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Chi è Zerocalcare, fumettista che ha disertato il Lucca Comics

Chi è Zerocalcare

Zerocalcare è un noto fumettista che ha deciso di non andare al “Lucca Comics & Games” a causa del patrocinio dell’ambasciata israeliana in Italia.

Chi è Zerocalcare

Zerocalcare è un noto fumettista aretino, nato il 12 dicembre 1983 (ha 39 anni) che ha deciso di non andare al “Lucca Comics & Games” a causa del patrocinio dell’ambasciata israeliana in Italia. Pseudonimo di Michele Rech, è un fumettista il cui nome d’arte “Zerocalcare” nacque quando, dovendo scegliersi un nickname per partecipare ad una discussione su Internet, s’ispirò al ritornello di uno spot televisivo di un prodotto anti-calcare per ferro da stiro che stava andando in onda in quel momento.

Carriera

Nel 2011 Zerocalcare ha creato il blog zerocalcare.it, in cui pubblica con cadenza bisettimanale racconti a fumetti. Il suo primo albo a fumetti, La profezia dell’armadillo (2011), ha riscosso un immediato successo di pubblico e critica (dal quale nel 2018 è stato tratto l’omonimo film diretto da E. Scaringi), che è stato replicato dal successivo Un polpo alla gola (2012); sono del 2013 Ogni maledetto lunedì su due e Dodici. Tra i lavori più recenti si segnalano il volume Dimentica il mio nome (2014), candidato al Premio Strega 2015 e L’elenco telefonico degli accolli (2015). Significativa anche l’opera Kobane calling (2016), è invece un reportage di tre viaggi in Turchia, Iraq e Siria per documentare la resistenza curda.

La polemica verso il Lucca Comics

La decisione di Zerocalcare di non andare al “Lucca Comics & Games” a causa del patrocinio dell’ambasciata israeliana in Italia ha generato molte polemiche. A tal proposito, il fumettista ha detto che “l’odio per ogni forma di antisemitismo e di razzismo non dovrebbe significare chiudere gli occhi di fronte ai bombardamenti che stanno martellando Gaza, come pretende chi sta cercando di schiacciare e blindare il dibattito. Per me è l’esatto contrario. Finché non cambiamo la prospettiva da cui guardare il mondo, finché continueremo a fare il tifo per uno Stato contro l’altro, continueremo a scegliere quale massacro giustificare e quale condannare, magari sulla base di interessi commerciali o militari, che spesso hanno poco a che fare con gli ideali. Io preferisco spostare il focus sui popoli e sulla necessità di convivere da eguali, e le bandiere degli Stati, specie quelli in guerra, raramente vanno in quella direzione”.