Home Economy Mediobanca, Milleri scalpita. Ma i nomi per la presidenza sono già bruciati

Mediobanca, Milleri scalpita. Ma i nomi per la presidenza sono già bruciati

Mediobanca, Milleri scalpita. Ma i nomi per la presidenza sono già bruciati

Perché leggere questo articolo: La battaglia per il controllo di Mediobanca, blindato l’ad Nagel, passa per la scelta del presidente. Delfin accelera. Grieco, Grili e Valeri? “Nomi già bruciati in partenza”, spiega una fonte interna

Francesco Milleri, ad di Delfin e regista del gruppo dopo la morte di Leonardo Del Vecchio, ha un obiettivo: essere il kingmaker dell’elezione del nuovo presidente di Mediobanca. Il 3 ottobre scadono i termini per presentare la lista e il gestore dell’impero del re dell’ottica, in minoranza in Piazzetta Cuccia e sconfitto da quest’ultima nella battaglia per Generali nel 2022, vuole iniziare dal “salotto buono” della finanza milanese un riassetto delle sue posizioni. Nei giorni scorsi sono circolati sulla stampa nomi di altissimo profilo per la presidenza.

I nomi per Mediobanca (già bruciati)

Si va da Patrizia Grieco, ex presidente di Enel e Monte dei Paschi di Siena, all’ex ministro delle Finanze Vittorio Grili. Passando per Flavio Valeri, già a capo di Deutsche Bank in Italia. Tutte queste figure hanno standing e curriculum di peso. Ma la liturgia di Piazzetta Cuccia non è quella della finanza ordinaria. “Sono nomi già bruciati in partenza, addirittura potrebbe trattarsi di pretattica”, spiegano a True-News fonti vicine a Mediobanca. “Milleri vuole alzare la posta” per avere in mano la scelta del sostituto di Renato Pagliaro alla presidenza, “e mostrarsi centrale sia di fronte ad Alberto Nagel, ad della banca, che al management di Piazzetta Cuccia”.

Il ragionamento è chiaro: Milleri, in Delfin, deve riscattare lo schiaffo della sconfitta di Generali. E mostrarsi attivo anche nella direzione di future battaglie per i rinnovi del management delle società di picco del mondo privato italiano. Soprattutto, Mediobanca appare oggi la chiave del sistema capitalistico italiano. La banca “regista” delle grandi operazioni di sistema. Proprio per questo, ragionano i ben informati, la pretesa di fondo di Milleri di un presidente di garanzia non è sbagliata.

Il risiko di Delfin

Pagliaro stesso lo è stato prima e dopo che  Delfin venisse autorizzata a raggiungere il 20% all’interno della banca a patto che la partecipazione fosse meramente finanziaria, e non fosse determinante per la gestione della banca. Ma proprio per questo motivo viene da pensare che i nomi di Grieco, presidente in pectore di Generali per la cordata Delfin-Caltagirone sconfitta da Nagel, e Grilli, consulente della stessa operazione, non avrebbero potuto, in alcun modo, ricevere accoglienza.

Il vero gioco di Milleri mira alla trattativa col consiglio di amministrazione per spuntare nelle trattative la prospettiva di una lista unica in vista del voto che si terrà a ottobre.

Come funziona il voto in Mediobanca

La “liturgia” di Mediobanca, infatti, prevede che la lista di maggioranza sia presentata dallo stesso cda, in alternativa o in sostegno al quale le liste di minoranza si possono muovere. Controllare il cda di Mediobanca significa anche controllare quello di Generali, di cui la banca è azionista di riferimento, che per la nomina del management segue un medesimo percorso. Il voto sulle liste concorrenti è poi demandata all’assemblea dei soci, ove un ruolo decisivo lo giocano i fondi stranieri che sono un presidio della capacità del gruppo di agire nel mercato.

Nagel vuole il rinnovo alla guida della banca e la conferma di otto consiglieri su quindici, e da tempo si parla che Pagliaro, discepolo di Enrico Cuccia in sella dal 2010, possa passare la mano. Il dilemma sarà capire chi potrà essere ritenuto una figura super partes capace di maneggiare in maniera non partigiana informazioni e dati che passano sulla scrivania del gruppo.

Sette o dieci rinnovi in Cda: la partita è aperta

Certamente per il cda di Mediobanca le figure proposte per ora da Milleri, spalleggiato da Caltagirone, nonostante l’indubbia competenza non hanno il physique du role. Mediobanca proporrà di rinnovare otto consiglieri su quindici. Delfin, a quanto si può apprendere da fonti di mercato, chiederà il rinnovo di almeno dieci seggi nel cda. Su questi tre scranni si gioca la trattativa per evitare che in Mediobanca si arrivi alla conta. Quel che è certo è che il presidente non sarà nessuna delle figure che sono circolate sulla stampa. A Piazzetta Cuccia, infatti, il braccio di ferro palese non va di moda.