Home Sports Giustizia sportiva e plusvalenze, aria di tempesta tra calcio italiano e governo

Giustizia sportiva e plusvalenze, aria di tempesta tra calcio italiano e governo

Giustizia sportiva e plusvalenze, aria di tempesta tra calcio italiano e governo

La fuga di notizie sui pilastri della riforma della giustizia e sulle novità fiscali per normale le plusvalenze non sono state apprezzate nel calcio italiano, per usare un eufemismo. Da settimane il fuoco covava sotto la cenere e l’uscita allo scoperto del Governo che ha fatto sapere di essere pronto a inserire il tutto nel decreto-legge sulla pubblica amministrazione ha inasprito gli animi. Soprattutto perché dalle parti della Figc (e non solo) ritengono la ricetta ipotizzata più un’invasione di campo nell’autonomia garantita all’ordinamento sportivo che un vero e proprio aiuto.

La riforma della giustizia sportiva metterebbe l’Italia in contrasto con le norme internazionali

Che il Dagl (Dipartimento Affari Giuridici e Legislativi della Presidenza del Consiglio) sia intervenuto a bloccare almeno temporaneamente tutto non stupisce. La riforma della giustizia sportiva sterilizzando gli effetti delle sentenze fino al termine della stagione, così da evitare classifiche ballerine in corso d’opera, non piaceva e non piace perché metterebbe l’Italia in contrasto con le norme internazionali e, essendo calata dall’alto dalla politica, lederebbe anche il principio di garantire l’autonomia dello sport dal potere esecutivo: uno dei pilastri dello statuto del CIO che regola la convivenza tra poteri e istituzioni in tutto il mondo. Non senza il rischio di ricadute sul CONI che, va ricordato, vive in questo periodo in simbiosi con il CIO per l’organizzazione delle Olimpiadi invernali del 2026 a Milano e Cortina e che ha bisogno di non scivolare su bucce di banana di forma e di sostanza. Il presidente Giovanni Malagò ha ancora un conto aperto sull’autonomia dello stesso CONI e da tempo va ricordando come all’intero movimento sportivo siano state destinate le briciole del Pnrr attraverso progetti nemmeno concordati con chi si occupa di gestire la programmazione del quadriennio olimpico.

 Benzina sul fuoco di un rapporto già conflittuale

Insomma, benzina sul fuoco di un rapporto già conflittuale. Il sospetto è che ci sia stata la corsa ad annunciare la volontà di risolvere un problema divenuto prioritario agli occhi dell’opinione pubblica, il funzionamento della giustizia sportiva, pur in assenza di una vera e propria soluzione. Anche perché nessuno dei vertici di sport e calcio ritiene che si possa immaginare di cancellare i principi di immediatezza e afflittività delle pene spostando tutto al termine dell’ultimo grado di giudizio (Collegio di Garanzia del Coni) oppure, altro tema messo sul tavolo, immaginando che ogni eventuale sanzione scivoli automaticamente alla stagione successiva. E anche la compressione dei tempi per un processo su tre gradi nel periodo tra la fine di un’annata (fine giugno) e l’inizio di quella successiva (1° luglio) non appare realizzabile perché presupporrebbe la compressione totale dei diritti della difesa, esponendo tutto il sistema a una serie di ricorsi per via ordinaria per quantificare eventuali danni subiti.

La riforma della giustizia sportiva rimane sul tavolo di tutti ma sui tempi di vedrà

La riforma della giustizia sportiva rimane, insomma, sul tavolo di tutti ma sui tempi di vedrà. Altro tema delicato, la riforma fiscale che dovrebbe scoraggiare l’utilizzo delle plusvalenze fittizie per aggiustare bilanci storicamente in perdita. Il Ministero dell’Economia e della Finanza ha deciso di stringere rendendo valide ai fini fiscali solo per transazioni effettuate con denaro e non attraverso scambi che non spostano soldi. Viene limitata la possibilità di dilazionare il pagamento delle tasse da 5 a un anno, uno scenario che non piace ai club. Così facendo, infatti, il rischio è che ad essere penalizzati siano solo quelli che lavorano costantemente con il player trading e non si affidano a mezzi dubbi, come accaduto in passato ad altri. E in ogni caso colpirebbe indiscriminatamente mancando l’obiettivo di andare a toccare solo gli interessi di chi utilizza le plusvalenze per limitare i propri passivi di bilancio.