Home Politics Nel Paese delle task force e dei “saggi”, dove si governa con i regi decreti

Nel Paese delle task force e dei “saggi”, dove si governa con i regi decreti

Commissione Aiuti

Nella legislazione italiana sono 33.436 i regi decreti ancora in vigore, 719 i regi decreti legge e 21 i decreti del duce del fascismo. I dati sono su Normattiva, la banca dati che fa capo alla Presidenza del Consiglio, gestita dall’Istituto poligrafico dello Stato. Il database contiene gli atti normativi dal 1861 ed è costantemente aggiornato. A non essere aggiornata, a questo punto, è la legislazione italiana, che trascina con sé i fantasmi del passato. Nel paese dei comitati di esperti, delle task force, dei tavoli permanenti istituiti presso i ministeri per avere un parere su tutto, non risulta finora che sia stata nominata una struttura che suggerisca alla politica come porre rimedio a questo anacronismo legislativo. Non vorremmo, però, aver dato un’idea per l’ennesimo Comitato di esperti (o se si preferisce, di “saggi”): nel corso degli ultimi anni ne sono stati creati diversi e non sempre il loro lavoro ha portato a dei risultati.

Commissioni di esperti: il boom post-pandemia

Il boom vero e proprio di esperti lo si è avuto con la pandemia. Dopo quelli del Comitato tecnico-scientifico, che doveva e che continua a suggerire alla politica le misure da adottare contro la pandemia, a cascata ne sono nati altri. Se serviti a qualcosa, lo vedremo tra poco, ma sempre tenendo presente una frase di Bettino Craxi: “Se non vuoi risolvere un problema, allora nomina una commissione”.

La task force del ministero della Salute: un esercito di 800 esperti

Le task force – espressione mutuata dal gergo militare, dove con il termine si indicano le forze di pronto intervento – sono entrate prepotentemente nel lessico quotidiano il 20 gennaio dell’anno scorso: il primo ministero a istituirne una fu quello della Salute. Era solo l’inizio: a seguire ne sarebbero nate altre (14 a livello centrale, almeno 30 a livello locale) per un esercito di almeno 800 esperti.

E’ stata poi la volta del gruppo di esperti guidata da Vittorio Colao, una task force voluta dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che avrebbe dovuto predisporre il piano per la ripartenza dopo la prima fase pandemica. Il Comitato di esperti in materia economica e sociale (17 membri: 3 top manager, 3 economisti, 2 sociologi, una psicologa, uno psichiatra, un fisico esperto di innovazione, uno specialista del lavoro, un avvocato, un commercialista e un esperto di disabilità; a loro poi si aggiunsero quattro donne) lavorò nei primi mesi dello scorso anno al piano di “Iniziative per il rilancio Italia 2020-2022” e presentò il suo rapporto nel giugno 2020.

Conte, però, derubricò le proposte della task force Colao a «contributo utile, una base di lavoro per arricchire il piano del governo per la ripartenza del Paese». «Alcune proposte di Colao verranno recepite, ma il governo non può delegare le scelte. E’ la politica che deve decidere e fissare gli obiettivi», disse ancora Conte per giustificarsi. Una linea in cui si ritrovarono M5S, Pd e Leu. Il lavoro della task force Colao finì nel cestino. La politica dà, la politica toglie quando rischia l’oscuramento.

Anche la Azzolina ha voluto mettere insieme cento “teste esperte” per la scuola

Nel mentre, però, altre task force erano state attivate. Al ministero dell’Istruzione erano un centinaio le “teste esperte” messe assieme dalla ministra Lucia Azzolina, coordinate da Patrizio Bianchi (poi diventato ministro dello stesso dicastero con Draghi). Obiettivo della task force era spiegare come doveva essere organizzata la scuola per ripartire in sicurezza. “Puntare su un piano contro la dispersione scolastica e la povertà educativa, ma anche sulla formazione degli insegnanti e di tutto il personale scolastico; incentivare le attività di socializzazione della didattica, considerando anche nuovi spazi di apprendimento, all’aperto, quando le classi non bastano; ritorno a scuola in presenza e rispettando le regole sul distanziamento sociale”, la ricetta degli esperti. La stessa che avrebbe potuto elaborare una qualsiasi persona con un minimo di buon senso, pur senza essere un esperto: gli bastava avere un figlio in età scolare. Da un think tank di cento esperti ci si sarebbe aspettato più.

La lunga tradizione delle task force sulla scuola

Ma, in fondo, l’Azzolina operava nel segno della continuità di quella che sembra essere una tradizione in viale Trastevere. Correva, infatti, l’anno 1978 quando una commissione di 60 esperti fu incaricata di riscrivere i programmi della scuola media. Tre anni più tardi, nel 1981, altri 20 esperti si dedicarono ai programmi delle elementari. Nel 1986 nuova commissione, stavolta per le materne. Seguì nel 1988 una task force chiamata ad occuparsi del primo biennio della secondaria superiore. E nel 2000 alla commissione De Mauro (300 esperti) quale venne affidato il riordino dei cicli scolastici. Riordino mai andato in porto.

L’inutile App Immuni? L’ha voluta una commissione…

Per tornare al recente passato, come non ricordare la task force di 74 elementi del ministero per l’Innovazione tecnologica – in collaborazione con quello della Salute – per l’utilizzo dei dati contro l’emergenza Covid-19? Si deve a loro la scelta dell’app Immuni. La ministra Paola Pisano in audizione presso l’ottava Commissione del Senato il 29 aprile 2020 disse testualmente: «La task force ha evidenziato di ritenere che Immuni, dal punto di vista tecnico fosse la più avanzata e si avvicinasse maggiormente a una visione europea che stava nascendo nel Consorzio del Progetto Europeo Pepp-Pt”. Qualcuno usa ancora Immuni o la stessa App gli è stata mai di una qualche utilità?

Bonafede e la commissione Carceri

Per non essere da meno, anche il ministro della Giustizia Bonafede diede vita non a una ma a due task force: una sulle carceri (35 esperti) e un’altra, “generalista”, sulla giustizia (20 membri). E mentre Fefè deejay consultava guru, i detenuti venivano massacrati nelle carceri (vedi Santa Maria Capua Vetere), a sua insaputa, come ebbe a giustificarsi.

Una commissione contro le fake news: nessun riscontro concreto

Altre task force, quella sulle fake news voluta dal sottosegretario alla Presidenza con delega all’editoria Andrea Martella, e quella della ministra della Famiglia Elena Bonetti, “Donne per un nuovo rinascimento”, un pool di sole donne chiamate a offrire il loro contributo per “ricostruire l’Italia” dalle macerie della pandemia,. Rispetto alla prima, è illuminante l’articolo pubblicato su Open, il giornale online di Enrico Mentana, dal debunker David Puente, il 10 novembre 2020. Il “cacciatore di bufale” era (è?) uno degli esperti della task force.

Scriveva Puente: “Il 4 aprile e in pieno lockdown venne istituita dalla Presidenza del Consiglio un’Unità di monitoraggio per il contrasto della diffusione delle fake news relative alla Covid19 sul web e sui social network di cui ho fatto personalmente parte in qualità di consulente. Non è andata per niente bene. La buona volontà non è mai mancata e dopo numerose video conferenze, chat Whatsapp e telefonate, il gruppo di consulenti esterni di cui facevo parte aveva stilato una serie di proposte raggruppate in tre ambiti di intervento rese pubbliche sul sito del Dipartimento per l’informazione e l’editoria. Una volta adempito alle nostre funzioni mi sarei aspettato, e non credo di essere l’unico, un riscontro concreto per fornire un adeguato servizio pubblico, ma sebbene l’Unità sia ancora in carica sembra di assistere a un fantasma o a un giocattolo abbandonato dopo averci giocato per un po’ di tempo”.

Recovery Fund: la regina di tutte le Commissioni

Il ricorso a comitati di esperti non è, però, un fenomeno solo recente: nel 2013 l’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nominò una task force di “10 saggi”, dieci personalità per mettere a punto le riforme istituzionali. Tutti uomini, nessuna donna. Dopo le elezioni del marzo 2018 Luigi di Maio, allora capo politico dei 5 Stelle, affidò poi a un gruppo di esperti il compito di analizzare quale fosse l’alleato più compatibile tra Pd e Lega. Ma la regina delle task force rimane quella per la gestione dei fondi del Recovery fund (Conte aveva previsto 300 tecnici, il piano di Draghi 350): speriamo di poter tornare a parlarne per i risultati ottenuti.