Il termine ultimo è ormai vicino: entro il 2025, secondo il governo Draghi, dovranno chiudere tutte le centrali a carbone del nostro Paese. L’obiettivo, previsto dal Piano nazionale per l’energia e clima (Pniec), è ambizioso e doveroso, ma presenta due problemi. Innanzitutto, rischia di saltare per intoppi burocratici; in secondo luogo, l’alternativa al carbone prevista non è poi così “pulita”.

L’addio al carbone
Andiamo per ordine. Al momento, gli impianti che generano energia elettrica con il carbone in Italia sono diffusi in tutta la penisola, da Fusina (Ve) a La Spezia, da Civitavecchia a Brindisi, e ben due in Sardegna.
Il punto è che la costruzione (o conversione) delle centrali a gas va a rilento. Lungaggini burocratici ma anche difficoltà nella costruzione. Enel, intanto, ha partecipato all’asta di Terna per il capacita market, grazie alla quale dovrà fornire energia anche all’altro player italiano.
E il solare?
Tra ritardi e nuove necessità, la chiusura degli impianti a carbone nel 2025 sembra davvero proibitiva. Quanto alla spinta su nuovi impianti eolici o a energia solare, potrebbe aiutare, ma anche in questo caso la burocrazia ci farebbero ritardare oltre l’anno prestabilito.
Gas e CO2
Al di là di tutti questi fattori di ritardo, rimane l’errore di fondo: sostituire il carbone al gas.
Il governo, sostiene Carbon Tracker, dovrebbe fissare criteri fissi e uguali per tutte le fonti d’energia, in modo che quelle pulite e quelle sporche possano giocare ad armi pari.