In occasione del G7 del 5 giugno scorso, tenutosi a Londra sotto la presidenza britannica, si è finalmente giunti ad un accordo per l’imposizione di una tassa minima globale sulle grandi multinazionali. Il risultato ottenuto può essere considerato una vera e propria svolta epocale che porterà, come da tempo auspicato, una maggiore equità globale nella tassazione delle grandi aziende, nonché consentirà ai Governi di finanziare i programmi di spesa per rilanciare l’economia, in considerazione dell’attuale periodo post-pandemia.

Global Minimun tax al 15% per le multinazionali: la proposta del G7 2021
Senza dubbio, un contributo fondamentale è stato apportato dalla riforma fiscale avviata dall’amministrazione di Biden, con la quale è apparso sempre più concreto il raggiungimento di un accordo a livello internazionale. La proposta statunitense, presentata in occasione del G20 di aprile, si era già sostanziata nella cd. “global minimum tax”, appunto una tassazione comune minima del 21 per cento sui profitti realizzati all’estero da qualsiasi multinazionale, al fine di arginare la competizione fiscale e la corsa ai paradisi fiscali.
Dumping fiscale, la pratica odiata dagli Stati
Il vantaggio in queste operazioni è quasi sempre stato reciproco: infatti, la convenienza si riscontra anche per Paesi off-shore e gli Stati che consentono rilevanti vantaggi fiscali, considerato che gli stessi non ospitano quasi mai impianti produttivi e non hanno un mercato di grande portata. Mediante questo sistema di dumping fiscale, dunque, le risorse che spetterebbero alle casse degli Stati rimangono in realtà nelle tasche degli azionisti.
Nuova tassa G7, i vantaggi fiscali per l’Italia
Considerando il caso specifico dell’Italia, la riforma permetterà di recuperare 8-10 miliardi di dollari l’anno dalle multinazionali italiane che spostano parte dei loro profitti nei paradisi fiscali.
Web tax europea in bilico?
Da ultimo, è da considerare che l’adozione della tassazione sulle multinazionali comporterà inevitabilmente la rinuncia alla web tax, essendo stata posta, tale eliminazione, soprattutto dagli Stati Uniti, come condizione decisiva dell’accordo. Proprio tale ultima questione induce ad un’attenta valutazione sulla convenienza dell’operazione, considerando che, nel caso del nostro Paese, la web tax dovrebbe portare ad un gettito pari a 587,6 milioni di euro, ma, al contempo, l’introduzione della tassazione minima globale consentirebbe di incassare risorse da giganti appartenenti anche a settori diversi dal digitale.
Si attendono, dunque, i prossimi sviluppi in vista del G20 di luglio a Venezia, dove si discuterà in maniera concreta sul raggiungimento di una effettiva azione comune a livello internazionale
*articolo a cura dell’Avvocato Gianpaolo Sbaraglia e della Dottoressa Mariasole Iorio, Studio legale ACTA