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Ecco i Paesi più esposti in Europa con le banche russe

Sanzioni alla Russia, l'Europa è arrivata al capolino?

Perché questo articolo potrebbe interessarti? La Banca centrale europea ha chiesto alle banche europee di ridurre ulteriormente la propria esposizione verso la Russia. Numerosi istituti hanno recepito le indicazioni, avviando un processo graduale nei mesi successivi allo scoppio della guerra in Ucraina. A Mosca e dintorni c’è tuttavia chi continua a mantenere una presenza importante. Ma Bruxelles, fautrice della linea dura contro il Cremlino, spinge per la stretta.

Nel terzo trimestre l’esposizione delle banche europee verso la Russia è scesa ancora. Sono lontani i tempi d’oro precedenti allo scoppio della guerra in Ucraina, eppure la Banca centrale europea (Bce) chiede agli istituti uno sforzo aggiuntivo. Per isolare ulteriormente Vladimir Putin e togliergli ogni possibile sostegno utilizzabile per puntellare l’economia russa.

Il punto è che le ultime restrizioni del Cremlino rendono difficile, se non impossibile, una qualsiasi vendita. Inoltre, per molti CEO la Federazione Russa resta profittevole. Basta dare un’occhiata ai numeri – al 15 novembre – di S&P Global, dai quali si evince come l’Italia si trovi soltanto dietro all’Austria in termini di attivi bancari nel Paese.

Vienna, con un solo soggetto interessato, Raiffeisen, conta 1.599 miliardi di rubli (oltre 24 miliardi di euro). Roma ne ha invece due, Unicredit e Intesa San Paolo, per un totale di 1.303 miliardi di rubli (poco meno di 20 miliardi di euro).

Le banche italiane in Russia

Per quanto riguarda Intesa Sanpaolo, un report di Citi sottolinea come questo istituto abbia registrato il maggior calo relativo all’esposizione transfrontaliera, quantificato nel 65%. Diverso il discorso relativo a Unicredit, per il quale la Russia rappresenterebbe circa il 15% del tangible book value e quasi il 2% dei prestiti.

Il Financial Times ha inoltre scritto che i rapporti tra Bce e Unicredit si sarebbero fatti tesi, tra le altre questioni, anche per il caso Russia. In particolare, la Banca centrale europea sarebbe infastidita dalla lentezza con la quale l’istituto italiano starebbe uscendo da Mosca.

La stessa Bce considera la presenza russa della suddetta banca come una sgradita fonte di rischio, e la starebbe spingendo a lasciare il Paese. Dove ha 2,4 miliardi di euro di capitale immobilizzato.

Unicredit ha escluso la svendita delle attività in Russia ad un oligarca locale. Detto altrimenti, non seguirà il percorso intrapreso dalla Société Générale francese, con un addebito di 3,1 miliardi di euro. L’istituto italiano avrebbe intrattenuto colloqui con potenziali acquirenti in Cina, India e Turchia, mentre la Bce avrebbe chiesto relazioni periodiche sui progressi compiuti. UniCredit ha in ogni caso dichiarato di essere “impegnata a disimpegnarsi dalla Russia in modo ordinato e deciso”.

Gli attivi bancari nella Federazione Russa

Gli ultimi dati di metà novembre evidenziano una situazione chiara. L’Austria era il Paese con le banche dagli attivi maggiori in Russia, seguita dall’Italia. Al terzo posto gli Stati Uniti, con 6 banche e 810 miliardi di rubli di attivi bancari, seguiti da Giappone (7 banche e 429 miliardi di attivi), Germania (5 e 334 miliardi), Francia (4 e 253 miliardi) e Ungheria (1 e 148 miliardi). Chiudono questa particolarissima classifica Paesi Bassi (2 e 111 miliardi), Regno Unito (2 e 106 miliardi), Corea del Sud (2 e 79 miliardi), Svezia (1 e 58 miliardi), Svizzera (2 e 46 miliardi), Repubblica Ceca (1 e 21 miliardi), Bulgaria (2 e 6 miliardi). Negli ultimi due slot troviamo Lussemburgo (1 e 5 miliardi) e Cipro (3 e 4 miliardi).

Intrappolati da Mosca

Nel frattempo, come anticipato, la Russia ha di fatto “congelato” gli istituti bancari stranieri operanti nel Paese. Già ad agosto un decreto preannunciava il divieto temporaneo di cedere asset finanziari occidentali.

Ebbene, pochi giorni fa il Cremlino ha stilato la lista delle 45 banche coinvolte. L’elenco è consultabile sul sito del governo russo e, tra gli altri soggetti, comprende: Bnp Paribas, Deutsche Bank, Credit Agricole e Credit Suisse, Unicredit, Intesa Sanpaolo.

In altre parole, gli istituti stranieri non potranno più cedere le loro controllate russe ad istituti locali, seguendo così le indicazioni della Bce. Quasi tutte le banche, infatti, stavano continuando ad operare nel Paese.

Il provvedimento di Putin vieta quindi ai Paesi ostili alla Russia – Italia compresa – di cedere pacchetti azionari nei settori bancari ed energetici. Questo fino alla fine dell’anno, anche se il decreto può essere prorogato oltre il 31 dicembre 2022.

Al momento, per uscire dalla Federazione Russa gli istituti occidentali devono avere un particolare permesso speciale fornito dal governo russo. “Il presidente russo si riserva il diritto di autorizzare la vendita di azioni detenute da soggetti di nazioni ostili solo con una decisione speciale”, si legge infatti nel documento.