Home Pharma “La chirurgia mini invasiva deve essere un dogma”

“La chirurgia mini invasiva deve essere un dogma”

“La chirurgia mini invasiva deve essere un dogma”

di Francesco Floris

Ben il “il 70% dell’attività chirurgica non urgente rimandata” causa pandemia. Più la “necessità di recuperare e di aumentare le disponibilità di chirurgia oncologica”. La chirurgia in questa fase? “Soffre di ristrettezze”. Perché viviamo in un momento in cui “le risorse devono essere allocate anche in altri ambiti”. Criticità che il prof. Giorgio Bozzini tocca con mano ogni giorno queste. Ma conosce anche le soluzioni o una parte di esse. Per il Dirigente della S.C. Urologia dell’Asst Valle Olona, che nel 2020 ha ricevuto il prestigioso “Premio D’Armiento” per il miglior contributo scientifico in ambito endourologico durante il 93esimo congresso della Società Italiana di Urologia, le ristrettezze in epoca Covid possono essere alleviate orientandosi “a tecniche mini invasive per ottimizzare le risorse” dichiara a True Pharma.“Deve essere quasi un dogma” dice Bozzini. Perché? “Perché utilizzare tecniche mini invasive permette di ospedalizzare il paziente il meno possibile – spiega il dottore – liberando posti per altri pazienti che ne hanno bisogno e spazi fisici in sala operatoria, oltre a diminuire le complicanze”.

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Di cosa si tratta? Sono interventi in cui non necessariamente si praticano incisioni chirurgiche, come la tecnologia con il Laser al Tullio oppure approcci con microincisioni come nei trattamenti laparoscopici per patologie neoplastiche o percutanei per il Trattamento delle calcolosi urinaria

Tra i grandi vantaggi c’è il drastico crollo delle infezioni ospedaliere in sala chirurgica, uno dei problemi apparentemente più “banali” quanto difficili da risolvere con cui fanno i contri le strutture italiane e che di recente sono state citate come un nodo critico anche dal Direttore Generale della Prevenzione del Ministero della Salute. Sono infezioni che una volta comparse post operazioni necessitano di importanti terapie antibiotiche e con farmaci che in alcuni casi sono da somministrare per via endovenosa in ospedale, con un secondo ricovero e costi molto elevati per la persona e per la collettività. “La mini invasività chirurgica invece dà la possibilità di diminuire la permanenza del paziente in struttura – dice il Dirigente dell’Asst Valle Olona – fa calare i rischi che sia infettato e così si liberano risorse per altri pazienti”.