Secondo l’edizione 2020 del Global Business Complexity Index stilato dalla società di consulenza TMF Group, l’Italia è l’undicesimo paese in Europa per quanto riguarda la complessità del business, e il 36esimo nel mondo. La ricerca riguardava 77 giurisdizioni e aveva l’obiettivo di individuare i Paesi più “employer friendly”, quelli insomma dove un imprenditore ha minori difficoltà a fare impresa. Di conseguenza, l’indice va letto al contrario: le prime posizioni sono riservate ai più “complessi”, mentre più si scende meno burocrazia c’è.

A ottenere il titolo di paese “più complesso” è l’Indonesia, a causa della sua Negative Investment List, che limita la percentuale di proprietà straniere permessa in ciascun settore industriale. La burocrazia locale non aiuta, visto che ci sono in tutto 22 settori, divisi a loro volta in più di 200 sottosettori. All’estremo opposto troviamo l’ultima posizione del Curaçao, parte del Regno dei Paesi Bassi (a loro volta messi molto bene in termine di bassa complessità) e caratterizzato da un notevole laissez fare per aziende di qualunque nazionalità.