Home Politics Rivolte a San Siro? “Il problema è il centro, non le periferie”

Rivolte a San Siro? “Il problema è il centro, non le periferie”

Rivolte a San Siro? “Il problema è il centro, non le periferie”

di Matteo Prencipe, segretario milanese Rifondazione Comunista-Sinistra Europea

Per interessarsi di “perif”, come nello slang la cantano i giovanissimi rapper cresciuti nei casermoni di P.zza Selinunte, c’è voluta nei giorni scorsi una scaramuccia e bagarre con la polizia accorsa per assembramento. A seguire le lamentele “ordine, disciplina e sgomberi” del magico quanto inesistente Presidente del Municipio 7 Marco Bestetti di Forza Italia, probabilmente in ansia da campagna elettorale. Subito dopo blitz di polizia nelle case popolari alla ricerca di reati, ma soprattutto ad avvisare i ragazzi che così non si fa. Colti alla sprovvista, escono dal letargo pure gli esponenti del centro sinistra, troppo impegnati in questi anni di governo Sala ad abbellire le roccaforti ZTL e i nuovi quartieri a 10.000 euro al mq. In ultimo, i commentatori “mainstream” a raccontare lo “storytelling” dell’integrazione, del dialogo e accoglienza, ma silenti come sepolcri imbiancati in quanto alle politiche urbanistiche “tattiche” del Maran-PD pensiero, che hanno isolato le tante P.zze Selinunte della città.

La politica milanese che conta e governa, sia amministrativamente che nel consociativismo accettato e praticato “dell’urbanistica tattica”, nei fatti è semplicemente disarmata e gli “storytelling” nell’epoca della pandemia arrancano miseramente. Il Modello Milano semplicemente sé mostrato per quello che è, cioè un’invenzione di marketing manageriale con deboli basi sociali e nessun pensiero politico. Difficile solo comprendere per costoro, una giornata di ordinaria tensione di “perif” di ragazzi cresciuti troppo in fretta, che sognano P.zza Gae Aulenti e tifano chi tra loro col rap un po’ ce l’ha fatta. Neanche possono immaginare, il degrado di case Aler lasciate lì a marcire. La cicatrice indelebile dell’abbandono scolastico che dilaga, la DaD da incubo in 50 mq, l’inevitabilità di vivere in strada perché in casa non ci si sta, con zero (zero!) prospettive di crescita sociale e poi la malavita pericolosamente vicina che soffia sul collo della esasperazione. No, neanche possono immaginare, il coacervo di etnie messe a convivere nel degrado, l’abbandono delle case degli italiani, l’aver venduto negli anni appartamenti popolari a prezzi stracciati, messo i condomini contro gli affittuari, che poi rivendono furiosi come in un suk. No, non ci riesce l’amministrazione Aler e neanche l’amministrazione comunale di Sala, che si è perso per strada tra bandi al terzo settore e MM, ogni competenza propria di conoscenza e intervento.

“Periferie? Il problema è il centro città”

Ci sono ragioni politiche profonde di questo fallimento. Franca Caffa, storica esponente del comitato “Molise-Calvairate” che di periferie se ne intende, dice da sempre che non c’è un problema “periferie”, ma un problema “centro” produttore di periferie. La Caffa giustamente rovescia il ragionamento e disvela con due parole, l’imbroglio delle narrazioni sin qui seguite. Questo è successo nella lunga stagione di venti anni di governo della destra milanese, che aizzava poi coscientemente e pianificava la guerra e la rabbia nelle case popolari prima contro i meridionali e poi gli ultimi arrivati. Questo è successo anche con il centro sinistra, che infatti si è dimenticato che la legge 167 di edilizia popolare non è mai stata abrogata, che avrebbe ben potuto avviare una stagione di recupero delle tante aree dismesse da uffici, acquisendole e costruendo nuove case popolari. Guarda caso è ciò che fa l’amministrazione della sindaca Hidalgo a Parigi. Sì, l’amministrazione rosso-verde parigina che piace tanto al sindaco Sala, ma che smemorato com’è scopiazza malamente solo “la città a 15 minuti” perché fa figo e non impegna, mentre dire che si riprende a fare case popolari impegna eccome. Meglio certo, “il centro” produttore di periferie.

La realtà è che esistono responsabilità gigantesche nell’establishment milanese, che notoriamente non fa differenze tra destra e sinistra perché contano i dane’. Concentrati solo sui soldi facili della finanza e della speculazione edilizia consentita, in nome delle “sviluppo europeo” post Expo. Come definire se non speculazione, quando si prendono diritti volumetrici a basso prezzo e di favore, ci si avvantaggia dei servizi e trasporti investiti dal pubblico e poi si realizza a 10.000 al mq? Certo, qualcuno politicamente dalle parti di Palazzo Marino, ha consentito e avvallato tutto ciò e con esso lo stato attuale delle cose, dove il 10% di cittadini si sono arricchiti e il 90% impoveriti.

Come uscire dalla logica denunciata dalla Caffa, del “centro” produttore di periferie? E poi, come uscire anche dalla grave crisi economica della città? Davvero, si pensa di ripercorrere i benefici effimeri per pochi a scapito dei molti della città? Ci fu un tempo, in cui leadership borghesi illuminate, sindacati e politica amministrativa, fecero grande questa città rendendola industriale e capitale del lavoro. Era il tempo, in cui investire in case popolari per gli operai era considerato non solo necessario ma giusto, perché anche il più stupido dei politici capiva che il binomio diritto al lavoro e diritto alla casa, rendeva sicura e solida la città. Il nuovo mondo delle interconnessione e della tecnologia e della riconversione ambientale che avremo di fronte, può essere un’opportunità per costruire nuovi settori industriali ad alta tecnologia, rispettosa dell’ambiente, ricreare lavoro stabile e non precario e ridare con esso nuova dignità e case alla gente che lavora. Diversamente, i sermoni sui giornali o le alzate di sopracciglio, per quanto avviene nelle periferie non serviranno ad arginare la tempesta in arrivo.