Home Politics LGBT e caso Orlandi, se Bergoglio non porge l’altra guancia

LGBT e caso Orlandi, se Bergoglio non porge l’altra guancia

LGBT e caso Orlandi, se Bergoglio non porge l'altra guancia

Perché questo articolo ti dovrebbe interessare? Sempre più frequenti, le dichiarazioni forti di papa Francesco animano i media. Dalle risposte a Pietro Orlandi, il fratello della giovane scomparsa nel 1983, alla partecipazione al documentario Amén, Bergoglio sembra lasciarsi andare a parole eclatanti, consapevole del suo stato di salute (e quindi del suo pontificato) precario. Ne abbiamo parlato con il vaticanista Marco Grieco.

“Una cretinata che hanno fatto”. Bergoglio, a bordo dell’aereo papale per il suo viaggio in Ungheria, non ha usato mezzi termini . Il Pontefice ha espresso tutto il suo disappunto per le accuse che sono state mosse nei giorni scorsi a Papa Giovanni Paolo II, nell’ambito delle dichiarazioni rilasciate da Pietro Orlandi in occasione della riapertura delle indagini per la scomparsa della sorella, Emanuela OrlandiDopo la riapertura del caso, le indagini e l’attenzione mediatica si sono accentuate. Recenti sono le dichiarazioni del fratello Pietro sul coinvolgimento di papa Giovanni Paolo II, suggerendo addirittura delle “notti brave” di Wojtyla a Roma. L’attuale pontefice ha commentato durante l’angelus del 16 aprile definendo queste accuse “illazioni offensive e infondate” e ripristinando quindi l’equilibrio con la parte più conservatrice del Vaticano.

Amén. Il documentario sul Papa

Dal 5 aprile è invece disponibile su Disney+ il documentario “Amén. Francisco responde” in cui il papa risponde ad alcune domande di ragazze e ragazzi tra i venti e i venticinque anni provenienti da Spagna, Senegal, Argentina, Stati Uniti, Perù e Colombia. Il tutto con la regia di Jordi Évole e Màrius Sánchez. Oltre al contenuto del documentario, è molto interessante notare quali dei tanti argomenti toccati sono stati riportati dalla stampa e sui social.

Si parla di flussi migratori e denaro, ma i temi che hanno scaldato l’opinione pubblica sono essenzialmente tre: sesso, comunità LGBTQ+ e donne nella Chiesa. Si specifica che “Ogni persona è figlia di Dio. Dio non rifiuta nessuno, è padre. E io non ho diritto a cacciare nessuno dalla Chiesa. Non solo, il mio dovere è di accogliere sempre. La Chiesa non può chiudere la porta a nessuno. […] Queste persone [che usano la Bibbia per escludere le persone LGBTQ+] sono infiltrati che approfittano della Chiesa per le loro passioni personali, per la loro ristrettezza personale. È una delle corruzioni della Chiesa”.

Più tiepide le posizioni in merito alle donne nella Chiesa. Alla domanda “Cosa impedisce che ci sia una donna nella sua posizione?” Bergoglio risponde: “Qui c’è un problema teologico, di costituzione teologica. Ci sono due correnti costitutive all’interno della chiesa. Due princìpi. Quindi, nel ministero ci sono gli uomini. Sul versante materno, che è molto più importante, ci sono le donne”. Delle prese di posizioni nette e a volte conflittuali, quindi, di cui abbiamo parlato con Marco Grieco.

Alcune delle dichiarazioni recenti di papa Francesco sono molto accese. Si è esposto notevolmente e con canali comunicativi insoliti per un papa. Che ritratto di Bergoglio emerge da questa esposizione anche netta su temi caldi?

Da dieci anni siamo abituati a una comunicazione insolita per un papa. I social da una parte, il carattere estroverso di Bergoglio dall’altra, hanno contribuito a una narrazione molto personale, fatta di backstage. Ma, come dice la parola, anche se “back” resta lo “stage”. Ne consegue uno storytelling studiato, dove la spontaneità è spesso contenuta dentro una strategia comunicativa ben precisa. Non è un caso che il papa parli di sé e conceda interviste a ridosso delle due principali feste cattoliche, Natale e Pasqua, dove i temi sono spesso poco istituzionali (dal ricordo dei cappelletti della nonna al tango). 

Qual è la recente strategia del papa?

Da osservatore della strategia comunicativa del papa in questi anni, è un fenomeno anomalo. Papa Francesco è stato il pontefice che ha creato un Dicastero per la comunicazione ad hoc, salvo poi non attenersi alla linea programmatica, ufficiale della Santa Sede. È ormai noto il malessere di svariati dipendenti vaticani della comunicazione. Ne emerge la figura di un papa sicuramente evocativo dal punto di vista mediatico, come dimostrano i sondaggi sulla sua intaccata popolarità. 

Ma basta una buona comunicazione a fare un papa? O meglio, è opportuno per un papa essere un’icona se il suo compito è quello di essere un leader religioso?

A questa domanda segue una risposta incerta. Su temi come il caso Orlandi o più prettamente dottrinali come l’accoglienza verso la comunità LGBT+, papa Francesco ha preso una posizione nuova, per certi versi ardita. Ma al suo passo non ha fatto seguito quello della chiesa istituzionale. Viene, quindi, il dubbio – e lo dico con estrema franchezza – che esprimere un’opinione quando la realtà non l’ha assimilata sia poco fruttuoso per un dialogo serio, e anche rischioso in termini di fede e dottrina.