Home Politics In Italia c’è chi continua a voler “curare” le persone gay. E non c’è una legge che li fermi

In Italia c’è chi continua a voler “curare” le persone gay. E non c’è una legge che li fermi

In Italia c’è chi continua a voler “curare” le persone gay. E non c’è una legge che li fermi

Perché questo articolo potrebbe interessarti? Il Senato messicano ha proibito le terapie di conversione. È stato infatti approvato il divieto degli ECOSIG (Esfuerzos para Corregir la Orientación Sexual y la Identidad de Género). Qual è invece la situazione italiana?

Cosa sono le terapie di conversione?

Con “terapie di conversione” o “terapie riparative” ci si riferisce a delle pratiche, prive di fondamento scientifico, volte a cambiare l’orientamento sessuale di una persona per portarla all’eterosessualità. Spesso questi percorsi comprendono un risvolto religioso legato al cristianesimo (sia cattolico che protestante) e si inseriscono nel movimento ex gay. Tutte quelle persone che – utilizzando le loro parole – non si riconoscono più come omosessuali. L’idea di fondo è che l’appartenenza alla comunità LGBTQ+ sia contro natura e peccaminosa, una patologia da cui è possibile guarire. Di conseguenza si propone un lungo percorso di espiazione per abbandonare dei comportamenti visti come scorretti. Secondo la UCLA, solo negli USA 700 mila persone sono state sottoposte a questo tipo di terapie nel corso degli ultimi cinquant’anni.

Spesso si ricorre a trattamenti che dovrebbero generare repulsione verso il proprio orientamento sessuale tramite l’impiego di scosse elettriche o medicinali per indurre la nausea. È diffuso anche l’uso di ansiolitici, antipsicotici e antidepressivi, spesso secondo la falsa idea che l’appartenenza alla comunità LGBTQ+ sia legata a dei disturbi mentali.

In altri casi si opta per il confino forzato anche semplicemente all’interno delle mura domestiche. Si praticano inoltre la violenza correttiva, l’esorcismo e dei rituali religiosi con lo scopo di purificare da ciò che viene visto come una deviazione dalla norma, giungendo ad attuare anche un abuso spirituale. Queste pratiche possono essere molto violente e spesso chi le perpetra si definisce terapista o psicologa/o, pur senza esserlo realmente.

Anche l’American Psychiatric Association (APA) e l’Organizzazione Mondiale della Sanità si sono espresse sul queste tecniche, dichiarandosi fermamente contrarie. Nei Paesi del Centro e Sud America di lingua spagnola si preferisce la sigla ECOSIG (Esfuerzos para Corregir la Orientación Sexual y la Identidad de Género), che in italiano sta per “Sforzi per correggere l’orientamento sessuale e l’identità di genere”. Così facendo si sottrae a queste pratiche il termine “terapia” e le si priva del tutto di valore scientifico.

E in Italia?

Nel mondo le terapie di conversione continuano a essere praticate in molti Stati, nonostante siano prive di fondamento scientifico e fortemente criticate dalle organizzazioni che si occupano di salute mentale. Sono vietate, su tutto il territorio nazionale, solo in Brasile, Taiwan, Malta e Germania. A ciò si aggiungono delle restrizioni locali come in 20 degli Stati federali USA, Canada, Spagna e Australia.

In Italia non esiste una specifica normativa in merito. Nel 2016 è stato presentato un disegno di legge dal senatore Sergio Lo Giudice per affrontare la questione, ma non è mai stato discusso. Le terapie di conversione sono contrarie ai principi deontologici e alle linee guida dell’Ordine degli psicologi e delle psicologhe, ma ci sono casi in cui vengono comunque praticate. Chi lavora nel campo psicologico non può quindi metterle in atto, in accordo con il codice deontologico e delle specifiche linee guida pubblicate nel 2010. Chi invece non è né psicologa né psicologo non ha vincoli legali specifici.

Spesso infatti le terapie di conversione vengono organizzate all’interno di percorsi o situazioni non ben strutturate, che non rivendicano in modo esplicito queste pratiche. In tale modo diventa più difficile, sia da parte del singolo individuo sia delle istituzioni, riconoscerle e vietarle. Manca una vera mappatura di queste realtà, che restano per lo più isolate e sconosciute.

Alcuni casi noti

Anche in Italia è presente un movimento “ex LGBTQ” che ha tra i massimi esponenti Nausica Della Valle. Ha raccontato più volte in diretta televisiva di aver abbandonato l’omosessualità grazie alla fede cristiana e in più occasioni coordina degli eventi in cui ex gay ed ex lesbiche si raccontano. Seppur non vengono citate in modo evidente le terapie di conversione, la pressione spirituale sulle persone LGBTQ+ cristiane è alta e spesso il contesto in cui si trovano a vivere la propria identità è di stampo riparativo.

Più strutturato è il caso del Gruppo Lot, sventato nel 2015. L’associazione, sotto la guida di Luca Di Tolve – il Luca del brano musicale Luca era gay –, organizzava dei seminari per “guarire dall’omosessualità” con il coinvolgimento di un frate francescano e un padre passionista. Il leader del gruppo continua ancora oggi a proporre dei corsi per “sviluppare la nostra personalità sessuale”.

Il Senato messicano contro le terapie di conversione

È stato raggiunto un grande traguardo per la comunità LGBTQ+ messicana e di tutto il mondo che lo celebra con il grido “Nada que curar” e “No más ECOSIG” (“Nulla da curare” e “Basta terapie di conversione”).

Con il DDL approvato dal Senato del Messico è possibile modificare il Codice penale federale e la Legge sanitaria generale inserendo il capitolo “Delitti contro l’orientamento sessuale o l’identità di genere delle persone”. Una sezione specifica costruite per tutelare la comunità LGBTQ+ e stroncare le terapie di conversione, un fenomeno pervasivo e spesso difficile da identificare. Con 69  voti favorevoli, due contrari e 16 astenuti, si realizza un cambiamento importante per chi vive un’identità di genere o un orientamento sessuale non conforme. Il DDL messicano, presentato per la prima volta quattro anni fa e approvato dal Senato solo il 12 ottobre 2022, passa ora alla Camera.

Leggi il DDL italiano sulle terapie di conversione