Ci sono i nomi. C’è il logo con richiamo ai cinque cerchi olimpici. Persino la presentazione della lista elettorale – in presenza, un fatto raro di questi tempi. Cosa manca? La coalizione. I Cinque Stelle? Devono decidere da che parte stanno. Strutturalmente. Perché “non sappiamo dove si collocheranno politicamente” ha detto il 17 aprile il sindaco di Milano Beppe Sala presentando la propria lista elettorale in vista delle elezioni comunali 2021 alla spazio Open Altavia di Milano.

La palla passa allora nel campo di Casaleggio&Co. Un campo disordinato anche con l’arrivo del nuovo leader Giuseppe Conte. Solo a Milano le posizioni sono le più svariate: il consigliere comunale Gianluca Corrado ha aperto, per non dire chiesto esplicitamente, a un’alleanza con tutto il centrosinistra provocando le reazioni dei centristi.
A Sala servono certezze, nelle stesse ore in cui va in scena l’assemblea del coordinamento di Italia Viva di Milano città (sabato 17) e della provincia e area metropolitana (domenica 18). Ora l’ex manager di Expo ha scoperto le carte: nella sua lista i volti noti sono quelli dei due capolista Martina Riva e Emmanuel Conte. Oltre all’assessore alle politiche sociali e abitative Gabriele Rabaiotti, Paolo Petracca ex presidente delle Acli, Simone Zambelli presidente del Municipio 8, l’assessore allo sport Roberta Guanieri, la consigliera Anita Pirovano e Marzia Pontone.
Nella lista troverà spazio sicuramente qualche esponente dei Verdi, a cui Sala si è iscritto un mese fa, lasciando comunque a Europa Verde il compito di portare avanti le istanze ambientaliste per la città. Anche nel campo di Sala il rischio però è l’iper affollamento: il sindaco può contare a oggi su 10 liste che lo sostengono, che potrebbero diventare anche 12 o 13, molte sovrapponibili per le tematiche che affrontano e con il rischio di cannibalizzarsi voti e consensi a vicenda, o magari di qualche sgambetto reciproco in campagna elettorale. Del resto lo sa bene chi fa politica: la prima competizione è sempre quella interna. A questa tornata è inoltre probabile che il Partito democratico faccia il proprio gioco più che portare acqua al mulino di Sala come fu nel 2016 contro Parisi, battuto in volata. Lo farà per ricostruire un’identità alla luce della nuova leadership di Enrico Letta ma anche perché piccato a livello locale dall’iscrizione ai Verdi di Sala e dal nodo ancora irrisolto degli assessori che hanno già fatto due mandati in giunta e che non sarebbero rinnovati in un eventuale terzo mandato. Guarda caso tutti pezzi a novanta dei dem meneghini che hanno fatto incetta di preferenze personali cinque anni fa: da Pierfrancesco Maran, di recente “bruciato” dalla Lega per un posto dirigenziale al Ministero delle Infrastrutture con Enrico Giovannini, a Marco Granelli fino a Cristina Tajani.