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Sardegna: la prima volta del voto disgiunto, decisivo tra Todde e Truzzu

SARDEGNA VOTO DISGIUNTO

In Sardegna il voto disgiunto è stato per la prima volta decisivo nell’orientare l’esito di una consultazione regionale, pesando a favore dell’asse Pd-M5S nella contesa tra Alessandra Todde e Paolo Truzzu. I precedenti del voto regionale del 2019 parlavano chiaro: il centrodestra doveva difendere un margine negativo tra i voti presi dal candidato presidente, decisivi per assegnare la vittoria, e quelli di lista.

Sardegna, anatomia del voto disgiunto

Christian Solinas aveva vinto col 47,78% dei voti al candidato e il 51,87% dei voti di lista. Quel differenziale si è sostanzialmente riproposto. Todde vince col 45,3% dei voti alla candidata (330mila consensi) pur avendo preso 40mila suffragi in meno (42,6%) nei voti di lista. Un +2,7% che le permette di sorpassare Truzzu. Il quale scende dal 48,8% dei voti di lista al fatale 45% del voto al candidato. Motivo per cui si può dire, senza problemi, che la bocciatura è principalmente del nome scelto per guidare l’isola, il poco popolare sindaco di Cagliari. E dunque di Giorgia Meloni che lo ha imposto al centrodestra.

Raccontano i retroscena che nella nottata di ieri una Meloni furibonda abbia attaccato la Lega per la presenza di molti voti disgiunti tra le preferenze di lista al Carroccio e quelle al candidato presidente. L’analisi dei flussi e dei differenziali è chiara. Truzzu segna -3,8% nella differenza tra voti al presidente e voti alle liste; Todde, come detto, è al +2,7%. Ma beneficiano di flussi positivi anche i due candidati più staccati. Renato Soru, terzo, passa dall’8% delle sue liste al suo 8,7% personale. Ma anche la civica Lucia Chessa, docente in una scuola del nuorese, passa dallo 0,6% al suo, personale, 1%. Sarebbe bastato questo differenziale, qualora fosse rientrato, a spostare voti decisivi a favore di Truzzu.

Il nodo sardista

Ironia della sorte, Truzzu riceve una quota di voti disgiunti inferiori rispetto agli oltre quattro punti di Solinas. Ma questo non basta a invertire la rotta. Le “accuse” principali di Meloni sono alla Lega di Matteo Salvini ma in fin dei conti quel che potrebbe essere successo non è altro che una replica di quanto accaduto, quattro anni fa, con l’uscita dal centrodestra di molti voti del campo sardista.

Come scrivevamo su queste colonne, da tenere d’occhio in particolar modo il Partito Sardo d’Azione, di cui Solinas è espressione, sceso dal 9,86% nel 2019 al 5,4% odierno e ancora organico a un centrodestra a cui è stato, a lungo, esterno. Nel voto dei sardisti si può, come notavamo, “sommare una quota di elettori non ideologicamente di destra orientati a dare una preferenza al partito pur tenendosi la mano libera sulla scelta del candidato presidente non è da escludere”.

Il campo progressista, a cui si è aggiunto il Movimento Cinque Stelle di cui la Todde fa partesperava in combinazioni del genere. E dunque per la prima volta il meccanismo del voto disgiunto, considerato altrove un marchingegno da “malati di politica”, è stato decisivo. Un’altra constatazione dell’unicità politica della Sardegna, che fa storia a sé.