Cinque domande, un minuto per rispondere a ciascuna. Solo tu con la fotocamera che ti guarda dritta negli occhi e nessuno dall’altra parte. “Cosa sai di Victoria’s Secret?” ti domanda il computer. L’occasione è l’apertura a Milano del nuovo Flaghship Store del marchio statunitense noto per l’intimo femminile. Lo sviluppo della rete commerciale in Italia affidato al Gruppo Percassi che ha trovato un luogo pregiato: corso Vittorio Emanuele a Milano.

C’è una novità. Il colloquio di lavoro te lo fa un computer. Almeno al primo step. “Cosa porteresti di positivo in Victoria’s Secret?” ti chiede. “Ho iniziato a rispondere alla prima domanda – dice un commesso alla ricerca di lavoro, da anni nel settore –. A un certo punto mi è uscito il countdown: il video sta per terminare tra 10, 9, 8…”. “Sono andato nel panico” taglia corto il lavoratore “e ho mollato tutto anche perché se sbagli a registrare non puoi tornare indietro, gli arriva così com’è.
Ci sono altri lati della medaglia. È la nuova frontiera: ricerca personale, incontro fra domanda e offerta di lavoro, mediate di AI: chatbot, interviste video in differita, pianificazione dei colloqui e valutazione del candidato automatizzate.
Aspetti positivi? Tempo risparmiato per tutti, per cominciare.
Una recruiter la spiega dritta: “Un selezionatore riceve in media 800 candidature. Quelle sulla carta buone sono circa il 5 per cento, quindi 40. Non le puoi vedere tutte. Io usavo il metodo di chiedere la Ral (Retribuzione annuale lorda, NdR), in quel modo le dimezzavo senza perdere tempo né farlo perdere a persone che prendono più di quanto potrei offrire. Le restanti 20 le chiami e arrivi così alle 5 che magari incontrerai”. Lo spaccato del mondo “tradizionale” ora fa i conti con algoritmi, software e intelligenze artificiali. “Con questi video – dice – fai una selezione all’origine. Personalmente non mi fa impazzire perché rischi di premiare i buoni comunicatori che non sono necessariamente i migliori”. Tutto da buttare? Proprio per nulla. “Sono tornata sui CV selezionati da un algoritmo che li aveva disposti in un ranking per parole chiave. Ha effettuato le stesse identiche mie scelte, non ci volevo credere”. Quindi funziona? Valutazioni diverse e spaccature scorrono anche fra gli addetti ai lavori. “Tremendo sistema. Le giornate a fare pre-screening al telefono sono una palestra per tutti” dice ad Affaritaliani.it Milano una psicologa delle risorse umane dentro uno dei più importanti gruppi industriali d’Italia.
Questione di punti di vista. “La pandemia ha solo accelerato processi sotterranei già in atto” dice ad Affaritaliani.it Milano Mimmo Santonicola, Sales Manager per l’Europa del Sud e l’America Latina di EasyRecrue, società leader nel settore digitalizzazione dei processi di recruiting. Nata come startup nel 2013 da investitori francesi che hanno puntato sull’azienda fiches per 11 milioni di euro, oggi è una scale-up europea che si occupa proprio di tecnologie di pre-screening, con quasi 500 clienti nel mondo. Alcuni nomi? Allianz, Pwc, Roche, Sanofi, Michelin, Ferrovie dello Stato. In Brasile nel bel mezzo della pandemia hanno permesso l’assunzione di 1550 addetti nel settore security. In Italia hanno messo a punto un sistema di ricerca del personale per una catena come Domino’s Pizza attraverso una forma “light” di intelligenza artificiale: una chatbot, alla stregua di quelle che si occupano di assistenza clienti soppiantando i call center (Amazon, Enjoy, le società del delivery) e che orienta i candidati nel colloquio di lavoro digitale inserendo dei criteri, banali ma necessari. Nel caso di Domino’s Pizza? La maggiore età e il possesso della patente di guida. Meglio un algoritmo dell’essere umano quindi? “L’algoritmo viene addestrato dagli esseri umani” dice Santonicola dalla sua postazione di lavoro allo “Spaces Porta Nuova” di Milano mostrando un’interfaccia che permette ai recruiter di valutare il processo in modo che l’Intelligenza Artificiale “impari” dai propri errori e si corregga. Il manager ha lasciato una posizione di livello in Linkedin per lavorare nella giovane azienda digitale. E i numeri del fenomeno sono dalla sua parte: le statistiche interne alla società e raccolte in un e-book divulgativo fotografano nel 2019 per EasyRecrue 150mila feedback da parte dei candidati, pari a quelli dei 5 anni precedenti. In 180 Paesi nel mondo sono 793mila le persone che hanno sperimentato il video-colloquio in differita e più della metà (408mila) hanno compilato un questionario di soddisfazione. Viene posta molta attenzione sui millenials che meglio digeriscono la modalità. È quello che loro chiamano “new normal” con cui aziende e lavoratori si devono confrontare durante e dopo il Covid. Un “new normal” ancora da venire. Perché dei loro clienti globali solo il 5 per cento usa intelligenze artificiali in toto sulla piattaforma, affiancando invece i processi di selezione con forme miste o ibride e dove il lato “umano” ancora oggi conta di più. “Tutto ciò distrugge la candidate experience” ribadisce la psicologa del grosso gruppo industriale italiano. “Credo il vero dibattito interessante – risponde a distanza il manager di EasyRecrue – sia disegnare processi intorno alle persone, ed attivare le strategie di recruiting proprio per una migliore ‘candidate experience’ nel momento storico, non solo per tagliare costi”. Quattro testimonianze da un mondo del lavoro che cambia. La stessa medaglia, tante facce. Tutte immortalate in fotocamera.