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Mes, Europa che abbaia non morde

Non ci sono possibilità di cacciare Budapest dall’Ue, al massimo di attivare l’articolo 7 del trattato che permette di togliere il diritto di voto ai paesi che violano i princìpi fondamentali. Isolato, il presidente ungherese inizia a mostrare segnali di nervosismo

Perché leggere questo articolo? Dopo la bocciatura del Mes da parte del parlamento, Giorgetti dice che l’Europa ce la farà pagare. I precedenti, però, farebbero pensare il contrario…

“In Europa ce la faranno pagare”. Questo il monito di Giancarlo Giorgetti, riportato da Repubblica all’indomani della – tutt’altro che inattesa – bocciatura del Mes da parte del Parlamento italiano. Sulla bocciatura da parte dell’Italia del Mes il ministro dell’Economia ha parlato coi giornalisti a margine dell’Aula del Senato in occasione del via libera alla Legge di Bilancio. “Che ci fossero problemi sul Mes era noto a tutti. Abbiamo fatto un passo in avanti sul Patto di Stabilità, ma le sfide in Europa sono ben altre. Non è che l’Europa ha sempre ragione“. La partita resta aperta, ma l’Italia ha poco da temere. Anche quando ha ragione da vendere, l’Europa non ha armi per colpire chi è in torto marcio. I precedenti lo dimostrano.

Quando l’Europa viene bocciata dai parlamenti nazionali

La storia dell’Unione europea è costellata di clamorose bocciature da parte dei parlamenti nazionali. Voti contrari che non hanno comportato ripercussioni effettive da parte dell’Europa. Il primo clamoroso strappo “sovranista” all’Europa è datato 1954. Il 30 agosto 1954 il Parlamento francese respinge il trattato CED che era stato firmato nel maggio 1952 dai sei Paesi membri della CECA. In tal modo il progetto della Comunità Europea di Difesa (CED) fu accantonato definitivamente. Ripercussioni ai danni di Parigi? Nessuna.

No. No. No”. Le tre laconiche negazioni di Margaret Thatcher al Presidente della Commissione Europea, Jacques Delors, sono probabilmente il più famoso “no” della storia della politica. Era il 1990 e la “signora di ferro” respingeva con forza l’idea di una maggiore integrazione europea. Lo splendido isolamento dall’Europa non comportò nessuna ripercussione per il regno di Sua Maestà. Venendo a tempi più recenti, c’è stato il no in solitaria delle Germania di Merkel al piano di salvataggio agli Stati in ginocchio – su tutti la Grecia – per la crisi del debito sovrano nel 2008. Ogni gigante del Continente ha detto almeno una volta “no” all’Europa, senza subire ripercussioni. Questo per via della natura stessa dell’Unione europea. Un meraviglioso progetto sovranazionale che non dispone di potere coercitivo verso i singoli Stati membri.

L’Italia rischia poco: basta vedere Orban

L’Italia si assume la responsabilità di aver fatto saltare un percorso di trasformazione dell’Europa. Lo fa seguendo la logica di non mettere i propri soldi per aiutare le banche altrui. Una retorica che sembra riscuotere sempre più successo tra i governi dei 27. Non solo Orban e i paesi di Visegrad, anche i sovranisti e i vari “frugali” del Nord Europa guardano prima agli interessi di casa propria. Senza che questo comporti ripercussioni. Anzi, basta vedere il recente successo in Olanda di Geert Vilders, trionfatore delle ultime elezioni nei Paesi Bassi con il suo Pvv. Euroscettico, anti-immigrazione, amico di Salvini (il Pvv fa parte del partito Identità e democrazia, lo stesso della Lega, non ha parlamentare europei perché alle elezioni del 2019 non ha raggiunto la soglia di sbarramento) ma capace di fare il giro del web e delle edicole di tutta europea con quel cartello che recita “neanche un centesimo all’Italia“.

Vogliamo parlare di Orban? Da anni fa il bello e cattivo tempo in Europa. Il “sovrano” di Budapest detta – o quantomeno condiziona enormemente – l’agenda dell’Unione europea, in termini di politica migratoria o del budget europeo. Lo fa dall’alto dei meno di 10 milioni di abitanti della sua Ungheria. Eppure, non ci sono possibilità di cacciare Budapest dall’Ue. L’Europa può al massimo attivare l’articolo 7 del trattato che permette di togliere il diritto di voto ai paesi che violano i princìpi fondamentali. Isolato – ma neanche tanto – il presidente ungherese continua la sua politica del tira e molla che dura da anni.

Italia, stai serena: Europa che abbaia non morde

Vale all’estero ma anche in casa, per la politica estera o per i diritti interni. L’Europa non dispone di armi sanzionatorie efficaci. Sia che si tratti di colpire con le sanzioni i nemici della pace mondiale, sia che si tratti di limitare le violazioni ai diritti negli Stati membri, l’Ue non ha armi di dissuasione. Il nostro Paese può dormire sonni tranquilli. Il voto contrario al MES è un rischio enorme, ma per ragioni diverse. La mancata attivazione del meccanismo di salvataggio delle banche è un pericolo capitale per un paese come l’Italia che ha quasi 700 miliardi di debiti con le banche. Insomma, se proprio proprio qualcuno ce la dovrà far pagare col MES saranno le banche. Non certo l’Europa.