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Outing a Mengoni e Mahmood. Il diritto di cronaca che non rispetta il diritto alla privacy

Peter Gomez e Roberto D’Agostino hanno divulgato pubblicamente l’orientamento sessuale di Mahmood e Marco Mengoni

Perché questo articolo ti dovrebbe interessare? Peter Gomez e Roberto D’Agostino hanno divulgato pubblicamente l’orientamento sessuale di Mahmood e Marco Mengoni senza il loro consenso. Perché l’outing è ancora un problema? Come far dialogare il diritto di cronaca e quello alla privacy?

“Sono gay dichiarati” hanno affermato i due giornalisti durante la loro partecipazione a Che sarà su Rai3. La discussione in onda si concentrava sugli outfit e i messaggi trasmessi durante il Festival di Sanremo. In questo contesto Peter Gomez e Roberto D’Agostino hanno comunicato l’orientamento sessuale di Marco Mengoni, conduttore della prima serata di Sanremo, e Mahmood, sesto classificato. Il tutto senza il loro consenso.

“Lo scorso anno ci fu lo scandalo per il bacio di Rosa Chemical a Fedez. Quest’anno Mengoni, che è gay dichiarato, con il giochino dell’ammazzamosche ha baciato solo donne” ha sostenuto D’Agostino. “Anche Alessandro è gay dichiarato” ha aggiunto Peter Gomez parlando di Mahmood. In entrambi i casi quel “dichiarato” fa riferimento a una cerchia ristretta di persone, non a un coming out pubblico.

L’attenzione dei media si era già concentrata, durante il Festival, su un fotogramma di Mengoni e Mahmood durante la prima serata di Sanremo su cui si è scatenato il gossipDurante la presentazione di Tuta gold, infatti, viene catturato uno sguardo tra i due cantanti da cui si sono generate fanfiction e speculazioni sulla loro relazione e la loro sessualità. Le foto e i video di questi pochi secondi hanno fatto il giro del web accendendo un dibattito sulla vita privata dei due artisti, che hanno sempre dichiarato di voler tenere fuori dall’attenzione del pubblico.

Outing e coming out, facciamo chiarezza

Il fenomeno dell’outing e il processo del coming out sono due realtà nettamente distinte e comprenderne la differenza è essenziale per rispettare la privacy e l’autonomia delle persone. Il termine outing si usa per indicare i momenti in cui la propria identità sessuale (orientamento sessuale e/o identità di genere) viene rivelata da altre persone senza il consenso dell’interessato. Il coming out, invece, indica l’atto di condividere informazioni riservate sulla propria identità sessuale in autonomia, una forma di autodeterminazione.

Di conseguenza l’outing rappresenta una forma di violenza che nega il diritto di scegliere quando e come comunicare un aspetto privato della propria vita. Al contrario il coming out è una decisione personale che un individuo prende autonomamente, potenzialmente con risvolti politici legati alla visibilità, ma che non dovrebbe mai essere forzata. Al conformismo forzato dello stare “nell’armadio” (in inglese si parla di “closeted people”, quelle che non hanno fatto coming out) non si può rispondere con il conformismo forzato dell’uscirne, del dichiararsi obbligatoriamente davanti al grande pubblico.

Il giornalismo, guidato da un preciso codice deontologico, ha il dovere di rispettare la privacy delle persone di cui racconta le storie. Gran parte delle regole della deontologia professionale riflettono sul limite tra diritto alla cronaca e diritto alla privacy. L’art. 8 sulla tutela della dignità delle persone, infatti, riporta che “salva l’essenzialità dell’informazione, il giornalista non fornisce notizie o pubblica immagini o fotografie di soggetti coinvolti in fatti di cronaca lesive della dignità della persona, né si sofferma su dettagli di violenza, a meno che ravvisi la rilevanza sociale della notizia o dell’immagine”.

Casi mediatici e realtà

Di conseguenza le informazioni sensibili, non necessarie al diritto di cronaca e che riguardano la sfera privata e non quella professionale di un personaggio pubblico devono maneggiate con cura e anche omesse quando il rischio è produrre una violenza. Fare outing a personaggi famosi li espone allo sguardo voyeuristico del pubblico senza il loro consenso. Questo atto viola e li priva della possibilità di scegliere se e come gestire le informazioni relative alla propria identità sessuale.

Anche i fan e chi fruisce dei media hanno la responsabilità etica di riflettere su quanto estendere il proprio diritto o desiderio di sapere. Fino a che punto è giusto mettere a repentaglio la privacy di un personaggio pubblico e rispettarne la volontà? Quanto pesa l’attrazione per il gossip? Anche quando essere una persona out può dare un grande contributo in termini di rappresentazione e sensibilizzazione sui diritti LGBTQ+, la costrizione fa lo stesso gioco della società omolesbobitransfobica.

Se rispondiamo alla società permeata dall’eteronormatività costringendo le persone a fare coming out, non stiamo affrontando il problema. Al contrario, questa pratica mette in atto gli stessi meccanismi oppressivi che si dovrebbero combattere.

L’eteronormatività implica l’assunzione automatica che tutti siano eterosessuali, rendendo difficile per coloro che non lo sono vivere liberamente la propria sessualità senza dover fornire spiegazioni. Costringere le persone a fare coming out per modificare queste aspettative sociali non solo viola la loro privacy, ma anche perpetua l’idea che l’eterosessualità sia la norma e che coloro che si discostano da essa debbano giustificarne l’esistenza.