Home Politics Surrealismo giudiziario, il Portogallo tra farsa e golpe giustizialista

Surrealismo giudiziario, il Portogallo tra farsa e golpe giustizialista

Surrealismo giudiziario, il Portogallo ha un problema con la giustizia

Perché leggere questo articolo? Il premier del Portogallo, Antonio Costa si è dimesso per un caso di omonimia. Può sembrare uno scherzo, ma non fa ridere. Ogni volta che un politico viene fatto dimettere prima della sentenza è un piccolo golpe.

Beato chi crede nella giustizia, perchè sarà giustiziato. La storpiatura del Discorso della Montagna è quanto mai attuale per la vicenda di un politico che fino a ieri era considerato il Messia dalla sinistra europea. Il premier del Portogallo, Antonio Costa si è dimesso per un caso di omonimia. Può sembrare uno scherzo, ma non fa ridere, anzi. Vale per il Portogallo come per l’Italia, per la sinistra come per la destra: ogni volta che un politico viene costretto a dimettersi senza una sentenza di condanna definitiva è un piccolo golpe.

La giustizia in Portogallo riesce a essere peggiore di quella italiana

L’Antonio Costa che compare nella trascrizione che ha messo a soqquadro la politica portoghese non è Antonio Costa, Primo ministro del Portogallo. Avete letto bene: i giudici hanno scritto male la trascrizione fondamentale del caso di presunta corruzione che ha portato alle dimissioni dell’intero esecutivo portoghese. Domenica 12 novembre, un pm portoghese ha ammesso che al nome “Antonio Costa”, tirato in ballo dalle udienze per lo scandalo di corruzione, nelle trascrizione è venuta meno la parola “Silva“.

Nel registro degli indagati non sarebbe quindi dovuto comparire il premier, ma il ministro dell’Economia del Portogallo, Antonio Costa Silva, per l’appunto. Peccato però che nel frattempo l’Antonio Costa – che dal 2015 guida il governo del Paese – si era dimesso. Il Portogallo, nel bel mezzo della discussione della Legge di Bilancio, si trova il governo sfiduciato in attesa di tornare alle urne il prossimo 10 marzo 2024. Una tragicommedia in salsa portoghese che quasi rischia di far rivalutare le ingerenze indebite della Magistratura sulla politica nostrana. Da anni – spesso anche a ragione – lamentiamo ingerenze e bombe a orologeria delle Toghe italiane, che per lo meno riescono – a differenza dei colleghi lusitani – a salvare la forma. La sostanza, invece, resta spesso una sconosciuta.

Ma perchè Costa si è dimesso?

I contorni della vicenda – e dell’inchiesta – che ha sconvolto il mondo politico in Portogallo si fanno sempre più tinti. A partire da un interrogativo che da tempo rischia di diventare retorico: ma perchè il Primo ministro si è dimesso? Costa, nella breve conferenza stampa del 7 novembre, si è dichiarato innocente e ha detto di essersi dimesso “con la coscienza pulita”. Eppure, quello che fino a poco tempo fa era il candidato di punta per succedere a Charles Michel come presidente del Consiglio europeo, ha aggiunto che non si ricandiderà alle elezioni anticipate del prossimo anno.

Eppure, non dovrebbe bastare la semplice notifica di un reato non dovrebbe comportare le dimissioni automatiche. Certo, la vicenda di corruzione riguarda molte figure di spicco del governo portoghese. L’inchiesta sulla corruzione per presunte tangenti legate all’estrazione di litio in Portogallo è una macchia che ha compromesso la credibilità politica del Premier, che difficilmente dopo otto sarebbe riuscito a restare al governo. Rimane però un principio di fondo: prima di emettere sentenze mediatiche, si dovrebbero attendere l’esito di un processo che abbia portato a condanna dell’imputato.

In Portogallo come in Italia: piccoli golpe giudiziari

In dubio pro reo. Deve valere sempre: indipendentemente dal fatto che l’imputato sia un politico o un uomo comune, di destra o di sinistra, in Portogallo o in Italia. Se quel “reo” è invece costretto a dimettersi, non si tratta solo di accanimento giudiziario o mediatico: ci troviamo di fronte all’ennesimo piccolo golpe. Dietro la farsa del caso Antonio Costa si cela una tragedia – ben nota alle nostre latitudini. Quella del sovvertimento capzioso e forzato della volontà popolare. Il Primo ministro del Portogallo non avrebbe dovuto dimettersi, non prima di una effettiva sentenza di condanna.