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Xylella e siccità: la crisi a macchia d’olio d’oliva dell’Italia

OlivYou

Perché questo articolo potrebbe interessarti? L’Italia deve fare i conti con la delicata crisi che ha colpito la produzione dell’olio d’oliva. La diffusione della Xylella, unità alla siccità e all’esplosione dei costi, ha creato un terremoto. La produzione è in calo. E molte aziende, soprattutto in Puglia, rischiano di non reggere l’onda d’urto.

Prima la diffusione della Xylella, poi la siccità e infine i contraccolpi della crisi energetica. Si prospettano tempi duri per l’olio d’oliva italiano, finito nell’occhio del ciclone a causa di un combinato di fattori potenzialmente letale. Come accaduto in tutta l’area del Mediterraneo, la situazione è delicatissima. Le alte temperature hanno influenzato i raccolti in molti Paesi.

La produzione è in calo in Marocco, Portogallo, Tunisia, Spagna e Italia. Al contrario, lo scenario è migliore nell’estremità orientale della regione, anche se nazioni come Turchia e Siria non producono abbastanza olio per compensare il deficit. Nel frattempo i prezzi del prodotto stanno salendo alle stelle.

La situazione in Italia

In Italia i riflettori sono puntati sulla Puglia. È qui, infatti, che si concentra il 32% della superficie nazionale coltivata a ulivi, l’8% di quella dell’Ue, con circa 60milioni di esemplari. Ismea ha lanciato un chiaro allarme: nel 2022 la produzione di olio extravergine d’oliva pugliese – che vale quasi un miliardo di euro – è scesa del 52%.

In apprensione il settore pugliese e pure l’export italiano. Per Coldiretti e Unaprol, addirittura un’azienda olivicola su dieci lavorerebbe in perdita e, andando avanti così, potrebbe andare incontro alla chiusura. Ma come nasce un simile terremoto? Tutto è iniziato nel 2013 con la diffusione della Xylella. L’avanzata dell’insetto killer non si è mai realmente arrestata. Basti pensare che la zona rossa più fresca, tra Polignano e Monopoli, risale a pochi giorni fa.

L’altro grande problema coincide con la mancanza di piogge, che ha aggravato un panorama di per sé già desolante. Il numero dei frutti degli alberi si è dimezzato, e con loro è scesa la produttività. Bisogna poi aggiungere un terzo nodo recentissimo: l’aumento dei costi. I dati sono emblematici, e parlano di rincari sempre più insostenibili.

I rincari determinati dall’energia spaziano dal +170% dei concimi al +129% del gasolio nelle campagne. Il costo del vetro è salito del +30%, le etichette del +35%, il cartone del 45% e la banda stagnata del +60%. I costi crescono, dunque, ma la produzione diminuisce e con lei i ricavi delle aziende.

Nell’occhio del ciclone

Secondo FAOSTAT, che ha registrato quanto sta accadendo nell’area del Mediterraneo, l’Italia è il secondo Paese della zona per quanto concerne l’esportazione dell’olio d’oliva. Nel 2019, Roma ne produceva 336.581 tonnellate, preceduta soltanto dalla Spagna (1.129.233), e seguita da Grecia (290.476), Tunisia (239.500) e Turchia (217.800). Nella stagione 2020/2021, la Spagna si è confermata la regina indiscussa del settore, con quasi 1,3 milioni di tonnellate prodotte ( -6,4% rispetto alla stagione precedente).

La produzione italiana , in crescita del +15%, è ancora lontana dal suo massimo potenziale produttivo. La produzione, infatti, è passata dalle 674.000 tonnellate della campagna 1991-92 alle 315.000 del 2021-22. “A pesare sulla produzione è stata una siccità devastante mai vista negli ultimi 70 anni. Siccità che ha messo in stress idrico gli uliveti danneggiando prima la fioritura e poi le gemme, soprattutto in quelle zone dove non si è potuto intervenire con le irrigazioni di soccorso per dissetare e rinfrescare le piante”, sottolinea una nota di Coldiretti. Olivicoltori e frantoiani sono inoltre costretti a fronteggiare l’incremento dell’elettricità, i cui costi sono quintuplicati. Le previsioni per la campagna olearia 2022 2023 di Coldiretti e Unaprol parlano di un calo del -30% per quello che riguarda la quantità di olio prodotto.

Nel frattempo c’è chi scalda i motori nel tentativo di occupare ghiotte fette italiane di mercato. Nonostante l’attuale rallentamento, il Marocco negli ultimi anni ha incrementato la produzione di olive. In crescita anche il Portogallo e l’Algeria.

Scarica il report Ismea sui numeri della produzione dell’olio d’oliva in Italia