Home Economy Fanno il deserto e lo chiamano Exor. Così Elkann si sta ritirando dall’Italia

Fanno il deserto e lo chiamano Exor. Così Elkann si sta ritirando dall’Italia

Juventus, John Elkann

Perché leggere questo articolo? John Elkann e il gruppo Exor si stanno ritirando dal nostro Paese, sognano la scalata globale al gotha delle imprese ma dimenticano l’Italia nella loro strategia.

John Elkann e il gruppo Exor sognano la scalata globale al gotha delle imprese a colpi di venture capital, fondi come Lingotto e lifesciences, ma dimenticano l’Italia. La partita industriale di Grugliasco, lo stabilimento abbandonato alle porte di Torino, le irrealizzabili promesse di portare a un milione di autovetture la produzione nazionale, a cui colpevolmente il Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha prestato ascolto, la strategia graduale di disinvestimento dal Paese di origine della famiglia Agnelli parlano chiaro.

Nulla è dovuto in economia, ma stupisce il fatto che nel dibattito pubblico passi poco il fatto che la “globalizzazione” dell’ex Fiat in Fca prima e in Stellantis poi e l’ascesa del ramo americano degli Agnelli-Elkann a guida della fu Real Casa torinese hanno accelerato un processo di disimpegno sistemico. Undici anni fa Vittorio Feltri su Il Giornale dedicava nel decimo anniversario della morte un durissimo ritratto a Giovanni Agnelli. L’Avvocato, scriveva il pungente giornalista bergamasco, era ricordato come un uomo “passato alla storia come re d’Italia non tanto per ciò che ha dato al Paese, quanto per ciò che ha avuto”. Un epitaffio che vale ancora oggi.

L’affondo di Calenda su Elkann

Nel dibattito mediatico e politico italiano tra i pochi a porre la questione all’ordine del giorno ci ha pensato chi viene dalla politica, non dai media: Carlo Calenda. L’ex Ministro dello Sviluppo Economico, commentando la recente querelle tra Repubblica, parte del gruppo Gedi di proprietà di Elkann, e Giorgia Meloni, si è inserito su X cannoneggiando la testata diretta da Maurizio Molinari. Per Calenda Repubblica “non ha mai pubblicato un articolo sulla situazione drammatica delle fabbriche Stellantis in Italia” e “ha pubblicato al contrario una lunga serie di notizie elogiative su modelli e annunci di Stellantis, omettendo le notizie negative”.

Infine, secondo Calenda, “da quando ho sottolineato il legame tra l’acquisto di Repubblica e la compiacenza di CGIL e sinistra verso Elkann nella vicenda Stellantis, il suo giornale non ha mai, dicasi mai, dato spazio al sottoscritto”. Questo per il leader di Azione “configura un enorme conflitto di interessi e una conduzione del giornale che risponde alla ragione per cui l’editore lo ha comprato: coprire la sua fuga dall’Italia. Del resto pre-pensionamenti e vendite di pezzi del gruppo editoriale, dimostrano che una volta completata l’operazione, verrete serenamente ceduti”.

Elkann ha regalato alla Francia l’auto italiana

Sulla scia della centralità sistemica del nonno, John Elkann appare spesso considerato “intoccabile” nelle discussioni sulla dinastia imprenditoriale di Exor, rappresentando il ramo americano della famiglia Agnelli, protagonista nell’impero originariamente guidato dall’Avvocato Giovanni Agnelli. Dopo aver assunto la carica di amministratore delegato di Exor e aver ricoperto ruoli chiave come presidente di Stellantis, Ferrari e Gedi, Elkann sembra godere di una posizione di rilievo.

Tuttavia, le decisioni manageriali riguardo al futuro di Fca e la formazione di Stellantis non sono esenti da critiche. Grandi “prenditori”, gli Agnelli-Elkann non si dimostrano capaci di restituire nulla di strategico, in prospettiva, al sistema-Italia. Ad esempio è evidente che la nascita di Stellantis, nato dalla fusione tra Fca e la francese Psa, abbia comportato una perdita di know-how automobilistico italiano a favore di una conquista transalpina. Le strategie di Elkann, affidate in gran parte a Carlos Tavares, sembrano orientate a comprimere lavoro e competenze italiane, con impatti negativi soprattutto su Alfa Romeo.

Non è l’unico caso di problema strategico creato in Italia dalle strategie di Exor. In passato, Elkann ha supportato la cessione di Magneti Marelli da parte di Exor nel 2018, mirando a rafforzare la posizione finanziaria del gruppo. Tuttavia, Marelli ha accumulato debiti significativi, e l’azienda, che avrebbe potuto contribuire alla fusione Stellantis, è stata venduta per esigenze di cassa, sollevando critiche sul rendiconto finanziario prioritario per gli investitori di Exor.

Il deserto industriale degli Elkann

Vendendo Magneti Marelli, si scriveva su InsideOver nel 2019, l’Italia a causa della famiglia sabaudo-americana ha perso il controllo “di un’importantissima azienda del suo indotto, dotata di un know-how notevole sulla componentistica, per ragioni strategiche che non si riescono ad individuare, e non offre garanzie adeguate sul mantenimento del livello occupazionale e della produzione di un attore industriale rilevante, che occupa 10mila persone in Italia e circa il triplo al di fuori dei confini nazionali”. Anni dopo, i timori espressi ai tempi da studiosi come Giulio Sapelli si sono purtroppo avverati. E proprio dal braccio di ferro sulla de-industrializzazione di Marelli a Crevalcore decretato dai nuovi proprietari, i giapponesi di Calsonic controllati dal fondo Kkr, è nato il caos Calenda-Gedi.

E non finisce qui. Nel 2020-2021 Exor era pronta a vendere ai cinesi di Faw il business industriale di Ivecounica vera azienda presente nel Paese che mantiene una catena del valore strategica di veicoli a motore quasi interamente italiana. E tra fine 2023 e inizio 2024 dopo la Teksid di Carmagnola e lo stabilimento Maserati di Grugliasco si è iniziato a pensare addirittura alla vendita del piccolo gioiello italiano della robotica, Comau. Arriva l’intelligenza artificiale e Elkann vende i robot: un cortocircuito.

Media e sport

Inoltre, nel settore editoriale con Gedi, i primi due anni sotto la gestione di Elkann hanno registrato perdite finanziarie consistenti. Le recenti performance finanziarie di Repubblica e del gruppo editoriale nel complesso sono deludenti, e la cessione de L’Espresso targata Elkann ha generato malcontento.

Un’ulteriore critica, infine, si potrebbe rivolgere a Elkann sul fronte sportivo. Il rifiuto di richiamare Jean Todt alla guida della Ferrari di Formula Uno nel gennaio 2023 ha privato il Cavallino della possibilità di rilancio. Tale decisione, vista in retrospettiva, sembra essere stata influenzata dalla paura di essere eclissato in caso di successo da parte di Todt, già manager di successo ai tempi di Michael Schumacher. In sostanza, c’è motivo per applicare, oggettivamente, a Elkann il giudizio di Feltri sul nonno. Perlomeno in relaziona all’Italia. Perennemente sedotta e abbandonata dalla famiglia-simbolo del suo capitalismo. Il cui business è sempre meno coincidente con lo Stivale.