Home Politics Papa Francesco la butta in rissa: “Gaenswein manca di nobiltà e umanità”

Papa Francesco la butta in rissa: “Gaenswein manca di nobiltà e umanità”

Papa Francesco

di Sallustio Santori

“Manca di nobiltà e umanità”. E con questo l’Asilo Mariuccia d’Oltretevere è servito. Mai, nemmeno nei più incredibili volumi di rivelazioni o segreti, da “Via col Vento in Vaticano” dei Millenari (un team di tonache dal dente avvelenato che a fine anni ‘90 si prese una pubblica vendetta contro la Curia) alle varie edizioni di Vatileaks, un Papa aveva scelto di scendere nel teatrino delle polemiche e lanciare stilettate a destra e a manca.

Papa Francesco all’attacco di Georg Gaenswein

Il bianco Padre e fratello di tutti gli uomini, il Santo Padre Francesco ha deciso di essere per qualche momento un pelo meno Santo e tirare botte da orbi. Lo ha fatto – racconta il quotidiano spagnolo La Vanguardia – nel libro del giornalista Javier Martinez-Brocal intitolato “El sucesor” e di prossima uscita, nel quale il motivo scatenante di tali pesanti uscite è dato dal libro “Nient’altro che la verità” di Georg Gaenswein, inopinatamente arrivato in libreria in contemporanea con le esequie di Benedetto XVI: “Il fatto che nel giorno delle esequie sia stato pubblicato un libro che mi critica pesantemente, che racconta cose che non sono la verità, è molto triste”, ha esordito Jorge Mario Bergoglio. E quindi: “Detto questo, non è che mi tocchi o mi condizioni. Però sì, mi ha fatto dispiacere che si sia usato Benedetto” contro di lui, dice il Papa. Che ci tiene, e molto, a spiegare come i rapporti con il predecessore emerito fossero quantomai cordiali.

Non cambiano le regole del conclave, ma quelle delle esequie pontificie sì

Joseph Ratzinger era un grande teologo che ha lasciato una grande eredità alla Chiesa con i suoi insegnamenti”, ricorda Bergoglio, tracciando un affettuoso ritratto di: “Un enfant prodige che guardava al futuro” e che nel dimettersi ha mostrato di aver preso una decisione “molto avanzata, progressista” per il futuro del governo del mondo cattolico. Ah beh, sì beh, come vuole lei Santità: peccato però che quando si propone l’idea delle dimissioni a Francesco, questi non solo nicchia ma ha di recente spiegato che non solo non lo farà (a meno che non gli si affievoliscano le facoltà intellettuali, ragion per cui ha lasciato un’apposita lettera di dimissioni senza data in Segreteria di Stato), ma addirittura di aver modificato il rituale delle esequie pontificie. Non cambieranno le norme che regolano il Conclave, a quanto pare, ma il funerale sì.

Bergoglio non sarà esposto sul catafalco (e quindi non sarà presumibilmente imbalsamato, come di solito si fa con i Papi: solo Pio X, oggi Santo, lasciò scritto il suo rifiuto all’imbalsamazione) davanti all’altare della Confessione in San Pietro perché tutti i fedeli possano pregare per lui; sarà invece incassato nella bara che, chiusa, verrà portata in chiesa per le esequie. A questo punto vorremmo sapere se in San Pietro o se in Santa Maria Maggiore, dove peraltro Francesco ha già detto di aver scelto il luogo per il seppellimento. Un funerale semplificato, insomma, senza lo sfarzo e le insegne del lutto papale. E pensare che tra i conservatori, un tempo, c’era chi riteneva le esequie anni ‘70 di Paolo VI e Giovanni Paolo I “sciatte” perché figlie della riforma liturgica del Vaticano II. Mah.

“Francesco non è un eretico”. Parola di Ratzinger

Vabbè. Torniamo all’intervista: sebbene i rapporti con Ratzinger fossero dunque rispettosi e cordiali, Francesco se la prende con chi ha usato Benedetto contro di lui. Insomma, lo scontro fra conservatori e progressisti in Vaticano non c’è stato e se c’è stato si tratta davvero di poca cosa: il Papa emerito non ha mai pensato di mettersi contro il successore (del resto, dimettendosi nel febbraio 2013, aveva assicurato obbedienza al successore, chiunque fosse stato), ma sono stati alcuni “svitati”, a dire di Bergoglio, a pretendere di dare a Ratzinger un ruolo di garante del pontificato. “Le dico con pena che il segretario di Benedetto mi ha reso il Papato a volte difficile”, ricorda Francesco su Gaenswein.

Quando per esempio Francesco giubilò il capo di un dipartimento, don Georg pensò bene di portare l’illustre trombato a lamentarsi da Ratzinger e ritrarlo in una foto, come a indicare che il Papa emerito fosse contro il successore: olè. E quando Bergoglio disse che le unioni civili avrebbero potuto essere un modo corretto per dare protezione legale agli omosessuali senza equiparare tutto questo al matrimonio, un gruppo di cardinali andò a lamentarsene con Ratzinger il quale, ascoltati tutti quanti, disse loro che Francesco non era un eretico e non stava aprendo al matrimonio gay. E un’altra bordata, un lieve accenno ad eventuali condizionamenti – se non peggio – da parte di Gaenswein sul Papa emerito: Bergoglio racconta che Benedetto la domenica aveva l’abitudine di mangiare insieme a qualche amico a casa del suo antico segretario, Josef Clemens, a quanto pare un cuoco provetto. Una domenica, si dice, Ratzinger telefonò a Clemens dicendogli: “Posso chiamarti adesso perché Georg è uscito”. E per Bergoglio: “È come se per non offendere i suoi collaboratori addirittura evitasse di parlare anche al telefono”.

Botte di Pasqua: per Francesco Ratzinger era “succube” di Gaenswein

Insomma, qui siamo ormai al western stile Botte di Natale, l’ultimo girato da Bud Spencer e Terence Hill trent’anni fa, film che contiene la più lunga scazzottata mai messa in scena dalla coppia di attori. Qui la scazzottata dura un libro e le insinuazioni papali sono davvero cattive.

Ratzinger dunque, par di capire, è stato succube di Gaenswein a causa della sua “mansuetudine” e come tale è finito vittima di un segretario che in pratica avrebbe temuto, potendo telefonare in sua assenza per parlare con qualcuno (vedasi Clemens) evidentemente non molto gradito all’uomo che lo ha assistito per oltre vent’anni. È un fatto che Gaenswein sia stato spedito nella diocesi d’origine in Germania, quella di Friburgo, senz’alcun incarico. È un arcivescovo ma non ha compiti né responsabilità di governo: l’ex segretario di Karol Wojtyla, don Stanislao Dziwisz, è cardinale ed è stato Arcivescovo di Cracovia, per esempio.

Don Georg no, nada, nisba: ed è stato pensionato (leggi: cacciato) dal Vaticano subito dopo le esequie del Papa emerito. Mentre il Papa regnante, già che c’è, ne approfitta per martellarlo ulteriormente togliendosi dei veri e propri macigni dalla scarpa: insomma, come a dire che tutto sommato Oltretevere va tutto bene, madama la marchesa. E chi siamo noi per contraddirlo o per non crederci? Ma certo, va proprio così: tutti condividono le scelte di Bergoglio, le chiese traboccano di fedeli, gli oppositori conservatori sono un pugno di svitati, e addirittura volevano male a Ratzinger perché dell’allora arcivescovo di Buenos Aires, al Conclave del 2005, se ne sono serviti per bloccare l’elezione trionfale del Papa tedesco.

A noi raccontarono di un Bergoglio in lacrime che chiese drammaticamente di non essere eletto Papa nel 2005 e di un cardinale Carlo Maria Martini, gesuita come l’argentino, che era convinto dell’inadeguatezza al Soglio pontificio del collega. Otto anni dopo lo Spirito Santo ha deciso diversamente, chiaro: com’è e come non è, la prossima volta per Matteo Zuppi – l’arcivescovo di Bologna targato Sant’Egidio, per il quale Bergoglio si è speso e non poco – le cose saranno più complicate. In Ucraina la sua diplomazia parallela non ha cavato un ragno dal buco…