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Guerra e siderurgia, un’altra bomba sull’economia italiana

Guerra e siderurgia, un’altra bomba sull’economia italiana

Lo tsunami bellico in Ucraina rischia di causare un effetto contagio sul prezzo dell’acciaio e dunque sulla stabilità dell’industria italiana ed europea. Lo temono in particolare gli operatori industriali del settore siderurgico, i quali prevedono un netto e sistematico aumento dei prezzi dell’acciaio nei mesi a venire, anche a causa della guerra in Ucraina.

La crisi in Ucraina e le sue conseguenze avranno un impatto diretto e indiretto sui prezzi dell’acciaio, ha spiegato in un webinar organizzato dalla sua testata il responsabile dell’Ufficio Studi di Siderweb, Stefano Ferari.

Ucraina e acciaio: un problema di filiera

Non c’è grande disponibilità di questi materiali, l’autonomia dei Paesi importatori è già ridotta e il problema riguarda sia l’Ucraina che la Russia, per ragioni diverse. Il problema è di filiera, in un contesto in cui le vendite di tutti i produttori europei sono ferme. “Russia e Ucraina sono tra i Paesi più attivi nella fornitura di materie prime e semilavorati siderurgici all’Ue e all’Italia e i venti di guerra portano incertezza, che si riverbera sui prezzi”.

Inflazione, un lungo inverno per l’Europa e l’Italia

A questo si aggiunga il fatto che la guerra in Ucraina sta provocando un’accelerazione senza precedenti nei prezzi di petrolio, gas naturale e elettricità, oltre una crisi delle catene del valore, e si capirà la portata del problema. Per l’Europa l’inverno dell’inflazione è destinato a durare a lungo. L’aumento dei prezzi a febbraio al 5,8% registrato in settimana da Eurostat dopo il 5,1% a gennaio è stata una doccia fredda. Ma altre docce fredde stanno arrivando in queste giornate con i record dei prezzi dell’energia, dei metalli (alluminio e nickel specialmente) e le forti tensioni dei prezzi delle materie prime e dei beni alimentari. Problemi che impattano direttamente sulla filiera dell’acciaio. Nell’area euro un aumento dei prezzi del 10% dell’energia genera un aumento di 0,2 punti percentuale di inflazione generale. E il fatto che “senza acciaio non c’è industria”, ricordando la massima di Oscar Sinigaglia, rende la siderurgia un settore chiave.

Siderurgia: quanto costa all’Italia la guerra in Ucraina

Nei primi undici mesi del 2021, secondo quanto elaborato dall’Ufficio Studi siderweb su dati Eurostat, l’Italia ha importato dall’Ucraina 5,18 milioni di tonnellate di acciaio, in aumento del 77,6%. Non ci sono certo dubbi in “relazione agli aumenti che, a causa della guerra in Ucraina, interesseranno i prodotti che da quell’area geografica vengono esportati in Italia e in Europa. “I rumor parlano di rialzi nell’ordine di 150-200 euro la tonnellata. Valori comprensibili se si pensa che materie prime, semilavorati ed energia erano già sotto pressione prima dell’attacco russo. A questo si sommerà una logistica completamente da riorganizzare“, sostiene Cesare Viganò, consigliere delegato di ArcelorMittal Cln Distribuzione Italia.

Per l’immediato futuro, dunque, tre sfide da vincere: carenza di semilavorati, bomba dei costi dell’energia, destrutturazione delle catene del valore. Non sarà facile, specie per un settore importante per l’Italia e l’Europa. Un settore da 60 miliardi di euro annuo di fatturato che sperava di ricevere dopo la pandemia un’ulteriore spinta da un serio programma di opere pubbliche e da un disegno politico di economia circolare capace di ridurre gli sprechi di materiali, riutilizzare i rottami, riposizionare Roma nelle catene del valore del settore. Ma si trova a dover controbattere le emergenze del presente.

Siderurgia, un’occasione per accelerare la transizione

Come possono essere sostenibili i piani dell’ex Ilva di portare a mercato 2 miliardi di euro di investimenti e l’obiettivo di 8 milioni di tonnellate in queste condizioni? Che futuro per aree dipendenti dalla siderurgia e dal suo indotto come Cremona, Terni, Brescia? Nell’era del rischio dei lockdown produttivi e della necessità di far ripartire industria e crescita, l’acciaio può essere un grande sconfitto. Ma da ogni crisi bisogna cogliere il volano dell’opportunità. Per quanto riguarda l’energia, pensare di poter fare a meno da domani dei Paesi coinvolti nel conflitto è velleitario.

Questa situazione, che si va a sommare ad altri fattori storici di tensione, ripropone la necessità di tutelare il siderurgico accelerando anche la transizione energetica e produttiva. Dato che già di per sé la via “verde” porterà con sé un aumento dei costi, appare ora più che mai fondamentale prendere la palla al balzo dedicando energie alla produzione di acciai speciali a più alto valore aggiunto, strategici per il loro utilizzo in comparti critici e molto flessibili per la loro sovrapponibilità con metalli come cromo e manganese. Questo consentirebbe di unire efficienza ed efficacia, conseguendo un più alto sviluppo tecnologico da mettere al servizio sia della produzione sia dell’abbattimento dell’impatto ambientale. E dunque della dipendenza dalle materie prime che oggi infiammano il mercato.

Si impongono misure emergenziali per calmierare i costi

Non illudiamoci, però: nel breve periodo la recessione nel siderurgico rischia di far male e di colpire il mercato a tutto campo. Il combinato disposto tra aumento dei prezzi, crisi produttiva e shock delle forniture impone misure emergenziali di calmieramento dei costi, difesa delle filiere e presidio dell’operatività di un settore già colpito dalla pandemia e della competizione globale. Dagli altoforni di tutto il mondo escono ogni anno 2 miliardi di tonnellate di acciaio, 1,3 dei quali prodotti da fabbriche siderurgiche asiatiche, dunque Europa e soprattutto Italia sono “price-taker” e non decisive nel determinare le grandi dinamiche di questo settore, specie in tempo di guerra. Ma nulla impedisce di ragionare su strategie per limitare i danni di sistema.