Home Economy Dove non si balla più: in Italia ci sono sempre meno discoteche

Dove non si balla più: in Italia ci sono sempre meno discoteche

Brescia pestato discoteca

Perché questo articolo potrebbe interessarti? Nell’era post Covid, il turismo cambia volto: si cercano più luoghi all’aperto e crescono le prenotazioni nei campeggi. Di contro, sembra essere entrato in forte crisi il settore dell’intrattenimento e delle discoteche. 

Sono state un po’ il simbolo degli anni ’80, in Italia hanno rappresentato l’emblema del costume di quel periodo. Il riferimento è alle discoteche. A ben vedere, non c’è film estivo o natalizio girato tra gli ’80 e i ’90 che non contenga un riferimento a una discoteca o a quelle località dove questi locali hanno via via preso il posto delle vecchie “sale da ballo”. Dalla riviera romagnola, fino alle grandi città, per poi espandersi in ogni angolo della penisola. Fino al 2020, prima quindi del Covid, erano 5.200 le discoteche ufficialmente registrate in Italia. Oggi sono molte di meno, una su cinque in tre anni ha chiuso.

I numeri sulle discoteche

Ma non si tratta solo degli effetti a lungo termine dei lockdown. È forse una questione di moda, di gusti e di cambiamento del turismo nel nostro Paese. Adesso, dati alla mano, chi fa le vacanze in Italia vira su altri fronti: si cercano campeggi, strutture all’aperto e luoghi in cui poter vivere il territorio.

Già nella primavera del 2022, alla vigilia delle riaperture post Covid, le associazioni di categoria hanno lanciato l’allarme. Delle 5.200 registrate, secondo Assointrattenimento, almeno mille hanno dovuto chiudere i battenti. E anche dopo la prima estate senza restrizioni la situazione non è cambiata. In un articolo de IlSole24Ore del febbraio 2022, l’attenzione è stata puntata sull’effetto legato alla pandemia. Discoteche e palestre sono state le ultime attività a riaprire ma anche le meno indennizzate con i ristori, disposti sia dal governo Conte che dal governo Draghi. Ma se alle attività sportive in pochi hanno voluto rinunciare, affollando di nuovo le palestre con la fine delle emergenze, non tutti invece hanno ripreso confidenza con il mondo delle discoteche.

Il trend globale dopo la pandemia

E questo rimanda a un’altra considerazione: la questione non è soltanto legata alle chiusure dettate dalle misure anti pandemia. Il trend relativo alle discoteche è in discesa da parecchio tempo. Non solo in Italia, ma in tutta Europa. Basti pensare che nel 2015 un’inchiesta del The Economist ha rivelato il dimezzamento, nel giro di dieci anni, del numero di discoteche attive in Gran Bretagna. Il volume d’affari nel settore è diminuito, dal 2005 al 2015, di almeno 400 milioni di Sterline. Il motivo, secondo il settimanale inglese, è da ricercare nel cambiamento dei comportamenti fra i più giovani. Già in fase post adolescenziale si cerca di spendere in modo diverso i propri soldi, preferendo un fine settimana fuori al “solito” giro sotto casa. C’è poi l’attrazione verso locali dove, oltre all’aperitivo, si può comunque ballare ugualmente senza spendere le stesse cifre della discoteca.

Il coronavirus ha probabilmente solo accelerato questa tendenza. Del resto, nelle estati del 2020 e del 2021, fortemente condizionate dai precedenti lockdown e dalle misure anti contagio ancora in vigore, in tanti per tornare ad avere un’adeguata vita sociale hanno dovuto giocoforza cambiare le proprie abitudini. Cercando posti all’aperto o dove poter trascorrere una serata lontano dalla confusione.

Cosa cercano adesso i turisti

Le discoteche inoltre non hanno potuto fare affidamento sui turisti. E questo perché anche i visitatori, sia italiani che stranieri, stanno cambiando costumi e comportamento. Negli anni ’80 e ’90 si andava nelle località rinomate per le loro discoteche conosciute in tutto il mondo. Oggi chi viaggia all’interno della penisola o chi arriva da fuori cerca altro. Spesso si parte cercando occasioni dell’ultimo minuto, per un fine settimane in compagnia del proprio partner o della propria comitiva. E quando si arriva a destinazione, la volontà crescente è quella di esplorare un territorio.

Lo dimostra ad esempio la crescita del cosiddetto “turismo esperenziale”, settore che già prima del Covid fatturava a livello internazionale 254 miliardi di Dollari e che, secondo l’agenzia Areval, tornerà nell’anno in corso ai livelli pre pandemia. Anche in Italia ci sono sempre più visitatori che hanno voglia di vivere il territorio, piuttosto che cercare i “tradizionali” luoghi di intrattenimento. Escursioni, visite guidate, passeggiate e aperitivi in compagnia: sono questi i ritmi che scandiscono oramai le vacanze. “I giovani sono per natura curiosi – commentava su Repubblica nel 2015 il dj, scomparso nel 2021, Claudio Coccoluto – e allora bisogna incuriosirli”.

Emerge la voglia di stare all’aperto

Cambia il turismo quindi e cambiano anche i luoghi dove si svolgono le vacanze. A una diminuzione degli affari nel mondo dell’intrattenimento, sta corrispondendo non a caso un aumento di prenotazioni nei campeggi. Secondo i dati del Ciset (Centro Internazionale Studi dell’Economia del Turismo) dell’università Ca’ Foscari, in media oggi si soggiorna nei campeggi e nelle strutture “open air” per almeno 6.3 notti. Nell’ultimo anno prima del Covid, la media era invece di 5.9. Nel 2023 inoltre, si dovrebbe registrare un aumento del 3.7% degli arrivi visto l’attuale incremento delle prenotazioni.

Tra i turisti c’è quindi una maggiore volontà di ricercare luoghi all’aperto. Una tendenza quest’ultima forse sì figlia direttamente delle recenti emergenze sanitarie. Dopo tre anni di chiusure forzate e di svaghi mancati, i visitatori vogliono vivere la propria vacanza sempre più nel verde e non necessariamente in luoghi affollati.