Home Esclusiva True Il 25 aprile “controvento” di Salvini, figliol prodigo a Milano. Il racconto di True

Il 25 aprile “controvento” di Salvini, figliol prodigo a Milano. Il racconto di True

Il 25 aprile "controvento" di Salvini, figliol prodigo a Milano

Perchè leggere questo articolo: Matteo Salvini ha scelto la simbolica giornata del 25 aprile per tornare a Milano e presentare nella città che gli ha dato i natali e ove è nata la sua carriera politica il suo nuovo libro, “Controvento”. E per ufficializzare la candidatura del generale Vannacci alle Europee. In platea le diverse anime della Lega e lo scontro a distanza tra Nord e Sud. Il racconto di true-news.it

Nell’aria pirica del dì di festa, il clamore di Corso Buenos Aires. Un fiume di gente scorre traverso le porte daziarie in direzione del Duomo. Falci e martelli, arcobaleni e bandiere della Palestina emergono dalla massa che scorre clamorosa, a pochi passi dall’Istituto dei Ciechi, poco più in là, dove invece c’è un gran silenzio nelle strade messe in sicurezza da vari furgoni della polizia. La zona è altamente presidiata. Il salone del prestigioso palazzo in cui verrà presentato “Controvento”, si riempie piano piano fino a scoppiare di gente.

Da Crippa a Feltri, da Sardone a Massimo Fini: chi c’era in sala

Un signore dalla barba bianca con gli aviator a specchio e un cappello da cowboy se ne sta come John Wayne in piedi al lato della sala. Un anziano signore, probabilmente veterano di guerra in tuta mimetica ha una foto del generale Vannacci attaccata col nastro adesivo sul petto ed è seduto a schiena dritta in uno dei posti riservati alla stampa. È il primo ad alzarsi in piedi e ad applaudire allo scioglimento della riserva da parte di Salvini sulla candidatura del generalissimo alle europee di giugno.

Il pubblico è decisamente variopinto. Tra le prime file si notano sulla destra Andrea Crippa, Samuele Piscina e Silvia Sardone, ma il vero colpo di scena è l’arrivo di Vittorio Feltri, accompagnato da Melania Rizzoli. Il Direttorissimo trova posto a sedere accanto a Massimo Fini, il celebre giornalista, suo amico-nemico, Ambrogino d’Oro nel 2015 su proposta dei consiglieri Igor Iezzi e Luca Lepore, presenti in sala.

Le due grandi firme de “L’Indipendente” dunque riunite di fronte a Matteo Salvini, il figliol prodigo che ritorna “controvento” nella sua Milano, ricordando i tempi in cui leggeva il giornale dissidente nell’epoca più rivoluzionaria della Lega Nord. Il primo ringraziamento dunque va a loro, dopo di ché a Roberto Maroni e Umberto Bossi, ai quali Salvini dice di dovere tutto.

Salvini in grande spolvero

È un Capitano in gran forma quello sul palco dell’Istituto dei Ciechi di questo venticinque aprile. Nulla a che vedere con la versione del politico sconfitto e travolto dalla vita che abbiamo visto a “Belve” o in altri salotti televisivi. Pare di avere dinanzi agli occhi un Salvini pre-papeete, forse conscio del fatto che per il momento non gli esiste alternativa valida e un suo sostituto alla guida del partito pare ancora, più che altro, fumo negli occhi. Improbabile un Molinari, incapace di muovere voti in termini significativi, senza contare Zaia, da cui i lombardi leghisti parrebbero non sentirsi affatto rappresentati.

Tra il pubblico, ad ogni modo, nonostante la mancanza all’appello di numerosi consiglieri e assessori regionali, sono presenti numerosi candidati al sud, che quasi alla perfezione si confondono nella mischia settentrionale, venuti per farsi conoscere di persona dai polentoni milanesi.

Il ritorno a casa dopo il periplo del Sud

Salvini parrebbe sentirsi a casa dopo la lunga odissea in meridione. Sardegna, Basilicata e Abruzzo sono regioni che il leader leghista ha battuto da cima a fondo nonostante i risultati elettorali da quelle parti risultino inabissati rispetto a quelli del 2019. Si tratta dunque della prima occasione pubblica di questa portata dopo tanto tempo, anche se ormai è finita l’epoca dei raduni sotto il Duomo, i baci al rosario e via dicendo.

Stiamo parlando di un uomo politico che è stato per quasi vent’anni in consiglio comunale nel capoluogo meneghino, tanto da essere addirittura salutato come avversario leale da Pisapia quando una volta eletto segretario della Lega, si dimise dal proprio incarico di consigliere comunale. Un palcoscenico, quello di Milano che Salvini conosce bene, ma dove al tempo stesso da un po’ di anni è considerato un papa straniero. Già durante le regionali a Brescia e Bergamo la Lega ha vinto con una Lega del territorio, mentre per quanto riguarda Milano, i candidati eletti in regione sono stati i più scettici sui fasti salviniani. La questione è allora la seguente. Salvini, nonostante questo suo ritorno in grande stile, è rimasto solo sotto la Madonnina?

La presentazione-show di Salvini

La sala è gremita di persone, e i ricordi di Berlusconi vengono miscelati abilmente con sermoni filo-repubblicani e pacifisti, con posizioni anticinesi, ma pragmaticamente (o presunte tali) non sinofobiche, anti greenwashing condite con la più tradizionale delle crociate anti-islamiche ed euroscettiche. Si ricrea dunque l’arco programmatico su cui si sorregge l’architettura politica della Lega, almeno sulla carta in continuità con l’antica Lega Nord. Insomma, nonostante tutto, Salvini riesce a strappare numerosi applausi dal pubblico, dal quale però sarebbe difficile aspettarsi qualcosa di diverso essendo composto per lo più da suoi sostenitori. Il successo dell’evento, comunque, non era affatto scontato.

Ad un tratto, però, senza che il monologo dell’autore di “Controvento” venga interrotto (per altro, affatto moderato da Giovanni Sallusti) il vecchio cowboy della bassa Padania con gli aviator a specchio che avevamo lasciato poco fa in posa di John Wayne alza la voce nell’inveire contro uno degli ospiti delle prime file, gridando parole poco comprensibili, ma tra le quali si distingue nettamente quella di “terun”. E qualcuno, in fin dei conti, può pensare che nulla è mai cambiato. Nemmeno in quella fase storica in cui la Lega si fa primo sponsor politico del Ponte sullo Stretto.