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De Rossi forse è di destra. E sticazzi no?

De Rossi forse è di destra. E sticazzi no?

Perché leggere questo articolo? Non facciamo di tutti quelli sull’erba (del campo) un fascio. La storia di DDR, al secolo Daniele De Rossi. Il nuovo allenatore della Roma ed ex giocatore pensante. Per questo – ingiustamente – tacciato di essere fascista. 

Il re è morto, viva il re. La rivoluzione in casa Roma è interna. Esonerato Mourinho – prima vittima della cancellazione del Decreto Crescita – spazio a Daniele De Rossi. L’esordio di DDR è stato bagnato da una sofferta vittoria, ma la figura del fu Capitan Futuro non può certo limitarsi al campo. Perché Daniele De Rossi non è stato un calciatore come gli altri. E’ stato una persona che pensa, non solo coi piedi. De Rossi si è spesso lanciato in dichiarazioni, anche scomode. Il che gli ha anche attirato la nomea di “essere di destra“, quando non addirittura “fascista”. Una suggestione, diceria, arcano davvero stupefacente. Anche perché non sembra proprio attenersi al vero.

Daniele De Rossi, chi è DDR

DDR, come la Repubblica Democratica Tedesca, feticcio di tutti i radical di sinistra. Ma DDR a lettere cubitali, come quei numeri romani che tanto piacciono a destra. De Rossi avrebbe potuto essere DDR IX, il nono re di Roma. Peccato che per la gran parte della propria carriera abbia dovuto giocare all’ombra della grandezza del predecessore, Francesco Totti. De Rossi non si è mai crucciato del titolo di “Capitan Futuro”.

L’eterna attesa, durata diciassette anni – dall’esordio nel 2001 fino all’addio del Pupone nel 2017 – non è stata un problema per il ragazzo di Ostia. In vent’anni di carriera ha avuto solo due maglie: quella della sua Roma e quella degli argentini del Boca Juniors. Scelta romantica, in questi tempi di sceicchi e superleghe quasi utopistica – anche se durata solo cinque partite oltreoceano. Ben altra storia quella con la nazionale, una storia senza mezzi termini. Simboleggiata dall’epopea del mondiale 2006, culminata con la Coppa del mondo alzata al cielo di Berlino. Ecco, in quel mondiale De Rossi giocò solo le prime due partite, venne espulso per una gomitata alla seconda, tornò in semifinale e segnò il quarto rigore nella lotteria della finale.

Il calcio e la politica

Bandiera, campione, ma anche testa pensante, autonomo, fuori dal comune. Fin dai tempi della scuola. “Le persone del mio liceo – ha raccontato il centrocampista alla rivista francese So Foot – erano dei ragazzi per lo più di sinistra. Io ero con loro, ma non ero come loro. Scrutavo, osservavo, ascoltavo, cercavo anch’io di comprendere qual era la mia identità ma ero meno interessato alla politica. Nella mia scuola c’erano sempre delle autogestioni, dei blocchi, delle occupazioni e devo dire che non ero di quelli che si piantavano con le bandiere ma piuttosto di quelli che ne approfittavano per restare a casa a dormire”.

Quelli del tabloid tedesco Bild, invece, alle occupazioni del liceo ci andavano. Nel 2012, prima di un Italia-Germania, definirono De Rossi come un “estremista di destra, fan di Benito Mussolini”. I francesi gli offrono una chance di redenzione, ma all’assist sulla Roma di Fellini e Pasolini risponde citando Trilussa, il poeta antidemocratico amato da Evola: “E’ meno conosciuto all’estero di Fellini e Pasolini ma è uno che Roma l’ha saputa descrivere. Prendi un libro, aprilo: respiri l’odore di Roma. Le parole traspirano romanità”.

Le semplificazioni non funzionano con De Rossi

Nel 2010 si schierò contro la tessera del tifoso, dichiarando papale papale: “Il calcio italiano è ostaggio degli ultrà? No, è ostaggio delle televisioni, degli sponsor, certo anche degli ultrà, però loro sono una parte positiva del calcio. La tessera del tifoso? Non sono favorevole. Non mi piace la schedatura preventiva. Allora bisognerebbe fare anche la tessera del poliziotto. Chi va allo stadio a fare a coltellate non sta bene, come un poliziotto che prende a pugni un ragazzetto sul motorino”. Semplicistico, forse populista, sicuramente non fascista. Sarà pure destrorso, e sticazzi no? Daniele De Rossi non è mai banale. Un calciatore fuori dagli schemi, una persona che non ha paura di dire una cosa che a molte orecchie suonerebbe di destra, in una paese che è un album panini in  cui alla destra mancano tante “figurine”. Ecco, DDR, magari non è neanche di destra, ma è una persona – del mondo del calcio, per giunta – che non ha mai paura di dire quello che pensa.