Home Politics Fisco. Mille miliardi “spariti” in 20 anni, altro che condono

Fisco. Mille miliardi “spariti” in 20 anni, altro che condono

Fisco. Mille miliardi “spariti” in 20 anni, altro che condono

di Francesco Floris

Sedici milioni di vecchie cartelle esattoriali da stralciare. Ma solo per chi ha un reddito inferiore a 30mila euro. La strada sarà lunga. Perché in vista della conversione del decreto Sostegni i partiti – Pd, Lega, Forza Italia e Cinque Stelle – sono pronti a darsi battaglia. Sullo sfondo tre temi.

“Chi è di sinistra?”

“Immaginate una schiera di intellettuali e dirigenti di sinistra che dice che la cancellazione di queste cartelle nell’anno del peggiore disastro economico dal dopo guerra in poi è un ingiusto condono ai ricchi” scrive su Facebook Alessandra Serra, membro della Direzione Nazionale del Pd prendendosela con la linea ufficiale, per ora, del suo partito. “Immaginate che a dirlo siano deputati o comodi rintanati in centri studi e profumatamente pagati. E poi ditemi voi, chi è di sinistra”. Dall’altro lato della barricata c’è chi si oppone. Con una semplice domanda: e quelli che guadagnano meno 30mila euro e le tasse le hanno pagate tutte, magari facendo sacrifici immani? Poi c’è il caos normativo. Il limite temporale alle cartelle esattoriali fino al 2010, invece che al 2015 come da prima ipotesi, “ne esclude 3 su 4” scrive Il Sole 24 Ore. Facendo passare la platea da 61 milioni di cartelle a, per l’appunto, 16. Inoltre per il quotidiano di Confindustria “è ben noto che quella dell’Irpef è una fotografia sgranata e distorta. La piramide dei redditi ufficiali in Italia è decisamente schiacciata verso il basso”. I motivi? Lavoro nero, sommerso e il perverso meccanismo che brulica di detrazioni e deduzioni fiscali.

Draghi: “Lo Stato non ha funzionato”. Per chi?

“Lo Stato non ha funzionato” ha detto il premier Mario Draghi parlando di quello che lui stesso ha definito “un condono”. Ok, ma quanto non ha funzionato? E per chi? Per rispondere bisogna prendere le audizioni parlamentari del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, degli ultimi due anni e confrontarle. I numeri? Dal primo gennaio 2000 al 30 giugno 2020 sono 987 i miliardi di euro dovuti a varie amministrazioni dello Stato e mai riscossi. È la situazione del cosiddetto “Magazzino ruoli” dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione, a cui Inps, Inail. Ministeri, Regioni, Comuni, Casse di Previdenza, Camere di Commercio conferiscono i propri crediti di difficile recupero. Di questi quasi mille miliardi di euro in 20 anni, ben 405,3 miliardi risultano oggi di fatto irrecuperabili: 152,7 miliardi sono dovuti da soggetti falliti; 129,2 miliardi di euro da persone decedute e imprese cessate; altri 123,4 miliardi da nullatenenti, almeno in base ai dati presenti nell’Anagrafe tributaria. Mentre per 440 miliardi di euro “l’Agente della riscossione ha già svolto, in questi anni, azioni esecutive e cautelari che non hanno consentito il recupero integrale dell’attuale loro debito attuale” ha spiegato Ruffini lo scorso 6 ottobre davanti alla Commissione Finanze e Tesoro del Senato.

Una gigantesca mole di debiti fiscali e contributivi – probabilmente non più saldabili – che valgono come 35-40 Leggi di Bilancio, di quelle su cui politica italiana e Bruxelles si accapigliano ogni anno per gli scostamenti di deficit/Pil nell’ordine di 7-8 miliardi di euro.

I contribuenti su cui pesano questi debiti sono in totale 17,9 milioni di soggetti in tutta Italia. Di questi 3 milioni sono persone giuridiche (società, fondazioni, enti, associazioni, etc.) mentre i restanti 14,9 milioni rappresentati da persone fisiche, di cui quasi 2,5 milioni con una attività economica (artigiani, liberi professionisti, etc.). Ma più interessante ancora delle categorie socio-economiche, sono le classi “di reddito” a cui appartengono i contribuenti morosi.

L’ultima testimonianza in questo senso dell’Agenzia delle Entrate risale al 4 luglio 2018 quando il totale del magazzino era 871 miliardi (e non 987 mld). Vi si legge che il il 55,1% dei contribuenti ha debiti residui inferiori a 1.000 euro, al quale corrisponde circa l’1,9% del complessivo valore residuo. Fra i mille e i 10mila euro di debiti si concentra oltre un quarto dei “debitori” che però pesano sul totale dei debiti solo per il 3,1%. Arrivando al punto? C’è uno 0,9% dei contribuenti che ha debiti residui superiori a 500mila euro (senza un tetto massimo indicato dall’Agenzia) e ai quali corrisponde circa il 66,5% del complessivo valore residuo. Proiettando questi dati sul 2020 significa che su mille miliardi euro, 660 sono dovuto dallo 0,9% dei contribuenti (persone fisiche o giuridiche). Rimane una domanda: è la stessa cosa avere la ex Equitalia alle calcagna per 600 euro o per 6 milioni? “Lo Stato non ha funzionato” dice Draghi. È vero. Ma non per tutti alla stesso modo.