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Francesco e la morte, la funeral planner: “Dal Papa un passo rivoluzionario”

Francesco e la morte, la funeral planner: “Dal Papa un passo rivoluzionario”

Perché leggere questo articolo? Papa Francesco rompe le tradizioni dei funerali pontifici. Dando fede alle sue volontà. Per la funeral planner Lisa Martignetti, conosciuta sui social come “La ragazza dei cimiteri”, una vera e propria rivoluzione che potrebbe finalmente cambiare la comune percezione della “Signora”, ossia la morte, e di tutto il settore funebre: “Organizzare il suo funerale sarebbe il mio desiderio più grande”. L’intervista

Papa Francesco rivoluziona i funerali dei pontefici. Niente più catafalco con corpo esposto, al suo posto un comune feretro. Bergoglio vuole alleggerire il rituale funebre ed essere sepolto con la stessa dignità di qualsiasi figlio della Chiesa. Una vera e propria rottura con le tradizioni cerimoniali in pompa magna del passato. True-News.it ne ha parlato con la funeral planner Lisa Martignetti, meglio conosciuta sui social come La ragazza dei cimiteri. “Un passo importante che farà la storia. La morte è ancora un tabù, ma dovrebbe essere un passaggio affrontato con consapevolezza e rispettando il proprio sentire. Il Papa sembra averlo compreso”.

In quanto operatrice funebre, cosa ne pensa della decisione del Papa di modificare le tradizioni dei funerali pontifici?

Papa Francesco ha rivoluzionato le regole del rito funebre. Penso che fondamentalmente stia dando fede alle sue volontà, a ciò che lui desidera. Al di là degli schemi tradizionali prestabiliti. Si tratta di un passo importante che sicuramente farà la storia. È come se stesse aprendo nuove porte, dando inizio ad una vera e propria svolta che potrebbe anche portare a un cambiamento della visione della morte. Unica e comune consapevolezza delle nostre vite, ma al contempo grande tabù per il nostro Paese. La morte non è la fine, ma un inizio. È un passaggio importante che meriterebbe di essere affrontato rispettando il proprio sentire. E Papa Francesco sembra comprendere perfettamente questa verità.


Come organizzerebbe il funerale di Papa Francesco?

Sicuramente rispetterei e asseconderei tutte le sue volontà. Perchè l’organizzazione dell’ultimo saluto significa proprio mantenere fede alla lista dei desideri del defunto e di come vuole essere ricordato. Penso che affidare a una donna la pianificazione di un rito funebre di così grande portata sarebbe un ulteriore passo rivoluzionario per una figura come Papa Francesco, che già di per sé rappresenta il cambiamento. Inoltre, organizzare il suo funerale è da sempre uno dei miei desideri più grandi. In un’intervista effettuata nel 2022 mi chiesero a quali personaggi famosi mi sarebbe piaciuto pianificare il funerale. Risposi proprio Bergoglio e la regina Elisabetta. Che però, purtroppo, il giorno dopo morì. Spero che non accada lo stesso col pontefice. Sono molto autoironica…


Nel suo ultimo post su Instagram infatti esprime il desiderio di incontrare il pontefice. Qual è la prima cosa che gli chiederebbe?

Chi mi conosce da molto tempo sa perfettamente quanto io desideri incontrare Papa Francesco. Non si tratta tanto del mio credo, quanto della volontà di discutere con lui un tema così universale e significativo, che riguarda tutti noi: la morte. Ho sempre visualizzato di sedermi al suo fianco, ascoltando le sue parole e magari contribuire, anche solo con un piccolo seme di pensiero, ad una visione differente che tanto auspico. La prima domanda che gli porrei infatti è come si immagina la Signora, la morte appunto. Così mi piace chiamarla. Immaginandola come una bella donna elegante vestita di nero, che ti prende per mano per accompagnarti in quello che è un passaggio importante. Chiederei al Papa come invece la vede lui e perché in Italia si è così restii a parlarne.

E secondo lei perché in Italia la morte è un tema tabù?

Forse perché il nostro Paese è molto superstizioso. Non si vuole parlare di morte probabilmente perché non si vuole affrontarla o addirittura pensarla. Credo, però, che ci sia stato un momento di passaggio che ha cambiato la percezione della morte stessa. Penso, ad esempio, al culto degli antichi egizi per i defunti, o semplicemente alla diversa consapevolezza che avevano i nostri nonni, abituati a pianificare i propri funerali. Bisognerebbe cambiare la percezione della morte. Parlandone per normalizzarla e accettarla più facilmente.

Questo tabù, di conseguenza, contribuisce a far percepire il vostro mestiere come macabro?

Decisamente sì. Infatti quando parlo del mio lavoro di funeral planner, quindi di pianificazione funebre, vengo sempre definita pazza. Gli operatori del mio settore sono ancora considerati “becchini portatori di sfiga” soltanto perché lavorano con la morte. In realtà tanti di noi non esercitano questo mestiere per soldi, ma per sostenere e tendere la mano all’altro in un momento di profonda difficoltà. Si pensa sempre alla parte negativa, senza mai analizzare lo spiraglio di luce che illumina l’oscurità. La pianificazione dei propri funerali infatti non dovrebbe essere vista come qualcosa di macabro o strano, anzi. Prima di tutto è un grande lavoro di consapevolezza su se stessi. E rappresenta anche un aiuto importante verso i propri cari sopraffatti dal dolore, alleggerendoli da tutte le incombenze burocratiche.

C’è chi la critica?

Certo. Molte persone non comprendono o mi additano ancora come una folle, una becchina, scomoda in quanto donna nel settore funerario. Mi accusano di strumentalizzare e spettacolarizzare il dolore e la morte, ma in realtà racconto solo quello che accomuna e accade a tutti. Questo capita soprattutto quando escono interviste: la gente non ascolta e non approfondisce, si sofferma solo sul titolo arrestandosi all’apparenza e ai pregiudizi. Devo dire, però, che sui social sono seguita da una community molto forte, con la quale ci ascoltiamo, confrontiamo e supportiamo a vicenda.


Cosa significa essere una funeral planner?

Sono un’operatrice funebre formata sotto tutti i punti di vista. Sono anche un cerimoniere e una figura di mediazione per l’impresario funerario. In sostanza aiuto le persone a pianificare il loro ultimo saluto. Si tratta di un viaggio introspettivo che parte da un incontro e richiede un profondo lavoro su se stessi, per comprendere chi si è e come si vuole essere ricordati. Sia dal punto di vista pratico che emotivo. All’interno della mia pianificazione cerco di pensare a tutto, dalla sepoltura alla cura del corpo, dai vestiti all’eredità digitale. Ho inserito anche una componente che ritengo fondamentale: la musica. Con la scelta di una playlist rappresentativa della propria personalità. C’è anche la black list, ovvero l’elenco di persone che non si desiderano avere alla propria cerimonia. Inoltre lascio dei compiti a casa: il modello della pianificazione funebre, una check-list da compilare per ripercorrere il percorso della propria vita, inserendo dati personali e desideri. Grazie alla quale si contribuisce a creare una consapevolezza in vita che aiuta ad arrivare al momento della morte con accettazione e maggiore leggerezza. Alleviando il più possibile il peso di scelte importanti in un passaggio così traumatico. Questo è l’obiettivo della pianificazione funebre.

Perché ha scelto questo mestiere? Cosa le piace di più?

Ho ereditato la passione per questo mestiere da mio padre, che negli ultimi suoi vent’anni ha deciso di cambiare vita diventando operatore funebre. La sua morte mi ha aperto un mondo, il lutto mi ha veramente cambiata. Quando è venuto a mancare è stato tutto molto “leggero” perché mi aveva guidata nei minimi dettagli alla pianificazione del suo funerale. Sapevo esattamente quali fossero le sue volontà e come realizzarle. Da questa esperienza ho capito che la missione della mia vita avrebbe dovuto essere fare provare questa leggerezza a tutti gli altri dolenti. Aiutandoli nella pianificazione funebre con consapevolezza, attenzione e dedizione. La più grande soddisfazione del mio lavoro è proprio la gratitudine delle persone che si rivolgono a me. Il loro “grazie” è il mio più grande guadagno.

Quello dell’operatore e pianificatore funebre è dunque un mestiere da normalizzare, ma possiamo dire che sicuramente non morirà e non passerà mai di moda.

È vero. Ma vorrei sfatare questo mito secondo cui si sceglie questo lavoro solo per soldi e perché non andrà mai in crisi. Non è così, almeno non lo è per tutti e di certo non per me. Io lo faccio con passione e dedizione, per aiutare concretamente le persone e i loro cari. Quando qualcuno mi chiama per un servizio, vado personalmente a fargli visita a casa anche due volte al giorno. Su un’agenda mi annoto i nomi di tutti, per non dimenticare. Ascolto e seguo costantemente chi si rivolge a me per intraprendere questo importante percorso, che inevitabilmente crea legami che porterò sempre con me. È un aiuto e un insegnamento reciproco. Spero che in futuro il mestiere di funeral planner, e in generale tutto il settore funebre, possa acquisire più valore agli occhi della gente.

Oltre a quelli del Papa, anche tra i cittadini comuni i trend e i desideri sui funerali sono cambiati?

Riscontro soprattutto un cambiamento verso la cremazione rispetto alla tumulazione. Si preferisce essere cremati e, tendenzialmente, dispersi. Io stessa, ad esempio, vorrei essere dispersa. Forse dopo aver incontrato il Papa potrei veramente dire di poter finalmente morire felice.