Tra i settori più colpiti dalle conseguenze della pandemia c’è quello della musica. A causa della messa al bando di concerti e festival, certo, ma anche dei cambiamenti nelle abitudini di consumo collettivo. I primi mesi della pandemia sono stati pessimi persino per un gigante come Spotify, che nel marzo 2020 ha registrato un calo del 23% nell’ascolto delle 200 canzoni più popolari. Un trend che è stato invertito a fatica entro la fine dello scorso anno ma che potrebbe tornare a fare capolino ora che si riparla di nuove chiusure e lockdown.

Perché ci interessa? Perché l’improvvisa scomparsa del tragitto casa-lavoro, unito ai provvedimenti per il distanziamento sociale, è stato uno dei fattori più importanti nella flessione dell’utilizzo di Spotify e simili. Ci si sposta meno e si lavora di più da casa, dove si predilige un altro tipo di tappeto sonoro (come dimostra il successo della musica lo-fi o di rilassamento, su YouTube e Spotify); come se non bastasse, poi, si è spesso in collegamento con colleghi e soci su piattaforme come Zoom, tutti momenti in cui è escluso l’ascolto di musica.
A uscire trionfante da questo sconvolgimento è però il settore dei podcast – su cui Spotify ha puntata dal 2018 –, che lo scorso agosto risultava raddoppiato rispetto l’anno precedente. Con tutti i podcast che ci sono, anche in italiano, è inevitabile trovare quello giusto per sé, con cui passare un’oretta in compagnia, o avere l’illusione di farlo.