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Cattolici e massoni? La Chiesa ribadisce: “Spiacenti, ma non si può”

Cattolici e massoni? La Chiesa ribadisce: “Spiacenti, ma non si può”

di Sallustio Santori

Spiacente, ma un buon cattolico non può essere massone. Invece un buon massone può anche essere cattolico, visto che la massoneria accoglie tutti: benvenuti in uno dei dibattiti più appassionanti (o più noiosi, secondo il vostro punto di vista) che riguardano il mondo cattolico: è di questi giorni (13 novembre scorso, precisamente), la risposta della Congregazione per la Dottrina della Fede guidata dal cardinale Victor Manuel Fernandez il quale, in udienza con Papa Francesco, ha risposto ad un quesito sull’appartenenza o meno alla massoneria.

Il caso: nelle Filippine aumentano i fedeli iscritti alla Massoneria

E la risposta è stata chiara: “Sul piano dottrinale, si dovrà ricordare che l’iscrizione attiva alla massoneria da parte di un fedele è proibita, a causa dell’inconciliabilità tra dottrina cattolica e massoneria (cf. la Dichiarazione della CdF del 1983); pertanto, coloro che formalmente e consapevolmente sono iscritti alle logge massoniche e hanno abbracciato i principi massonici, ricadono sotto le disposizioni presenti nella succitata Dichiarazione. Queste misure si applicano agli eventuali ecclesiastici iscritti alla massoneria”. La risposta arriva dopo l’interrogazione alla CdF sollevata da monsignor Julito Cortes, vescovo di Dumaguete nelle Filippine: un milione e mezzo di anime per 116 sacerdoti e una superficie di quasi 5.000 kmq nelle Filippine, più o meno come le provincie di Milano e Bergamo messe assieme. Una diocesi che ha un grosso problema: aumentano i fedeli iscritti alla libera muratoria e naturalmente monsignor Cortes ha chiesto “suggerimenti per fronteggiare adeguatamente tale realtà dal punto di vista pastorale, tenendo conto anche delle implicazioni dottrinali relative al suddetto fenomeno”. Questo anche perché nelle Filippine l’adesione alla massoneria “è assai rilevante e riguarda non soltanto coloro che sono formalmente iscritti alle logge massoniche ma, più in generale, un grande numero di simpatizzanti e associati, i quali sono personalmente convinti che non vi sia alcuna opposizione tra l’appartenenza alla Chiesa cattolica e quella alle logge massoniche”.

Quando i cardinali erano (forse) massoni

E qui la memoria torna indietro al bianco e nero delle immagini in pellicola: correvano gli anni ‘70 del secolo scorso quando si cominciò a parlare con insistenza di massoni in talare. Tra quelli che infamavano Paolo VI, il Papa stesso (una bufala colossale) oggi Santo, non mancavano però indiscrezioni di vario genere. Nel luglio 1976 una rivista cattolica francese, Introibo, aveva pubblicato una lista di prelati indicati come liberi muratori, tra cui l’allora Segretario di Stato cardinale Agostino Casaroli. Poco tempo dopo, il 12 settembre 1978, è Mino Pecorelli a sollevare il tema della “Gran loggia” in Vaticano, con un elenco pubblicato su OP, la sua rivista che al tempo era molto seguita per gli scoop e le indiscrezioni. Una sorta di Dagospia del tempo, ma con uscite molto più informate e addentrate. E tra i nomi che erano stati indicati c’erano anche quelli dei cardinali Leo Jozef Suenens (1904-1996), Sebastiano Baggio (1913-1993), Michele Pellegrino (1903-1986), di Mons. Annibale Bugnini che era stato l’artefice della liturgia in lingua volgare, e altri ancora. La lista di Pecorelli, che peraltro seguiva quella pubblicata da Panorama nel 1977 sulla base di documenti pare usciti direttamente dal Grande Oriente d’Italia, era venuta in possesso del giornalista alla fine di agosto del ‘78: precisamente il 28, appena due giorni dopo l’elezione al Soglio di Giovanni Paolo I, quell’Albino Luciani che regnò per appena 33 giorni. E nel pubblicare l’elenco, Pecorelli concludeva di averlo fatto perché: “Riteniamo di offrire un piccolo contributo. O una pioggia di smentite o, nel silenzio, l’epurazione”. Luciani non fece a tempo a far nulla: e Pecorelli, già che ci siamo, faceva parte della P2. E monsignor Bugnini ebbe modo di definire l’accusa di essere iscritto alla massoneria come “perfida calunnia”.

Dalla scomunica automatica all’interdetto

Ma torniamo a noi. Il Codice di diritto Canonico del 1983 stabilisce al canone 1374 che: “Chi dà il nome ad una associazione, che cospira contro la Chiesa, sia punito con una giusta pena; chi poi tale associazione promuove o dirige sia punito con l’interdetto”. L’interdetto impedisce l’accesso a tutte o gran parte delle sacre funzioni della Chiesa in un luogo particolare. Precisamente non si può partecipare come ministro a qualsiasi cerimonia liturgica, celebrare sacramenti o sacramentali, ricevere i sacramenti. Cosa diversa dalla scomunica che priva anche delle funzioni negli uffici, ministeri o incarichi ecclesiastici qualsiasi, o porre atti di governo. I massoni, insomma, non sono automaticamente scomunicati ma naturalmente di ogni singolo iscritto quindi ci si dovrebbe accertare per promuovere “la giusta pena” o, se è un confratello con ruoli di spicco, comminargli l’interdetto. Qualcuno nelle norme del 1983 ha visto una sorta di “rilassamento” rispetto al Codice del 1917, che al canone 684 stabiliva:

È lodevole far parte di associazioni erette o commendate dalla Chiesa, non già di segrete, condannate, sediziose e simili.

ai canoni 2335-36 prescriveva:

Chi si ascrive alla massoneria o altra setta che trama contro la Chiesa o il potere civile, incorre la scomunica riservata alla Sede Apostolica. I chierici che invadono la libertà e i diritti della Chiesa, oltre le pene stabilite, saranno anche sospesi o privati di benefici, uffici, dignità, pensioni o incarichi, e se religiosi, privati di uffici, voce attiva e passiva con altre pene costituzionali. Se poi questi s’iscrivono alla massoneria o a simili sette, saranno denunziati al Santo Uffizio.

La scomunica riservata alla Sede Apostolica: quella automatica, latae sententiae, dalla quel solo il Papa o chi ne viene delegato può assolvere. Il Codice del 1983 sembrava aver un po’ allentato la presa, ma due giorni dopo l’entrata in vigore del Codice, il 26 novembre di quell’anno, la CdF guidata allora da Joseph Ratzinger (il futuro Benedetto XVI) dovette emanare una Dichiarazione sulla massoneria perché l’idea generale era quella che finalmente massoneria e Chiesa non fossero più incompatibili. E invece:

È stato chiesto se sia mutato il giudizio del Chiesa nei confronti della massoneria per il fatto che nel nuovo Codice di Diritto Canonico essa non viene espressamente menzionata come nel Codice anteriore.

Questa Congregazione è in grado di rispondere che tale circostanza è dovuta a un criterio redazionale seguito anche per altre associazioni ugualmente non menzionate in quanto comprese in categorie più ampie.

Rimane pertanto immutato il giudizio negativo della Chiesa nei riguardi delle associazioni massoniche, poiché i loro principi sono stati sempre considerati inconciliabili con la dottrina della Chiesa e perciò l’iscrizione a esse rimane proibita. I fedeli che appartengono alle associazioni massoniche sono in stato di peccato grave e non possono accedere alla Santa Comunione.

Peccato grave e divieto di accesso alla Comunione. Non è una scomunica ma ci va vicino: è, appunto, l’interdetto. E vale a prescindere, senza bisogno di processare chicchessia.

La Chiesa è sempre stata contraria

Se queste sono le norme, va detto che la Chiesa da sempre è contraria all’iscrizione alla massoneria. La prima condanna è di Clemente XII nel 1738. La Bolla pontificia In Eminenti apostolatus specula spiega che la massoneria non reca “gravissimi danni solo alla tranquillità della temporale Repubblica, ma anche alla salute spirituale delle anime, in quanto non si accordano in alcun modo né con le leggi civili né con quelle canoniche (…)”, per cui viene proibita l’iscrizione, si vieta la propaganda della massoneria e si commina la scomunica automatica. Anche perché “tali società, con stretto giuramento preso sulle Sacre Scritture, e con esagerazione di gravi pene, sono obbligate a mantenere un inviolabile silenzio intorno alle cose che esse compiono segretamente”. La Gran Loggia di Londra era stata fondata appena 21 anni prima, nel 1717. Da qui una serie di documenti emanati nei secoli con cui la Chiesa ha sempre puntualizzato la sua posizione, fino all’ultima dichiarazione di questi giorni (è appena il caso di ricordare che anche in preparazione del Concilio Vaticano II un gruppo di vescovi chiese la condanna esplicita della massoneria).

C’è poco da dire: la massoneria continua a essere incompatibile con la Chiesa anche perché di quest’ultima vuole la distruzione. È il 1871 quando il massone Giuseppe Ricciardi scrive: “Il gran punto sta nel dividere dal Papa il maggior numero possibile di cattolici (…) a combattere e spegnere il mostro chiamato superstizione cattolica”. La massoneria, insomma, è anticlericale e anticattolica, ragion per cui un buon cattolico non può appartenere ad alcuna loggia. Anche perché nelle Tesi per l’anno 2000, pubblicato dai massoni 23 anni fa, i liberi muratori negano in linea di principio il valore della verità rivelata e quindi si esclude l’esistenza di una religione che si basi su di essa. Cioè il cattolicesimo. E negli anni 1974-1980 la Chiesa tedesca, ricorda a La nuova Bussola Quotidiana padre Zbigniew Suchecki, tra i massimi esperti del complesso rapporto tra Chiesa e massoneria, tenne dei colloqui e dialogò con i massoni. Risultato? “I liberi muratori negano la possibilità di una conoscenza oggettiva della verità. La relatività di ogni verità rappresenta la base della Libera Muratoria. Poiché il libero massone rifiuta ogni fede nei dogmi, egli non ammette alcun dogma anche nella sua Loggia. Un tale concetto di verità non è compatibile con il concetto cattolico di verità, né dal punto di vista della teologia naturale, né da quello della teologia della rivelazione”.

Che cosa dicono i massoni?

Della questione, naturalmente, si sono occupati anche i liberi muratori. Sul numero di Hiram – Rivista del Grande Oriente d’Italia numero 4 del 2008, il giurista Luca Irwin Fragale scrive che con la dichiarazione del cardinale Franjo Seper del 19 luglio 1974 (e Seper era indicato come massone), il cardinale – che era allora prefetto della CdF – sembra smussare le asperità del vecchio Codice del 1917 stabilendo che: “La legge penale va interpretata in senso restrittivo. Per tal motivo si può sicuramente insegnare ed applicare l’opinione di quegli autori quali ritengono che il suddetto can. 2335 tocchi soltanto quei cattolici iscritti ad associazioni che veramente cospirino contro la Chiesa”. E osserva: “Il problema di fondo, certo, è il deismo di cui è pregna l’ideologia massonica. E un punto del genere resta un ostacolo invalicabile affinché le due istituzioni possano entrare in simpatia. E in conclusione: “Il problema, in fin dei conti, è dei cattolici: alla coscienza di costoro tocca realizzare l’inaccettabilità della propria posizione da parte dei vertici gerarchici del proprio culto. In breve, la Chiesa cattolica sancisce lo stato di peccato grave al fedele che militi nelle associazioni massoniche. La massoneria, al contrario, accoglie il fedele cattolico come chiunque altro”.

Per cui: “C’è da pensare che sia questa situazione a poter pesare sulla prossima storia massonica (più che su quella cattolica), specie davanti a sentori di integralismi e radicalismi confessionali talvolta avvertibili tanto nelle pronunce del clero quanto tra la società civile”. Zero a zero e palla al centro: la divisione continua. Con buona pace del cardinale Gianfranco Ravasi che, con una lettera del 2016 pubblicata sul Sole 24 ore, scrive: “Queste varie dichiarazioni di incompatibilità tra le due appartenenze alla Chiesa e alla massoneria non impediscono, però, il dialogo (…). Si deve, inoltre, superare quell’atteggiamento di certi ambienti integralisti cattolici che – per colpire alcuni esponenti anche gerarchici della Chiesa a loro sgraditi – ricorrevano all’arma dell’accusa apodittica (inconfutabile, cioè, N.d.R.) di una loro appartenenza massonica. In conclusione (…) bisogna andar oltre ostilità, oltraggi, pregiudizi reciproci perché rispetto ai secoli passati sono migliorati e mutati il tono, il livello e il modo di manifestare le differenze che pure continuano a permanere in modo netto”. Sarà per un’altra volta, Eminenza.