Home Economy Draghi all’Ecofin, il trader Di Lorenzo: “Un gigante ma l’Europa è un nano”

Draghi all’Ecofin, il trader Di Lorenzo: “Un gigante ma l’Europa è un nano”

Draghi ecofin

Perché leggere questo articolo? Draghi si è recato in Belgio in occasione dell’Ecofin per produrre un rapporto di alto livello sulla competitività dell’Unione Europea. Tra i tanti temi, l’ex fondatore della BCE ha parlato della necessità di investire grandi quantità di denaro in tempi relativamente brevi. Ha inoltre ribadito che i tre pilastri su cui si è fondata l’UE sono in pericolo.

L’Unione europea deve investire “un’enorme quantità di denaro in un tempo relativamente breve” per affrontare le sfide che si trova ad affrontare, ha detto Mario Draghi. L’ex presidente della Banca Centrale Europea il 24 febbraio si è recato a Gand, in Belgio, per produrre un rapporto di alto livello sulla competitività dell’Unione Europea richiesto dalla presidente Ursula von der Leyen. Draghi ha incontrato i ministri delle finanze dei Paesi dell’UE in occasione dell’Ecofin (Consiglio di Economia e Finanza) per discutere sui possibili modi per reperire i fondi necessari. L’ex premier italiano ha parlato di almeno “500 miliardi di euro”.

Il discorso di Draghi sui tre pilastri dell’Ue

Per quanto riguarda investimenti necessari, “non intendo solo il denaro pubblico, ma anche i risparmi privati: come si potrebbero mobilitare le risorse private in misura molto più elevata rispetto al passato e sono impaziente di avere questa discussione”, ha segnalato Draghi. “Siamo qui per un primo scambio con diverse parti interessate per la preparazione del rapporto sulla competitività dell’Europa”, ha annunciato al suo arrivo in Belgio.

“L’ordine economico globale in cui l’Europa ha prosperato è scosso per la dipendenza dall’energia russa, le esportazioni cinesi e sulla difesa dagli Usa” ha affermato Draghi. L’ex presidente della BCE ha inoltre discusso sul fatto che il divario dell’Ue rispetto agli Usa si sta allargando soprattutto dopo il 2010. “Agli Usa sono serviti due anni per tornare ai livelli precedenti, all’Ue nove anni, e da allora non siamo saliti”, ha concluso.

Secondo Draghi “tre pilastri su cui ha fatto affidamento l’UE” non sono più solidi come prima, e “solo sulla transizione verde e digitale l’UE potrebbe spendere 500 miliardi di euro l’anno“. Il deficit di finanziamento tra Europa e Stati Uniti in termini di investimenti equivale a mezzo trilione di euro all’anno, e un terzo di questo sarebbe denaro pubblico. Tutti i ministri che hanno partecipato all’Ecofin infine sembrano concordare su ciò che è necessario cambiare per rilanciare la competitività dell’UE, dall’abbassamento dei prezzi dell’energia alla riduzione degli oneri normativi. Sono però emerse divisioni quando si parla di denaro pubblico.

Il valore del discorso di Draghi per l’analista finanziario Di Lorenzo

“Va contestualizzato il momento storico” secondo Pietro Di Lorenzo, analista finanziario e fondatore di Sostrader. “La mancanza di leadership deriva da quando la Merkel è andata via. La Merkel aveva un grande ascendente sia in termini di carisma e di esecution, si andava spesso dove voleva andare la Germania. La Germania però ora sta attraversando un momento buio. I dati non parlano della classica locomotiva di cui eravamo abituati in passato ma è in grande difficoltà. Si è persa la leadership che avevano i leader delle scorse generazioni. Fra i “nani” Draghi spicca, ha un ottimo track record e nella BCE è andato molto bene. Anche in Italia grazie al suo ascendente lo spread è sceso. Non è l’unico riferimento ma in questa vacatio di leader è fra i più carismatici“.

La questione Draghi alla presidenza della Commissione Europea “potrebbe essere un tema ma non è una non volontà dell’Europa quanto più una questiona anagrafica“, commenta Di Lorenzo. “Draghi ha 77 anni, il mandato è di 5 anni e quindi finirebbe l’ipotetico mandato a 82 anni. Ci sarebbe quindi da trattare anche la questione dell’età di Biden. Secondo me quindi non è tanto questo, quanto se Draghi ha forza ma soprattutto interesse.”

L’agenda dell’Europa e il discorso di Draghi

Sul fatto che gli Stati Uniti hanno impiegato molti meno anni per riprendersi dalla crisi del 2008, secondo Di Lorenzo la questione dipende da alcune peculiarità. La prima è che l’UE è più disgregata. “Ci sono 27 paesi molto diversi fra loro. Per sua natura l’UE è un’unione più formale che sostanziale. Gli Usa, nella loro difformità, sono più uno Stato a sè. In Europa siamo storicamente uniti da un trattato, parliamo lingue diverse e abbiamo difese diverse. Governare gli Stati Uniti è più facile, è tutto più snello quindi reggono molto meglio rispetto a noi”, ha affermato. “Il fatto di essersi ripresi dipende quindi dalla peculiarità in quanto l’Europa è unita ma ogni paese va un po’ a se. Alcuni paesi reagiscono meglio, altri no. E’ difficile fare una valutazione generale.”

Draghi nel suo discorso all’Ecofin ha parlato dei tre pilastri (energia russa, esportazioni dalla Cina e apparato di difesa degli Stati Uniti). “In questi due anni sono cambiate tante cose anche se non ce ne accorgiamo. L’energia russa è un tema centrale anche ora il tema è tornato ai minimi da due anni. Questo anche grazie ad un inverno poco freddo ma anche perché si è raggirata la questione del petrolio. Il tema della Cina è anche molto rilevante. La Cina cresce molto meno del passato”, afferma di Lorenzo. Per quanto riguarda l’ultimo pilastro, il concetto di difesa negli anni è cambiato. “Prima della guerra in Ucraina, nei vertici europei si parlava addirittura di demilitarizzazione, col concetto di poca difesa e diminuzione delle spese. E’ notizia di questi giorni che l’Unione Europea parla di ricominciare ad armarsi e difendersi. Avere un conflitto vicini ai confini è difficile soprattutto con gli Usa che pare vogliano distaccarsi dal conflitto tra Russia e Ucraina.”

Il Pnrr è un fallimento?

Importante è anche il tema PNRR. “La Commissione europea il 21 febbraio ha reso nota una valutazione di medio termine in cui l’Italia emerge come il paese che ha chiuso più progetti con i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza in Europa (178 su 527). In realtà se si fa un’analisi più approfondita, meno del 20% di quanto si era immaginato di prendere dal PNRR è stato effettivamente usato. 178 progetti sono stati chiusi ma la stragrande maggioranza fondi non sono stati usati e spesi”, ha commentato il fondatore di Sostrader. “Una valutazione più corretta si potrà fare fra qualche anno. Secondo me era un’opportunità straordinaria. Storicamente l’Italia fa fatica e mettere in attuazione i progetti. Questa questione è passata tra diversi governi e quindi c’è stato uno scarica barile negli anni. Anche questo è finito in caciara, come sempre.”, ha concluso.