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Germania, Giappone e Italia: c’è un asse per riarmare il mondo?

Germania, Giappone e Italia: c’è un asse per riarmare il mondo?

Perché questo articolo potrebbe interessarti? Lo scoppio della guerra in Ucraina ha accelerato un processo latente da anni. Numerosi Paesi, e tra questi spiccano i casi di Germania e Giappone, hanno avviato un processo di riarmo. L’Italia potrebbe giocare un ruolo rilevante, più o meno diretto, tanto per Berlino quanto per Tokyo.

Più o meno direttamente l’Italia contribuirà al riarmo deciso da Germania e Giappone. Stiamo parlando di due Paesi di fatto demilitarizzati dal termine della Seconda Guerra Mondiale. E che adesso, per esigenze diverse, hanno scelto di rafforzare i rispettivi eserciti.

Su Berlino pesa l’azione destabilizzante della Russia in Ucraina, che in un battito di ciglia ha messo a nudo le criticità dell’Unione europea. Sguarnita militarmente e costretta a ripararsi sotto l’ombrello di Stati Uniti e Nato.

Diverso il discorso del Giappone, baluardo di Washington nell’Indo-Pacifico e cruciale nel contenimento della Cina. Con l’ascesa di Pechino, unita ai test missilistici della Corea del Nord, Tokyo ha pensato bene di correre ai ripari. In entrambi i casi citati l’Italia, grazie al suo know how e alle sue aziende di settore, potrebbe giocare un ruolo rilevante.

L’alleanza tra Italia, Uk e Giappone

A Tokyo il ministro della Difesa italiano, Guido Crosetto, ha incontrato i suoi omologhi giapponesi e britannici, Yasukazu Hamada e Ben Wallace. Il tema principale sul tavolo: il progetto del caccia a reazione Global combat air program (Gcap). Un progetto che segna la prima grande collaborazione industriale nel campo della difesa del Giappone al di fuori degli Stati Uniti, dai temi della Seconda Guerra Mondiale.

L’obiettivo è quello di avere il primo prototipo del velivolo militare nel 2035. In particolare, lo sviluppo congiunto del caccia di sesta generazione è fondamentale per tutti e tre i Paesi coinvolti. Il Gcap è infatti destinato a sostituire una novantina di caccia F-2 nipponici e oltre 200 Eurofighter di Londra e Roma.

Tra l’altro, l’incontro dei tre ministri è avvenuto in un momento particolare. Ovvero in concomitanza con DSEI Japan, la manifestazione dedicata al settore della Difesa integrato in svolgimento a Chiba dal 15 al 17 marzo. Alla fiera troviamo le più importanti aziende coinvolte al progetto Gcap, tra cui la giapponese Mitsubishi Heavy Industries, la britannica BAE Systems e il consorzio italiano che chiama in causa Leonardo, MBDA Italia, Avio Aero ed Elettronica. Per non parlare di altri attori della filiera della Difesa italiana, come centri di ricerca Pmi e università.

Le occasioni per l’Italia nell’Indo-Pacifico

“Il progetto del Gcap è vero, reale e concreto. Sta andando avanti. L’ultima dimostrazione arriva da Leonardo Italia e Leonardo Uk che hanno firmato con Mitsubishi un nuovo accordo per la parte elettronica dell’aereo”, ha spiegato a True-news Antonio Moscatiello, giornalista ed esperto di Giappone.

Più nello specifico, il Giappone si sta armando in risposta al nuovo riallineamento chiesto dagli Usa ai loro alleati globali. “Il budget per la Difesa stabilito da Tokyo prevede di impiegare il 2% del pil nella Difesa da qui ai prossimi 5 anni. Vuol dire, da qui al 2027, circa 300 miliardi di euro di incremento della spesa militare. Si tratta di un investimento ingente per un Paese che nel suo passato ha una macchia importante”, ha aggiunto Moscatiello.

Il progetto Gcap, nel quale l’Italia è parte in causa, rientra proprio in questa cornice. “D’altronde il Giappone deve spendere 300 miliardi di euro. Mentre l’Italia è uno dei primi esportatori al mondo del settore della Difesa…”, ha concluso lo stesso Moscatiello.

Ricordiamo che le esportazioni di armi dall’Italia nell’ultimo quinquennio (2028-2022) sono aumentate del 45% rispetto al quinquennio precedente. E che Roma figura tra i sette maggiori esportatori di armi al mondo dopo Usa, Russia e Francia.

Le opportunità di cooperazione tra Roma e Berlino

In Europa, la Germania ha annunciato urbi et orbi di voler cambiare registro lo scorso 27 febbraio. Tre giorni dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, Olaf Scholz ha parlato di un maxi piano di riarmo per l’esercito tedesco. La cifra ufficializzata ammonta a 102 miliardi di euro, a conti fatti oltre il 2% del pil annuo del Paese.

Non è da escludere che Berlino possa agevolare la nascita di hub europei della Difesa a guida teutonica. Se così fosse, attenzione alle vicende relative a Oto Melara, azienda spezzina specializzata nella produzione di cannoni e mezzi corazzati, e della livornese Wass, che costruisce siluri e droni subacquei. Entrambe sono state messe in vendita da Leonardo nel 2021.

Ad esprimere interesse per le due imprese sono stati il consorzio Knds, composto dalla tedesca Krauss-Maffei Wegmann (Kmw) e dalla francese Nexter Defense Systems, oltre a Fincantieri. Lo scorso maggio, inoltre, la tedesca Rheinmetall ha presentato un’offerta non vincolante di una somma compresa fra i 190 e 210 milioni di euro. La dirigenza di Rheinmetall punterebbe ad acquisire sino al 49 per cento di Oto Melara, proponendosi di fatto come partner strategico nel settore terrestre.

La partiti dell’Italia passa per Leonardo

Tuttavia per Leonardo sarebbe più auspicabile un accordo con il consorzio franco-tedesco Knds. Berlino, d’altronde, esprime l’eccellenza europea nella costruzione di carri armati e l’Italia ha in programma un rinnovamento del parco in dotazione delle Forze armate. Ricordiamo che Oto Melara è un asset appetibile per l’industria tedesca perché produce le torrette Hitfact dotate di cannoni per carri e mezzi blindati. L’ultima parola spetta al governo italiano. Che, proprio come nel caso del Giappone, potrebbe contribuire ad un altro risveglio militare: quello tedesco.