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Milano Cortina 2026 e la “sindrome di Calimero”: il punto tra costi e impianti

coni milano cortina 2026

Perché leggere questo articolo? A poco più di 900 giorni dalle Olimpiadi invernali di Milano Cortina la realtà ha già smentito i programmi. E lo sliding center è un problema.

Tre anni e spiccioli sono passati da quando, il 24 giugno 2019, la candidatura congiunta di Milano e Cortina otteneva l’assegnazione delle XXV Olimpiadi invernali; poco meno di due anni e mezzo sono invece quelli che mancano alla cerimonia di apertura, fissata per il 6 febbraio 2026. Il tempo, però, quando si tratta di grandi eventi in Italia non va a braccetto con il programma degli interventi, non con linearità, e così non si può certo dire che l’avvicinamento infrastrutturale a Milano-Cortina sia oltre la metà dell’opera.

La lievitazione dei costi

Tutt’altro: la revisione e le modifiche in corso d’opera rispetto alle specifiche del dossier di candidatura e i ritardi accumulati per motivi vari ed eventuali hanno instradato i Giochi invernali 2026 sulla falsariga degli altri grandi eventi ospitati in Italia negli ultimi 35 anni. Quale? Quella caratterizzata dalla lievitazione dei costi e da un cronoprogramma che arriverà al traguardo sicuramente in tempo, ma con l’acqua alla gola e con l’obiettivo minimo di scongiurare il rischio di uno sconfinamento imbarazzante. Quando mancano poco più di novecento giorni ai giochi, vale la pena fare un punto sommario sulla situazione attuale.

 «Questa è una nazione in cui molti tendono a farsi sopraffare da una sorta di sindrome di Calimero per cui non siamo mai abbastanza, non lo sappiamo fare, non lo possiamo fare», ha sostenuto la premier Giorgia Meloni una manciata di giorni fa in un passaggio nel corso del suo intervento alla presentazione delle Olimpiadi di Milano-Cortina ai presidenti e amministratori delegati delle aziende qualificate italiane, a Villa Pamphilj a Roma. In realtà è difficile pensare che l’Italia non ce la faccia: ce la farà, ma è “come” ce la farà a fare la differenza.

Già spesi 769 milioni

E, allora, vale la pena tornare ai proclami del 2019, a quelli dell’allora ministro Luigi Di Maio. Per i Giochi, disse, «lo Stato non deve metterci un euro». Al contrario, agli stanziamenti post-assegnazione si sono aggiunti, nel tempo, ulteriori 145 milioni frutto di un emendamento alla Legge di Bilancio 2021, 324 milioni comparsi nella Legge di Bilancio 2022 e 400 milioni autorizzati nella Legge di Bilancio 2023 «per il finanziamento del fabbisogno residuo del piano complessivo delle opere olimpiche», suddivisi in 120 milioni per il 2024, 140 per il 2025 e 140 per il 2026.

Si tratta insomma di 769 milioni – e mancano appunto più di due anni – che hanno portato il costo complessivo pubblico-privato dei Giochi di Milano Cortina a superare quota 2,5 miliardi. La cifra puntuale della copertura finanziaria degli interventi essenziali indifferibili e di quelli essenziali è di 2.687.821.100 euro, come specificato dal sito di Società Infrastrutture Milano Cortina 2026.

Il balletto degli impianti per Milano Cortina

Il più classico degli errori all’italiana è quello di partire senza una base. A meno di non trovarsi in paesi autocratici e che, anche per questo, possono disporre di risorse infinite e utilizzare metodi figli di decisioni non concertate, una candidatura dovrebbe partire da una base che necessiti solo di ritocchi. Qui, al contrario, molto di ciò che dovrebbe esserci, semplicemente, ancora non c’è.

A Milano non c’è ancora – ma finalmente i lavori sembrano imminenti – il PalaItalia previsto a Santa Giulia, la struttura da 15.000 posti che ospiterà l’hockey su ghiaccio maschile e il cui costo si stima aumentato del 30-35%, mentre le competizioni dell’hockey femminile, inizialmente previste nel riqualificato Palasharp ribattezzato nelle intenzioni Milano Hockey Arena, si svolgeranno – come recentemente confermato da Comune di Milano, Regione Lombardia e Comitato organizzatore – in una erigenda struttura temporanea presso i padiglioni 22 e 24 di Rho-Fiera Milano, una soluzione che sposta così una sede in periferia e rallenta verosimilmente ancora il programma di riqualificazione del fu Palasharp, che appunto non sarà più sede olimpica. Nell’area di Santa Giulia si lavora nel cantiere del villaggio olimpico, ma la città vetrina, quella che ospiterà anche la cerimonia di apertura a San Siro, deve fare i conti anche con un restyling del Meazza ancora tutto da definire.

Non solo Milano

Non è migliore la situazione altrove. Lo speed skating, originariamente programmato a Baselga di Piné, era già stato spostato a Rho-Fiera dopo la rinuncia della regione Trentino che, a gennaio, aveva confermato la propria indisponibilità a investire 100 milioni nella riqualificazione di una pista che non avrebbe poi avuto un utilizzo parametrato ai costi. E in Veneto – dove il villaggio olimpico sorgerà a Fiames e sarà temporaneo – c’è la situazione più imbarazzante, quella dello sliding center di Cortina, l’impianto destinato ad ospitare le gare si skeleton, bob e slittino, il cui appalto da 81,6 milioni è andato deserto. Andrebbe consegnato entro l’inverno del 2024, ma nessuna impresa ha ritenuto di poter rispettare le tempistiche. O, almeno, questa è la giustificazione addotta dalle  associazioni di categoria. Simico dovrà allora ricorrere alla procedura negoziata per trovare l’impresa che la realizzerà l’opera.

La credibilità di Milano Cortina 2026 passa anche da qui. La realizzazione dell’impianto di Cortina – in realtà una radicale ristrutturazione, essendo stata la pista inaugurata nel 1923 e avendo ospitato le gare delle Olimpiadi invernali del 1956 – era già nata male. Osteggiata dalle associazioni ambientaliste, aveva subito anche l’intervento della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Venezia e le province di Belluno, Padova e Treviso, che aveva fatto partire una procedura per la dichiarazione di notevole interesse. Anche a causa dei postumi della pandemia e del conflitto russo-ucraino, la spesa iniziale, stimata in 40 milioni, è già più che raddoppiata, e a ciò bisognerebbe aggiungere poi i costi di gestione, stimati in 400 mila euro l’anno, per un impianto che resterebbe aperto quattro mesi. Considerando quanto accaduto dopo le Olimpiadi di Torino 2006 alla pista di bob di Cesana, ogni dubbio è lecito.

Il rischio credibilità per Milano Cortina

Il rischio è che, alla fine e nonostante le rassicurazioni, l’impianto non si faccia: se fosse così si sconfinerebbe verosimilmente a St. Moritz, dove la pista c’è già e necessità solo di migliorie per essere dichiarata olimpica. Si parla anche di Innsbruck, al momento poco più di una speculazione. Ma St. Moritz è in Svizzera e Innsbruck in Austria: magari farebbe bene alle casse italiane, ma per una sede che porta i nomi di Milano e Cortina e vuole mostrare la capacità dell’Italia, si tratterebbe di una figuraccia colossale a livello di immagine.