del ricordo di Silvio Berlusconi. Si è trattato del sesto insuccesso interrotto dal trionfo di Todde. Prima che Marsilio riportasse sul 7-1 il punteggio per il centrodestra e Bardi segnasse l’ottavo punto per il campo conservatore.