Home Economy Gli e-Fuels? Sono la salvezza dell’auto tradizionale. Parla l’esperto

Gli e-Fuels? Sono la salvezza dell’auto tradizionale. Parla l’esperto

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Perchè leggere questo articolo: Andrea Taschini, tra i massimi esperti del settore auto in Italia, offre una lettura controcorrente dell’accordo sugli e-Fuels. Che a suo avviso può salvare l’industria europea.

L’auto a motore endotermico? Per l’esperto  Andrea Taschini può essere salvata e il primo passo è l’accordo Ue-Germania a cui l’Italia ha contribuito a dare uno slancio. Il manager e consultant di lungo corso del settore auto, duro critico della svolta elettrica dell’Europa, invita a non disperarsi. E a riscoprire la forza dell’industria per il futuro dell’Europa.

Come si è evoluta la situazione dell’auto europea dopo l’accordo Ue-Germania?

L’intervento italiano è stato molto propizio per dare la possibilità alla Germania di ripensare alle proprie posizioni taleban – ambientaliste che erano particolarmente lesive della propria industria automotive. L’ apertura agli E fuel è fondamentale per giungere al principio di neutralità tecnologica che è un punto fermo per l’innovazione: il legislatore non deve mai mettere il naso sul come si raggiungono certi determinati obiettivi.

E-Fuel e biocarburanti, spesso messi in contrapposizione. Quali rischi e quali opportunità si aprono per l’Italia?

Dal momento in cui il motore endotermico non è stato messo fuorilegge, si aprono possibilità non solo sui Bio carburanti ma su qualsivoglia tecnologia che rispetti l’azzeramento delle emissioni nell’intero processo produttivo di un veicolo; sotto questo punto di vista potrebbero essere paradossalmente le auto elettriche a non rispettare i parametri visto che la produzione di batterie necessita di enormi quantità di energia oggi prodotta dalla Cina al 70% con carbone e come sappiamo bene il 77% delle batterie viene proprio dalle aziende operanti dal paese asiatico.

E sul fronte del settore della componentistica? Come si può salvare l’indotto italiano?

Parliamoci chiaro: non credo alla possibilità di riconversione del tessuto industriale automotive italiano per tre motivi fondamentali. Il primo è perché batterie e motori elettrici vengono e continueranno a venire dalla Cina per motivi di competitività di sistema e ai componentisti italiani rimarrà poco da riconvertire. Secondo perché sono convinto che a breve avverrà un’invasione di auto elettriche cinesi low-cost che sbaraglieranno il campo riducendo la produzione di auto in Europa. Il terzo, che è una conseguenza dei motivi precedenti, perché le case auto europee delocalizzeranno per essere competitive soprattutto nel segmento economico riducendo il fabbisogno dei componenti made in Europe.

Ha più volte criticato l’approccio Ue sull’auto elettrica, e ora anche molti ex della Commissione come Romano Prodi bocciano il tutto elettrico al 2035. Si sta prendendo coscienza del rischio del disastro industriale?

Sarebbe drammatico che persone che hanno avuto la pretesa di governarci per anni non avessero pensato prima alle conseguenze delle scelte che si stavano per fare. Prodi è arrivato tardi ad esprimersi ma è stato in buona e numerosa compagnia: io ho iniziato a scrivere della questione auto elettrica nel 2018 arrivando già allora alle stesse conclusioni di oggi ma sono stato seguito nei ragionamenti da un solo un grande imprenditore bergamasco; per il resto è stato per lungo tempo un silenzio incomprensibile.

La presidente della Commissione Ue sarà presto a Pechino. Come dobbiamo porci nei confronti della sfida cinese come Europa e come Occidente?

Mi sembra che timidamente l’Europa si stia svegliando, eppure gli allarmi sulla Cina sotto molteplici punti di vista sona fortissimi da anni. La questione è comunque gestita e condizionata come sempre da Berlino che ai tempi dell’era Merkel aveva progettato una filiera economica fatta dalla Russia per energia e materie prime, dalla Germania come detentrice di know how e leadership e dalla Cina per le produzioni low-cost ma soprattutto da un mercato di un miliardo e mezzo di potenziali consumatori; tutto ciò alla faccia e a discapito dei partner europei. Per fortuna gli Stati Uniti hanno bloccato il disegno così come si può constatare, sia con le buone che con le cattive.

A ogni livello, Ceo e manager iniziano a invitare a una transizione pragmatica. Si è capito il rischio dell’ideologia?

Diceva Gregg Easterbrook: “Tortura i numeri e ti confesseranno qualsiasi cosa”. Forse, passata l’ubriacatura ideologica green, qualcuno ai piani alti ha cominciato a fare i conti e si è accorto che non tornavano ma soprattutto che i presupposti erano inconsistenti. Oramai siamo abituati a queste bolle irrazionali prive di ogni sostenibilità economica dove alcuni tentano di far soldi facili sulle spalle della comunità e sulla transizione green qualcuno c’è pure riuscito. Ritengo comunque che siamo già ai titoli di coda e vedrete che a breve salterà fuori qualcosa di nuovo per far denari.

In prospettiva, l’auto si dimostra l’industria paradigmatica dei rapporti di forza politici ed economici anche nell’era della globalizzazione. Le evoluzioni del dibattito ci mostrano che è ancora presto per cantare il “de profundiis” dell’industria?

L’Europa non ha alternative percorribili all’industria: non avendo materie prime siamo condannati a vivere di trasformazione. Chiunque sostenga il contrario deve indicare una via economicamente sostenibile per dare un reddito ai 400 milioni di cittadini che compongono l’Unione Europea. In questa legislatura a Bruxelles si sono inseguiti sogni e ideologie che si sono infranti sulla realtà uno dopo l’altro e infatti i cittadini hanno cominciato a protestare e a eleggere governi alternativi in casa propria; adesso tocca all’Europa e penso che per l’attuale commissione europea il 2024 sarà uno tsunami.