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Ecco cosa succede alle imprese italiane con la guerra in Ucraina

Ecco cosa succede alle imprese italiane con la guerra in Ucraina

La guerra tra Russia e Ucraina è iniziata e anche l’Italia deve prepararsi alle peggiori conseguenze immaginabili. Geopolitiche e strategiche, innanzitutto, per il deterioramento della sicurezza europea. Energetiche, di conseguenza, per la paventata crisi delle forniture di gas russo e l’impennata dei prezzi. Economiche a tutto campo, allargando il campo visuale, perché l’avanzata di Mosca nel Donbass e gli eventi successivi hanno creato le conseguenze per una tempesta perfetta: crollo dei mercati, instabilità diffusa, blocco dei commerci, sanzioni, tensioni valutarie.

Le conseguenze economiche della guerra

Per le imprese questo può significare una serie di problemi a cascata: crisi delle catene logistiche, interruzione di flussi economico-finanziari consolidati, separazione dalle succursali estere, privazione di una larga fascia di mercato. Non a caso il “partito del Pil”, in Italia e non solo, ha tifato apertamente per la pace. Secondo Vittorio Torrembini, presidente di Gim Unimpresa, associazione degli imprenditori italiani in Russia, sentito da Agenzia Nova, le operazioni militari russe in Ucraina e le conseguenti nuove sanzioni non minacciano solo l’interscambio con l’Italia ma anche la capacità di partecipare a progetti infrastrutturali in Russia, che il Presidente di Intesa Sanpaolo Russia, Antonio Fallico parlando con true-news ha stimato in grado di sdoganare investimenti tra i 120 e i 140 miliardi di euro per le imprese tricolori nel decennio a venire.

Italia-Ucraina: 300 aziende e 4 miliardi di euro

Tra Russia e Ucraina i danni economici per l’Italia rischiano di essere clamorosi, dato che Il Sole 24 Ore ci ricorda che “secondo i dati dell’Agenzia Ice (su base Istat)” in Ucraina rischiano le loro attività per la guerra “300 aziende direttamente in affari con la repubblica ex-sovietica, e di un interscambio complessivo di oltre 4 miliardi di euro nei primi undici mesi del 2021”. Per non parlare “delle relazioni commerciali tra Russia e Italia, che verso Mosca esporta oltre 7 miliardi di euro di prodotti e ne importa 12,6 miliardi, in particolare gas e materie prime”.

La Task Force dei professionisti

Ingredienti per una tempesta perfetta. C’è chi si è messo da tempo in strada per salvare il salvabile. Bergs & More ha istituito una Task Force al fine di supportare, anche in presenza nel territorio di riferimento, le imprese italiane nell’area russo-ucraina e le imprese russe in Europa mediante lo svolgimento di attività di consulenza strategica. Nella consapevolezza che i rapporti diretti economici, la diplomazia del business e l’interscambio possano, anche nell’ora più buia, mantenere aperti i canali di dialogo. I professionisti dello studio sono russofoni e vantano esperienza consolidata nei mercati di riferimento e nelle discipline litigation, corporate e foreign investments.

Guerra, posti di lavoro ed economia a rischio

Migliaia di posti di lavoro dipendono da rapporti oggi messi a repentaglio dalla drammatica crisi e dall’escalation bellica. Fare di tutta l’erba un fascio rischia di travolgere le economie di Italia, Russia, Ucraina. Le sanzioni che arriveranno, doverosa risposta all’aggressione di Putin, non devono far perdere il focus dell’attenzione da un problema ancora più profondo. E cioè dal fatto che sono le relazioni umane a tenere vive le speranze di distensione sul medio-lungo periodo. Anche in quest’ottica.

Russia, quanto l’import-export dell’Italia

Non finisce qui. Uno dei più informati analisti italiani esperti di Russia, Amedeo Maddaluno, analista geopolitico, consulente aziendale in una società di headhunting, membro del board del centro studi Osservatorio Globalizzazione e co-autore del saggio La Guerra Fredda non è mai finita, sentito da true-news ricorda che “sentendo i clienti, avendo il polso delle aziende” la sensazione è quella che “a regnare sia una grande incertezza”.

L’analista: “Regna l’incertezza per le aziende, difficoltà a capire quando Putin si fermerà”

Un’incertezza a tutti i livelli: consulenti strategici, aziende finali, filiali locali. “Quindi”, nota Maddaluno, “c’è una difficolta a capire quando Putin si fermerà” che porta a una serie di contingency plan cercando di capire come la crisi impatterà sui mercati finanziari, sulle materie prime, sulle sanzioni. Già prima dell’invasione russa l’incertezza era il driver dominante, nota Maddaluno: “I mercati prevedono e scontano prima di un evento le conseguenze” e dunque c’è da temere seriamente “un rallentamento drastico degli investimenti”, un “impatto ancora più forte dei prezzi delle materie prime su quello che le aziende andranno a fare” dopo essersi trovate per mesi nella tempesta perfetta seguita alla fine della crisi Covid che ha azzerato ogni ottimismo. “La guerra ci piove sulla testa”, ricorda Maddaluno. “Non serve che i soldati russi abbeverino i loro cavalli nel Tevere per parlare di conseguenze drastiche per l’Italia”.