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Superbonus, ma alla fine quanto ci sarà costato?

Superbonus, ma alla fine quanto ci sarà costato?

Perché leggere questo articolo? La scure del Governo si abbatte sul Superbonus, di cui però non è ancora dato sapere quale sarà il costo finale. Ora sono 114 miliardi, poi?

Due cose sono infinte: la stupidità umana e il costo del Superbonus 110%. Sulla prima ha già detto tutto la massima di Albert Einstein che paragonava la stupidità umana all’universo nella sua infinitudine. Sulla seconda prova a mettere mano il governo. A sorpresa (perchè non era all’ordine del giorno) il Consiglio dei Ministri ha approvato martedì un nuovo decreto-legge sul Superbonus. Una scure si abbatte sul provvedimento, con nuove limitazioni e di fatto l’eliminazione di concessioni che lo stesso governo aveva approvato con il precedente decreto-legge sull’argomento. Resta una arcano: questo benedetto Superbonus, alla fine dei conti, quanto ci sarà costato? Nessuno lo sa, ed è abbastanza incredibile. Oltre che molto italiana come cosa.

La scure del governo sul Superbonus

In conferenza stampa il ministro dell’Economia Giorgetti spiega gli argini che il governo Meloni ha pensato per il Superbonus. “Abbiamo eliminato ogni tipo di sconto in fattura e cessione del credito per tutte le tipologie che ancora lo prevedevano. Abbiamo inoltre eliminato l’istituto della remissione in bonis che avrebbe consentito fino al 15 ottobre 2024 le correzioni con il pagamento di una minima sanzione delle comunicazioni già intervenute, e previsto per tutte le nuove fattispecie una comunicazione preventiva a inizio lavori in modo da avere una monitoraggio preventivo del fenomeno senza aspettare il caricamento delle fatture sulla piattaforma dell’Agenzia delle Entrate”.

Sostanzialmente, il governo elimina ogni possibilità di ricorrere ai cosiddetti “sconti in fattura” e “cessione del credito” e cancella la possibilità di fare correzioni ai piani dei lavori fino al 15 ottobre 2024. In precedenza era previsto che per i lavori non ancora ultimati si potessero compiere variazioni ai piani con il pagamento di sanzioni limitate. Forse, dopo quattro anni, arriva la parola “fine” al Superbonus e con essa il momento di fare i conti. Qui arrivano i problemi veri. Contribuenti: quanto abbiamo speso?

Fino a qui 114 miliardi, ma non abbiamo finito

Da luglio del 2020 alla fine di febbraio del 2024 è costato allo Stato 114 miliardi di euro, quasi 2mila euro per ogni residente in Italia, ma per una serie di ragioni è difficile capire come evolverà ancora la spesa nei prossimi anni, e quanto effettivamente sarà costato una volta esaurito. Sebbene quando fu introdotto trovò il sostegno quasi unanime di tutti i partiti, oggi il Superbonus è un bel guaio per il bilancio pubblico: l’onerosità e l’imprevedibilità del costo rendono piuttosto complicata la programmazione economica del governo, che si trova a fare le sue valutazioni con stime che cambiano continuamente e che impegnano una quota della spesa pubblica sempre superiore alle aspettative.

Il Superbonus è una voragine. Di recente, il ministro dell’Economia Giorgetti si è spinto oltre con le metafore. “E’ un incidente nucleare che continua a emanare radiazioni”. Prima ancora l’aveva paragonato alla morfina, da cui bisogna disintossicarsi subito. Al di la della retorica, restano i numeri, impietosi. La cifra che lo Stato italiano sta spendendo per il superbonus è vicina ai 150 miliardi. Il contatore, avviato in pandemia, sta continuando a girare. E potrebbe aumentare, grazie a una stangata in arrivo dall’Ue.

Per il Superbonus nessun ha pagato

A questo punto, vi starete domandando chi sia il responsabile di questo sesquipedale strafalcione, che in una qualsiasi azienda privato (ma forse, ci sbilanciamo, anche pubblica) sarebbe costato il posto. Per cominciare, no il Ragionieri non fa Fantozzi di cognome. Si chiama Biagio Mazzotta e… è ancora lì al suo posto. Avete capito bene: alla Ragioneria Generale dello Stato non è cambiato nulla. Mazzotta è stato nominato Ragioniere nel 2019, e lì è rimasto. Nonostante il Superbonus e due cambi di governo. Hic manebimus optime, “qui staremo benissimo”. La frase di Ab urbe condita che Tito Livio mette in bocca a un centurione è quanto mai attuale: parla di sacco di Roma.