Home Economy Alluvione, niente impatto sui mercati. Ma ora va evitata la speculazione

Alluvione, niente impatto sui mercati. Ma ora va evitata la speculazione

Alluvione, niente impatto sui mercati. Ma ora va evitata la speculazione

Perché leggere questo articolo: L’impatto economico dell’alluvione non si vede nelle borse perché l’Emilia-Romagna è un territorio solido. Ma ora va evitata la speculazione su un territorio fragile

Niente “effetto alluvione” sui mercati dopo che il Sud dell’Emilia-Romagna, una delle aree più ricche e produttive d’Italia, è finito sommerso dal disastro senza precedenti delle scorse giornate. I gruppi principali della Regione non sono colpiti in Borsa dall’impatto dirompente del disastro, e sull’impatto economico dell’alluvione la storia insegna che il principale nemico da temere, negli anni a venire, sarà la speculazione sulla ricostruzione.

Borsa, l’effetto-alluvione non c’è

La peggiore delle aziende emiliano-romagnole di peso quotate a Piazza Affari negli ultimi cinque giorni è Hera, la multiutility dei servizi ai cittadini e dell’energia. Il gruppo basato a Bologna e partecipata da oltre duecento comuni dell’Emilia-Romagna ha perso il 3,56% di valore nei giorni delle alluvioni. Può avere influito il fatto che l’infrastruttura operata da Hera ha subito danni e dovrà essere ristrutturata? Sicuramente un impatto può esserci stato nel creare sfiducia, ma il calo non è tale da essere paragonato a un vero e proprio crollo. E va ricordato che le azioni Hera si trovavano, la scorsa settimana, al valore massimo di un anno.

La cesenate Technogym, principale azienda quotata con sede nella città più colpita dell’alluvione, per via della sua distribuzione nazionale non ha avuto effetti diretti sul business e guadagna in cinque giorni oltre il 4%; stabile la forlivese Unieuro.

Emblematici anche i risultati dei gruppi finanziari e assicurativi, che dovranno sicuramente contribuire con sforzi diretti alla ricostruzione e al suo finanziamento. Unipol e Bper, i due principali gruppi, sono sostanzialmente stabili, con la prima giù dell’1% dal 14 maggio a oggi e la seconda praticamente pari.

Tanti fondi in arrivo. Ma occhio alla speculazione

L’Emilia-Romagna vanta un tessuto produttivo solido e una popolazione laboriosa. Le infrastrutture produttive esistono e sono rodate. Tutti elementi a favore di chi ritiene possibile una pronta e facile ricostruzione, che si unisce all’accessibilità dei territori agli interventi di riparazione. Fattispecie difficile per le aree vittime dei terremoti nel Centro Italia, abbarbicati sugli Appennini.

Questo ha portato a un profluvio di risorse pubbliche e private sulla Romagna. Per fare un esempio il Gruppo Cassa Centrale ha stanziato un primo plafond del valore di 200 milioni di euro destinato alle persone e alle imprese colpite dall’alluvione. Ora si punterà, con ogni probabilità, a costruire e fornire l’Emilia-Romagna di infrastrutture di gestione delle alluvioni. E questo deve spingere le autorità a evitare l’effetto-speculazione.

In Emilia-Romagna le istituzioni dovranno evitare la speculazione edilizia, l’assalto a una nuova cementificazione e l’inserimento delle Mafie nell’edilizia e negli appalti pubblici. L’Ordine degli Architetti di Ravenna, capoluogo di una delle terre più colpite in questa settimana di acqua alta e diluvi, ricordando che la Romagna è “bandiera nera per il consumo di suolo: non bastano le vasche di laminazione per sopperire alla poca permeabilità del suolo; e nemmeno le paratie, che ultimamente vengono richieste nelle città a rischio di tenuta fognaria, possono affrontare tali allagamenti”.

Meno cemento, più strategia dopo l’alluvione?

“Siamo”, scrivono a caldo dopo l’alluvione gli architetti ravennati, “in un territorio fragile, da secoli in lotta con l’acqua e i fiumi: e le zone umide, recuperate con grandi opere di bonifica, necessitano di controlli idrogeologici costanti” e di mitigare gli effetti del cambiamento climatico.

Insomma, la via dopo aver tamponato l’emergenza potrebbe essere non la corsa a nuove maxi-infrastrutture ma un vero e proprio “Piano Marshall” per tutelare ciò che già oggi c’è. Controllare gli argini, monitorare le infrastrutture, risolvere il problema del dissesto è costoso e complesso quanto costruire bacini e riprogrammare i territori alluvionati. Ma forse, senza maxi-infrastrutture, può aiutare a lenire il problema. Evitando, di conseguenza, che  all’alluvione segua la speculazione di palazzinari e criminalità organizzata. Ricetta sicura per futuri disastri.